Quello che storia e tradizione dicono della Mandragola conferma la sua ambiguità, la sua essenza prestabilita, varia e complessa, che si colloca a metà tra l’animale e il vegetale. Idealmente nata dalle gocce di sperma e di urina di un impiccato, conduce alla follia se si ascolta il suo urlo letale, ma possiede anche facoltà benefiche e divinatorie.
L’uomo e la morte, l’uomo e la vita; il senso organico e la facoltà misterica di un’entità che, attraversando gli estremi di pena e desiderio – messi in luce da Niccolò Machiavelli nell’omonima pièce – si propone ora, nella mostra bipersonale di Agostino Bergamaschi (Milano, 1990) e Paolo Brambilla (Lecco, 1990) presso la Galleria Massimodeluca di Mestre, come elemento concettuale che accomuna due poetiche differenti.
Ma che cos’è la Mandragola, domanderemo noi astanti, alla stregua di André Jolles e Aby Warburg nella loro fittizia corrispondenza riguardo la Ninfa, una radice magica o una “figura fantastica”? Il termine elevato dai due artisti a titolo sintetico della loro esposizione – visitabile fino al prossimo 11 maggio – racchiude ambivalenze e suggerisce lo spunto per un approccio alla creazione artistica vivido di contaminazioni. L’incipit comune non evita la possibilità del confronto, del dialogo tra opere che si mostrano in tutta la loro integrità, seguendo vie espressive sempre particolari e diametralmente opposte.
Da un lato l’azione ossessiva, quasi primordiale, di sculture in finto marmo che Agostino Bergamaschi realizza utilizzando resine e silicone (Dunja, pensiero organico, 2019). Il gusto minimale di una struttura in vetro, la texture singolare di una colonna che mescola resina, ferro e grafite, che lascia intravvedere, tra le pieghe della materia, fini e minuziose trame create con impronte di pelle (Markulf, confine immaginario; Untitled, 2019), propongono un avvio, il gesto iniziale di una pulsione immaginaria che si schiude fino a prendere forma.
Dall’altro, Paolo Brambilla vaglia le permutazioni, i cicli di assimilazione, dispersione e trasformazione dei prodotti culturali creando sceneggiature visive che innescano attenzioni, ricordi e rimandi non didascalici. Mediante il vezzo barocco, volutamente eccessivo e talvolta prorompente (L’araldo del mattino, 2019), stimola la percezione scivolando tra il delicato equilibrio di un quadro realizzato a intarsio e la situazione che si viene a creare con la mise en place di un tavolino dalle finiture bizzarre ed eleganti (Nottecanto; Glinda, 2018 ).
Frammenti narrativi si intrecciano e si legano, l’uno con l’altro, in passaggi estetici che rendono “critica” la visione presente, la sopravvivenza, la finzione intesa come azione creativa e costruttiva, la conversione obbligata di un momento che sembra “tradire”, in maniera sempre più esplicita, le controparti di un vissuto espresso attraverso le vie fiabesche dell’immaginario.
Dov’è la «sorgente» di questo immaginario? Si chiedeva Kàroly Kerényi nell’opera scritta a quattro mani con Carl Gustav Jung Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia: «In noi? Soltanto in noi? Anche al di fuori, o soltanto al di fuori di noi?».
La Mandragola è l’origine e lo spunto per un’ipotesi, l’approccio oggettivo alla possibilità creativa, sia essa interpretativa o costitutiva, di un’azione artistica soggetta all’eterna dialettica tra ciò che tormenta e ciò che si mostra (Dialektik des Monstrums diceva Warburg). Chi è e da dove viene questa figura; «dove l’ho incontrata prima?» Continuava Jolles durante la sua conversazione con lo studioso di Amburgo. Una figura che «corre», «vola», «si libra» nell’opera come «l’oggetto dei miei sogni, che lentamente assume i tratti di un incubo affascinante».
Luca Maffeo
Agostino Bergamaschi – Paolo Brambilla
Mandragola
30 marzo – 11 maggio 2019
Instagram: galleria_massimodeluca
Instagram: agostinobergamaschi
Instagram: paolo_brambilla90
Caption
Agostino Bergamaschi, Paolo Brambilla – Mandragola, exhibition view, Galleria Massimodeluca, 2019 – Courtesy Galleria Massimodeluca
Paolo Brambilla, Glinda, 2018 – resin, fabric, acrilyc, 80x80x40cm – Courtesy Galleria Massimodeluca