“A rose is a rose is a rose” scriveva Gertrude Stein nel 1913. Una cosa è ciò che è. Un concetto semplice, una banale legge di identificazione che vive di autoreferenzialità. Sono dodici le “cose”, dodici le forme, che 4 artisti, ospiti di The Flat – Massimo Carasi, hanno portato, invitati a seguire un’idea: Matter Matters.
Creando un dialogo serrato tra operatori estetici di diversa formazione e provenienza, la collettiva, curata da Claudia Contu, trova nel concetto di materia quel punto di contatto tra ciò che è semplicemente cosa e ciò che, invece, può essere considerato bene, con l’aggiunta di un valore comunicativo e un grado simbolico come differenziali.
Muovendo dalla scia storica della corrente minimalista, la materia si fa primo soggetto delle opere di Fabio Lattanzi Antinori, Jonny Niesche, Leonardo Ulian e Jonathan Vivacqua.
L’oggetto materiale viene indagato inizialmente in quanto tale, come semplice composizione materiale di elementi, che, dalle loro funzioni consuete, sono stati traslati, privati del loro proprio significato naturale, per essere riproposti nell’opera artistica.
La forma assume in sé il primo significato dell’opera, con l’intento di essere letta come privata di ogni sovrastruttura significante altra.

Eppure la materia sembra non poter sottostare a una simile riduzione. Non si può prescindere dai diversi significati simbolici che la sostanza plasmata porta con sé nell’opera di mediazione e trasformazione messa in atto nel dialogo artista-spettatore.
Lo sguardo rimane sottoposto alla percezione mediata. Nella visione non può che risultare intrinseca, al di là della materia stessa, la narrazione che a essa sta dietro.
In totale contrasto con il minimalismo, da cui il percorso aveva preso avvio, la comunicazione che sta attorno all’oggetto riaffiora nella lettura del processo artistico.
La percezione ha piuttosto una dimensione attiva. La materia dell’opera diventa così concreta nel momento in cui tratta della natura della produzione e della ricezione delle espressioni, seguendo quel pensiero teorizzato nell’opera filosofica di Maurice Merleau-Ponty.
Il processo è molto semplice e fonte primariamente di una esperienza personale: allo svuotamento iniziale per tornare alla materia, si sopperisce con un nuovo contenuto. Così il piombo intessuto con applicazioni in sabbia, non è più solo materia pesante e cancerogena, ma diventa, nell’opera di Leonardo Ulian, la rappresentazione di un rituale di guarigione di derivazione tibetana.

Fabio Lattanzi Antinori tramuta numeri e concreti dati finanziari in impulsi energetici esternati in una voce che canta. Il voile dalle svariate sfumature di colore, intelaiato da Jonny Niesche, prescinde il suo primo stato di elemento fisico per diventare espressione estetica in un richiamo allo scorrere del tempo nelle rappresentazioni di albe e tramonti. I materiali edili vengono invece traslati nello spazio sacro della galleria dalla mano di Jonathan Vivacqua, trasformando una materia per la costruzione in un indice significante dello spazio vuoto.
Nonostante la grande diversità delle opere in mostra, il dialogo sempre nasce spontaneo, in una diagnosi attenta a quegli elementi somatici, propri della materia, espressione epidermica di una patologia significante intrinseca, dando prova concreta di quello statement di Robert Morris: “A function of space, light, and the viewer’s field of vision […] for it is the viewer who changes the shape constantly by his change in position relative to the work. […] There are two distinct terms: the known constant and the experienced variable”.
Sara Cusaro
FABIO LATTANZI ANTINORI – JONNY NIESCHE – LEONARDO ULIAN – JONATHAN VIVACQUA
MATTER MATTERS
a cura di Claudia Contu
22 marzo – 13 maggio 2017
THE FLAT – MASSIMO CARASI – Via Paolo Frisi, 3 – Milano
Immagine di copertina: Matter Matters – exhibition view – courtesy The Flat – Massimo Carasi. Ph Luca Panegatti