La “selva” è metafora comune nel Medioevo. Dante la utilizza nel Convivio prima e nella Commedia poi per indicare la vita nel peccato, la foresta dell’errore in cui il giovane si inoltra per inesperienza. In questo nostro medio evo tecnologico l’immagine si carica di molti sensi, si fa attuale e ben determina il lungo percorso sociale e politico che dagli anni Ottanta conduce sino a noi.
Selva è il titolo della quinta personale realizzata da Mirko Baricchi in collaborazione con la galleria Cardelli & Fontana artecontemporanea. Nella sede espositiva di Sarzana, quindici opere su tela, prodotte nel 2018, raccontano l’ultima tappa di un affascinante e profondo percorso all’interno del fare pittorico. Accompagnata da un testo di Daniele Capra, la mostra utilizza la metafora boschiva per allontanarsi da ogni volontà mimetica e indagare il medium stesso della pittura, le sue dinamiche gestuali, il suo rapporto con i limiti della rappresentazione. Pigmenti e forme non vogliono condurre verso una resa visiva del soggetto biologico ma concretizzare sulla tela la pratica processuale dell’artista. La superficie è un campo di battaglia dove si susseguono rapide pennellate e parziali rimozioni del colore, dove l’immagine non possiede alcuna caratteristica istintiva, è colta e intellettualizzata, lontana da qualsiasi volontà informale.

La pratica sviluppata da Baricchi comporta anni di ricerca e studio, fonda le sue origini sul progressivo abbandono della figurazione attraverso un lento avanzamento verso l’impossibilità del soggetto. Non sono l’uomo e le sue emozioni a liberarsi attraverso il pennello ma la progressiva concezione dell’inutilità di creare nuovi simulacri, icone vuote prive di ogni reale referente. Dopo aver lavorato come grafico e illustratore, è durante la visita a un museo messicano che l’artista ligure viene folgorato dalla potenza simbolica dei lavori di Rufino Tamayo, autore intimo nelle cui opere soggetti dal gusto delicatamente espressionista si perdono in atmosfere liriche vicine alla pura astrazione.
Ritornato in Italia alla fine degli anni Novanta, Baricchi è pronto per dedicarsi totalmente alla pittura. Le sue prime tele si avvicinano alla poetica di artisti come Piero Pizzi Cannella, anche se il suo fare è meno corsivo e drammatico, nelle sue opere grandi sfondi soffici e pastellosi ospitano piccole figure o pattern, un sentimento caldo e tenero invade l’aria.
Nato nel 1970, il suo animo si pone nella fase di passaggio verso un nuova generazione di artisti “eraser”, operatori estetici in fuga dalle modalità espressive degli anni Ottanta e già stanchi delle provocazione dei ragazzi di una decina di anni più vecchi di loro. L’annullamento della superficie pittorica si fa più attento e riflessivo, nelle sue opere il processo di sparizione della figura si fa sfumato, le forme sono annullate per diluizione fino a giungere a una nuova riscoperta della necessità pittorica sorta in linea con le esigenze estetiche di questi nostri giorni.

Scorrendo il catalogo della mostra “quasi antologica” Derive, realizzata nel 2017 all’intero della sede museale del Centro d’Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia, si può ben cogliere il progressivo sparire di forme e colori che conduce verso tele scure ma non sconfitte, superfici in cui la dinamica processuale dell’artista è ben evidente e affascinante. In un mondo che ha perso ogni certezza proveniente dal passato, in un’epoca aurorale del cui destino siamo gli artefici, la figurazione in lotta di Mirko Baricchi diviene fotografia dinamica del nostro presente, di un presente che combatte fra macerie e speranze, di un presente che siamo noi abitanti della selva.
Marco Roberto Marelli
MIRKO BARICCHI
SELVA
testo di Daniele Capra
30 giugno – 31 luglio 2018
CARDELLI & FONTANA – Via Torrione Stella Nord, 5 – Sarzana SP
Instagram: cardelliefontana
Immagine di copertina: Mirko Baricchi, Selva – Installation view, Cardelli & Fontana, Sarzana, 2018 – Courtesy Cardelli & Fontana