Conosciamo qual è il finale, piuttosto tragico, della storiella filosofica dell’asino di Buridano. Lo sanno benissimo anche Mark Jenkins (USA, 1970) e Rero (Francia, 1983) che, da Wunderkammern, si ritrovano insieme per rifletterci, dopo le loro personali a Roma. Si domandano se questa società odierna non si comporti un po’ come quel asinello che di fronte a due mucchi di fieno identici, non sapendo quale scegliere, non prende una posizione e, nell’inerzia, muore.
La risposta a questo tipo di comportamento che affligge l’età contemporanea, dove regna la rassegnazione al “non scegliere” per vivere in un mondo imperturbabile, è il Rules of Engagement, la mostra curata da Giuseppe Pizzuto.
Qui, lo spettatore è chiamato in prima persona a ritrovare una posizione. Non può fare altro che scontrarsi con l’opera, incontrare l’artista. L’evento espositivo è un obbligo al confronto, un’imposizione che lascia però la piena libertà della scelta.
Già dal titolo della mostra, infatti, le possibilità si ampliano. Non uno ma due possibili significati si affacciano alla mente del pubblico tacciato di incapacità a osservare e contemplare. Si può scegliere la strada della violenza consentita, quella che nasce dai confini posti dalle regole di ingaggio che razionalizzano lo scontro e l’odio. Oppure optare per l’ufficializzazione, con un atto giuridico, di un sentimento come l’amore attraverso l’Engagement.

Le interpretazioni sono molteplici, il dubbio è sempre visibile, nessuna risposta è quella giusta, perché non c’è un’ortodossia da seguire.
Con questa consapevolezza Mark Jenkins esce dai canoni di quella che è stata la street art dei grandi nomi: Jean Michel Basquit, Keith Haring, Bansky. Non cerca più la contestazione di quel sistema che è giunto a includere l’eresia. Invita chi osserva, il singolo individuo, non la massa, a porsi in modo attivo nei confronti delle sue sculture.
Guardando le realizzazioni iperrealiste non si può non avere l’impressione di incontrare persone reali. Negli spazi della galleria, si gira e si sobbalza al trovarsi di fianco a un uomo incappucciato che, chinato, osserva dei cocci rotti. Si sorride nel vedere le gambe e il sedere di una persona spuntare da un angolo del soffitto. Poi la riflessione si apre necessaria di fronte a quella sorta di crocifisso contemporaneo: un uomo in passamontagna, porgente dei fiori gialli, riassume su di sé forse la contestazione a una fede, forse una lettura degli eventi storici attuali, forse un’ironica presa di posizione sull’amore.

Sono molteplici anche le interpretazioni a cui si concedono le opere di Rero. Nei suoi lavori il paradosso nasce dalla parola stessa, usata come negazione dell’immagine, in un tempo e in un mondo che di immagini si nutre. Frasi sbarrate, sui più diversi supporti, scritte con il carattere tipografico più comune. Leggibili, ma incomprensibili nella loro pienezza di significati. Sono parole che prendono di mira la nuova tecnologia, che rompono gli schermi dei nostri smartphone, mettendoci sotto gli occhi statements che, spesso involontariamente, seguiamo sotto l’imposizione della società esterna. “Be Passive You Will Live Longer”, questo è il messaggio scritto. Un consiglio però sbarrato, cancellato da una nuova consapevolezza donata dal confronto con l’arte, come suggerisce la mostra.
Sara Cusaro
MARK JENKINS e RERO
RULES OF ENGAGEMENT
a cura di Giuseppe Pizzuto
29 Settembre – 28 Ottobre 2017
WUNDEKAMMERN – Via Ausonio,1 – Milano
Immagine di copertina: Rules of Engagement, 2017 – installation view – courtesy Wunderkammern, ph. Laura Marchini