Mapping the Studio | Andreas Zampella

Mapping the Studio nasce dal piacere di incontrarsi.
La rubrica, a cura di Giorgia Aprosio, racconta l’esperienza di studio visit con artisti under 35 al confine tra narrazione e intervista. 


Questo mese racconto la visita allo studio di Andreas Zampella. Originario di Salerno, ha studiato Decorazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e ora vive e lavora a Milano. La sua ricerca è profondamente influenzata dal teatro e dalla scenografia: realizza dipinti e installazioni, ma anche animazioni e video, che interrogano le dinamiche della messa in scena ponendosi sulla linea di confine tra realtà e rappresentazione, mondo percepito e mondo immaginato. Di recente gli sono state dedicate le mostre monografiche Dove nascono gli uccelli, a cura di Samuele Menin, Nashira Gallery, Milano, 2023; Passaggio al buio, Quotidiana, Portfolio a cura di Gaia Bobò, Museo di Roma, Palazzo Braschi, 2023/2022; Piano d’ascolto, a cura di Nicolas Martino, Galleria Andrea Festa Fine Art, Roma, 2022.



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Andreas Zampella lavora a Milano, in zona Bovisa, nell’edificio che fu la sede di Armenia Films, uno tra i primi studi di produzione cinematografica italiani. Lo studio dista circa una ventina di minuti a piedi dalla stazione della metropolitana più vicina, in una lunga via che si fa sempre più desolata. Si dice che qui Luchino Visconti abbia girato il primo dei suoi  film, andato disperso. Il complesso divenne poi una serigrafia industriale e ora ospita studi d’artista (N.d.R. Armenia Studio).
Salgo la scalinata di emergenza che porta all’ingresso.

Lo studio di Andreas si nasconde dagli altri dietro a una parete in cartongesso. Da un lato della stanza è appesa una tela ancora vergine, mentre all’altro lato sono accostati due tavoli da lavoro. Sul fondo si agita, mossa dal vento, una tenda bianca. La finestra socchiusa si affaccia su un tetto tempestato di sassolini che Andreas raccoglie e sistema in maniera equidistante “durante le conversazioni telefoniche”.

Apre una bottiglia di vino bianco che serve con ghiaccio.

“Che vuoi vedere?” Chiede facendo “ordine”.
Ha un modo nervoso di muoversi nello spazio, che mal si addice alla tranquillità della sua voce calda.
“Ho un modo di sistemare tutto mio” avverte, spingendo gli oggetti verso i bordi del tavolo.
La scrivania è piena di fogli in disordine, bozzetti per la prossima mostra: “quando mi propongono qualcosa di nuovo, parto subito con l’immaginazione”. Alle fotocopie in bianco e nero che riproducono lo spazio espositivo Andreas ha aggiunto alcuni degli elementi tipici del suo immaginario: rami, mani, arti che si allungano, si insinuano, penetrano nello spazio, passando da termosifoni, prese, finestre e tombini. Su altri fogli bianchi ha dipinto in argilla le premesse per alcuni nuovi lavori: “Mi piacciono degli elementi che sono venuti a galla, ma vediamo se riesco a portarmeli avanti fino all’anno prossimo” dice, come se faticasse a trattenere i soggetti, animati dalla volontà di scappare.

Quello di Andreas è lo studio di un pittore, anche se i suoi progetti spaziano dall’installazione al video, dall’animazione alla scultura.

Estrae dal soppalco qualche tela: “Ricordiamoci l’ordine in cui erano messe per favore”.

“La tela è tela di Napoli, è dello stesso colore del tufo”
“Utilizzi sempre e solo questa?”

“Vorrei, mi piace perché è sottile, basta pochissimo per cancellarne la grana”

Tocca tutto quello che ha attorno, conserva un rapporto molto fisico con l’opera, anche quando ne parla come fosse conclusa.

Il lavoro di Andreas sembra collocarsi in una dimensione altra, quasi onirica. La sua opera mette in scena incubi e ossessioni accomunati da segni, forme e atmosfere ricorrenti, metafore di un discorso ontologico sulla rappresentazione che rivela il suo debito nei confronti dei maestri dell’arte concettuale italiana. 

“Il mio lavoro è diviso in vari strati, vari livelli, come fosse una cipolla. Ogni livello ha una sua dimensione ma poi, se li guardi tutti insieme, vanno a comporre un’altra cosa”.

“Per me nell’opera ci sono sempre tre elementi di base: un attore, un oggetto di scena e una scenografia.”

“E lo spettatore?”

