Narciso, a cura di Benedetta Monti e Niccolò Giacomazzi, è il titolo dell’installazione immersiva e spiazzante realizzata da Valerio D’Angelo a Lodi, primo episodio del nuovo palinsesto espositivo dedicato da Platea | Palazzo Galeano agli artisti emergenti under 35, quest’anno selezionati da Rä di Martino.
Narciso colpisce al cuore la ricerca pluriennale di Platea, si fa intimo e invade lo spazio attraverso una superficie specchiante che distorce i colori del reale mettendo in dialogo il passante con sé stesso e l’opera d’arte. Narciso rapisce e catapulta nel mondo di Platea, si va dispositivo antiverduroide – rubando il termine a Fabriano Fabbri – che distoglie le persone dalla fretta quotidiana per donare loro un momento di curiosità e riflessione.
In occasione della mostra abbiamo dialogato con l’artista per meglio conoscere la sua ricerca.
Narciso, come nasce il titolo della mostra e quali tematiche hai voluto indagare attraverso questo progetto?
Il titolo Narciso nasce come una sfida, l’intenzione è quella di voler scardinare la nozione negativa attribuita a questa parola, in particolar modo oggi che viviamo un’età molto narcisista, nell’accezione dispregiativa del termine. Il progetto artistico vuole capovolgere le connotazioni narcisistiche in una reale scoperta di sé, non con autoreferenzialità o affermazione dell’io.
L’opera non vuole affermare esclusivamente gli aspetti patologici, violenti e negativi associati a tale parola – inevitabilmente considerati – restituendo spazio a un atto e punto di vista poetico dove la celebrazione della propria immagine è dolce e in un gesto intimo come la riflessione.
Il gesto di entrare nell’opera è farsi carico della propria condizione, lasciarsi alle spalle la ricerca dell’illuminazione, ammirarsi illuminati per ciò che si è. Il processo intellettuale dell’opera si manifesta in azione con la partecipazione attiva dello spettatore. I valori nella referenza simbolica del desiderio e della carne nella figura di narciso diventano realtà nell’esperienza dello specchio.
Come la tua opera dialoga con lo spazio espositivo e come è nata la collaborazione con Platea | Palazzo Galeano?
La mia opera più che dialogare con lo spazio interno della vetrina dialoga con lo spazio esterno. Con questa istallazione site-specific sono intervenuto direttamente sul vetro che divide lo spazio espositivo dalla piazza, murando l’area espositiva con un telo nero e riflettendo lo spazio esterno con la pellicola dicroica. Anche qui c’è stato un capovolgimento. Attraverso il riflesso l’esterno si specchia nella dimensione artistica espositiva divenendone parte integrante. L’unione di due ‘dimensioni parallele’ crea l’opera stessa.
L’intervento artistico non si manifesta più all’interno della struttura espositiva ma trova il suo cardine nel divisore (il vetro) e la sua manifestazione nella dinamicità esterna.
La collaborazione con Platea / Palazzo Galeano è nata grazie alla collaborazione con Benedetta Monti e Niccolò Giacomazzi. Due curatori che mi hanno accompagnato e coinvolto anche in altri progetti.
Narciso prende forma attraverso una superficie specchiante, realizzata con un telo fotografico in poliestere e pellicola dicroica applicati su vetro: qual è il tuo rapporto con il medium fotografico?
Il medium fotografico non l’ho ancora utilizzato nella mia ricerca. Il telo fotografico in poliestere, invece, è stata una scelta meramente tecnica.
Ti sei formato a Roma, nel campo del restauro. Come dialoga l’antico con il contemporaneo all’interno della tua ricerca artistica? Quale forma di tempo esplorano le tue opere?
Come restauratore ho lavorato per sette anni, in una bottega vicino piazza Navona, nel centro storico di Roma. Queste conoscenze artigiane rimangono fondamentali sia nella tecnica eseguita nei miei lavori, sia nella conoscenza e sperimentazione dei materiali che vado a utilizzare. In molti dei miei progetti unisco tecniche esecutive antiche, come la doratura o la laccatura, a materiali ed esecuzioni contemporanee, come le pellicole o le stoffe. Il restauro mi ha insegnato la malleabilità del tempo, che ho potuto modificare e plasmare, così come le pellicole dicroiche, proiettando riflessi che si espandono nello spazio creando tempi e dimensioni alternative.
Nei miei progetti scultorei in gesso e resine l’atemporalità è il cardine, le sculture che creo occupano uno spazio definito, ma non è chiara la loro provenienza; come testimoni di un futuro possibile o di un passato che non è sopravvissuto, riaffiorano nel presente.
In che modo Narciso indaga due poli all’apparenza opposti: l’intimità e la celebrazione del sé?
Nella definizione tradizionale, il narcisismo è un’ostentazione della propria immagine, distorta da un disturbo della personalità, per elemosinare apprezzamenti/riconoscimenti dall’esterno.
Nel progetto artistico Narciso, la celebrazione della propria immagine accade inevitabilmente ma non è qualcosa che l’indirizzo dell’opera vuole ostentare, in quanto ho voluto privilegiare l’intimità del riflesso. Narciso parla della scoperta di sé stessi attraverso un costante mutamento della forma, parla della celebrazione dell’immagine legata allo svelamento dell’immagine stessa, all’accettazione della propria figura e all’elevazione dell’essere umano.
A cura di Marco Roberto Marelli
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Caption
Valerio D’Angelo, Narciso – Exhibition view, Platea | Palazzo Galeano, Lodi , 2023 – Courtesy Platea | Palazzo Galeano, ph Alberto Messina