Sono trascorsi cinque anni dalla prima mostra personale di Mircea Cantor (1977, Ordea, Romania) in un museo italiano (Sic Transit Gloria Mundi, MACRO, Roma, 2012) e a ospitare oggi le sue opere è la Fondazione Giuliani, con l’esposizione personale Your Ruins are my Flag; si parla quindi di rovine, di bandiere e del rapporto tra noi e l’altro. La dimensione entro cui opera l’artista è quella della nostra contemporaneità, nella quale si vanno a evidenziare le dualità e le contraddizioni che caratterizzano ogni tipo di contatto, di incontro tra culture diverse.
In questa mostra l’artista presenta una serie di opere di nuova produzione, che nascono da riflessioni intorno all’umanità; dalla fragilità delle ideologie e dei confini, al concetto di perdita, di disgregazione, che riguarda tanto la nostra identità, personale e collettiva, quanto la nostra libertà, le nostre idee di sicurezza e di territorio.

Entrando nella Fondazione ciò che colpisce subito è l’odore del sapone, materiale costitutivo di molte opere presenti in mostra, che ci rimanda immediatamente a un’atmosfera domestica, a una dimensione privata, familiare. In questo caso però il sapone proviene da Aleppo, città nella quale la quotidianità è stata spazzata via dalla distruzione e dalla guerra; si genera subito un cortocircuito, e lo spettatore viene trascinato in una realtà che non viene semplicemente imitata o rappresentata, ma continuamente sovvertita e messa in discussione.
Attraverso un materiale fortemente evocativo come il sapone – legato all’azione del lavare, quindi del purificare e del dimenticare – Cantor da forma a delle insolite rovine che sembrano giocattoli fuori scala, più che veri elementi architettonici. Le colonne tornano e si impongono nello spazio cambiando forma, colore e posizione: solitarie, perpendicolari al suolo e circondate da un perimetro fatto di rovine, come forme che resistono alla distruzione; oppure in diagonale, cristallizzate nel momento del crollo; o ancora sdraiate a terra, arrese alla loro sorte, ma comodamente distese su un morbido tappetino.
Figura ricorrente nell’opera di Cantor è quella del cerchio, che torna in varie opere come Haiku Under Tension (2017), un tappeto elastico coperto di calcinacci, o nella struttura in legno che ospita il video Fontana delle Mani (2017), o ancora nelle forme circolari di Take the World into the World (2017); il cerchio sembra qui fare riferimento ad un’idea ciclica della storia, a un continuo rifluire, a un passato che torna dal futuro e ci presenta il conto.

In Give more sky to the flags il cerchio fa da base anche ad un’altra immagine ricorrente nelle opere di Cantor, quella delle bandiere; “Date più cielo alle bandiere” recita il titolo, come una preghiera o un inno. Ma le bandiere presentate dall’artista sono bandiere pesanti, immobili, ancorate ad un suolo deturpato da un infrangersi della forma che è poi l’infrangersi della memoria e delle ideologie. Il tutto ci viene mostrato in un attimo cristallizzato, in un tempo che è sospeso tra un passato che non passa e un futuro che non si aspetta.
Alessandra Cecchini
MIRCEA CANTOR
YOUR RUINS ARE MY FLAG
12 ottobre – 16 dicembre 2017
FONDAZIONE GIULIANI – Via Gustavo Bianchi, 1 – Roma
Immagine di copertina: Diagonal Aleppo, 2017 – sapone di Aleppo, calcinacci, mattoni, tappeto elastico, colonna h 300 cm, Ø 31 cm, tappeto elastico h 244 cm, Ø 200 cm – courtesy Fondazione Giuliani, Roma