In via Alessandro Stradella a Milano, a pochi passi dalla galleria Raffaella Cortese, una realtà più recente, eppure molto attiva, offre l’occasione di vedere, fino al 24 gennaio, la mostra personale di Matteo Nasini. Questa realtà si chiama Clima Gallery e la mostra in corso è Neolithic Sunshine.
Capita spesso che le gallerie attirino l’attenzione di un pubblico interessato da una particolare cura del progetto, fatto non solo di collezionisti ma anche di addetti ai lavori svincolati dall’interesse economico. Questo parrebbe il caso della mostra appena citata.
Nasini (Roma, 1976) partecipa qui alla sua seconda personale e sembra riempire lo spazio senza timore né compromessi. Non si tratta solo di come le sue opere dialogano formalmente nella galleria ma anche dell’atmosfera ponderata e dell’eco antropologico che infondono. L’artista, da anni impegnato su un filone di ricerca che unisce arte e musica (egli stesso è un contrabbassista), espone creazioni che hanno a che fare con un mondo primordiale, ripercorrendo un cammino remoto della civiltà in cui il potere immaginativo e ancestrale della mente domina l’atto creativo.
Ad accoglierci nella prima sala è una rassegna di oggetti curiosi che rimandano subito a un’era preistorica, quasi si entrasse in contatto con un’antica collezione di memorabilia e fossili. Si tratta di copie in stampa 3D di ossa animali che l’artista reperisce nei musei di scienze naturali per farne poi degli strumenti musicali in ceramica che, proprio come nelle antiche tribù, tornano a prendere vita in occasione di performance. Manufatti, dunque? Strane a definirsi, ma queste opere – che provengono da un passato primitivo e che sono utilizzate dall’autore per concerti musicali – portano con loro il peso di una storia millenaria e al tempo stesso la rinnovano, riattualizzandone la forma attraverso un nuovo materiale e cambiandone la funzione.
Suoni, forme, colori, paesaggi mentali dal ricordo naïf risvegliano nello spettatore scenari inconsci, perduti in una dimensione atemporale e prelinguistica della memoria, proprio come in un sogno, proprio come in Principio Selvatico. L’arazzo che domina la seconda sala è solcato da un’ambientazione esotica che costringe lo sguardo a immergersi in una sorta di celebrazione alla primordialità, fatta di natura incontaminata e vulcani in eruzione. Eppure il tono adottato da Nasini non scade mai nel nostalgico o nell’apocalittico ma guarda a un passato archetipico per riabilitarne il linguaggio nel presente.
L’uso della tecnologia non è escluso, anzi, corre parallelo rispetto a certe tematiche, alla ricerca dell’inconscio umano. L’idea di rintracciare un luogo straordinario nella nostra mente dove l’assenza di illuminismo ci rende quanto di più simile esista a un animale, è al centro dell’ultima sala. Essa rimanda all’utilizzo di un sofisticato elettroencefalografo di cui l’artista si è servito per creare le opere qui esposte in occasione di una performance dal titolo Sparkling Matter. Questo macchinario registra le attività celebrali di un individuo addormentato e analizza i suoi movimenti elettrochimici che, passando attraverso un software, vengono declinati in suoni. Tali impulsi sono infine tradotti in sculture in ceramica grazie all’ausilio di una stampante 3D che crea oggetti dalla forma frastagliata e segmentata, come il caso di Ruota: una composizione instabile, derivata dall’alternarsi di input e silenzi improvvisi generati da una mente umana che sogna. La riflessione sull’arcaismo della mente culmina dunque nel terzo ambiente, dove le opere scultoree si fanno testimonianza di questo accurato processo di mappatura dell’irrazionale.
A metà tra suono, tecnologia e neuroscienze la ricerca di Nasini porta lo spettatore a fare un passo indietro di fronte alla storia, alla memoria, alla disillusione del quotidiano e apre le porte a una dimensione neolitica del pensiero.
Emanuele Carlenzi
Matteo Nasini
Neolithic Sunshine
Clima Gallery – Via Alessandro Stradella, 5 – Milano
22 novembre 2018 – 24 gennaio 2019
Caption
Matteo Nasini, Neolithic Sunshine – Installation view, Clima Gallery, Milano – Courtesy Clima, ph Marco Davolio