“Lo spettatore può confondersi con l’attore o anche con l’oggetto di scena e insomma, non per forza coincide con il pubblico dell’opera, tutti questi ruoli possono essere messi in crisi, e questo mi piace”

Sette oggetti viventi (2022) è una natura morta che strizza l’occhio a quelle di Giorgio Morandi, composta da tazze, brocche, bottiglie e vasi. Sistemati sul piedistallo cilindrico, gli oggetti appaiono come in attesa di essere rappresentati. Il chiaroscuro a grafite dona profondità ai loro contorni irregolari facendoli sembrare in continua oscillazione, quasi come fremessero impazienti. Sette oggetti come i sette personaggi-tipo disegnati da Vladimir Propp: l’eroe, l’antagonista, il falso eroe, il mandante, il mentore, l’aiutante, la principessa/sovrano. Tutti ricambiano lo sguardo dell’artista (e quindi anche dello spettatore) attraverso piccoli occhi sprezzanti simili a fessure.

Lo stesso sguardo hanno le Bottiglie di notte (2023), un folto esercito di bottiglie dipinto ad argilla e olio su tela che ricorda l’Armata di terracotta fatta realizzare dal primo imperatore cinese Quin per il proprio mausoleo tra il 246 e il 206 a.C. L’orda di bottiglie fissa intensamente lo spettatore dietro a una serie di occhietti socchiusi. Fessure bianche si susseguono sulla tela e sembrano continuare all’infinito invadendo la penombra dello studio come un horror vacui.
Sotto il loro sguardo mi sento piccolissima, come in un romanzo di Carroll.

La condizione di semi-apertura ricorre spesso nei soggetti rappresentati da Andreas: i suoi occhi, gli usci, le porte, le feritoie, alludono sempre alla possibilità di insinuarsi dell’imprevisto, elemento fondamentale per ogni svolta narrativa che consente all’opera di conservare una certa tensione.

Proprio come il teatro anche l’opera di Andreas è una questione molto privata, e al contempo di tutti. La tela come palcoscenico, le figure come oggetti di scena, la materia come canovaccio: nell’economia delle sue opere ciascun elemento contribuisce a dar vita a una situazione. 

“Alcuni materiali organici mi piacciono perché raccontano già una storia: Sette oggetti viventi, per esempio, è realizzata con l’argilla rossa della cava di bauxite vicino a Otranto, in Puglia.
Altri materiali invece contengono un’azione”

“Sono protagonisti”

“Esatto, non puoi fermarli, sono in continuo divenire. Come sul palcoscenico, anche quando nessuno li guarda. […] Questa, per esempio, è la catinella di un telaio. È fatta di carne isolata con della resina, dentro è viva. Un sacco di queste esplodono in studio e io quando mi stufo, a un certo punto, le lascio pure esplodere. Sono opere a cui devi continuare a mettere mano, che puzzano, generano dei gas”.

Unghie (2022) gioca invece a fingerla quella organicità: è un mucchietto di unghie mangiate realizzate in plexiglass che Andreas ha esposto sulla madia del salotto della casa-galleria di Andrea Festa a Roma in occasione della mostra Piano d’ascolto. Un lavoro che, guardando le mani di Andreas, si direbbe autobiografico.

“Questi invece erano proprio tappi per le orecchie” ammette divertito, riferendosi a Tutto torna come prima (2022), una sequenza di tappi gialli che in quella stessa occasione aveva sistemato in piedi sullo stipite della porta.
“Come si collocano nel tuo lavoro?”

“Mi piacciono come oggetti perché anche loro sono in qualche modo animati, sono il palesarsi di figure retoriche nello spazio, invitano al silenzio ma anche all’ascolto, sono oggetti molto simbolici. 

“Ci faccio un sacco di cose con i tappi, li dipingo, ci faccio dei video, un giorno vorrei farci una scultura di dieci metri, che ne so, insomma”

“Un tappone alla Oldenburg?!”

“Potresti dire alla Wurm (Erwin), ma comunque

Sì, sarebbe il mio grande tappo!”



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A cura di Giorgia Aprosio


Instagram: andreaszamp

www.andreaszampella.it


Caption

Studio di Andreas Zampella, 2023 – Courtesy l’artista

Studio di Andreas Zampella, 2023 – Courtesy l’artista

Studio di Andreas Zampella, 2023 – Courtesy l’artista

Studio di Andreas Zampella, 2023 – Courtesy l’artista

Studio di Andreas Zampella, 2023 – Courtesy l’artista

Sette oggetti viventi, 2022, olio, terra rossa su tela, 40x60cm – Courtesy l’artista

Bottiglie di notte, 2023, argilla, olio su tela, 135 x 170 cm – Courtesy l’artista e Nashira Gallery, Milano

Unghie, 2022, plexiglass, dimensioni variabili, 2022 – Courtesy l’artista e Galleria Andrea Festa Fine Art, Roma

Tutto torna come prima, 2022, tappi per le orecchie, dimensioni ambientali – Courtesy l’artista e Galleria Andrea Festa Fine Art, Roma

Ritratto di un tappo, 2022, olio su stoffa, 30x40cm – Courtesy l’artista

Tappi di notte, 2020, olio, argilla su tela, 17x24cm – Courtesy l’artista