Siamo venuti per guardare è quello che gli alieni dicono a Louise quando si incontrano nel guscio – la nave estraterrestre – di Arrival, un film del 2016 di Denis Villeneuve, che riadatta un racconto di Ted ChiangStorie della tua vita del 1998. Allo stesso modo, un guscio si schiude in un territorio metropolitano rivelando la sua natura futuristica, portando alla luce un paesaggio di residui e sedimenti geologici, abitato da conformazioni zoomorfe che scrutano imperturbabili le altre specie di umanoidi che entrano all’interno.
Lorenzo D’Alba (1998) per la sua prima personale da Dimora Artica – uno degli spazi di ricerca più interessanti di Milano – realizza una suggestiva mostra recuperando il titolo dalla risposta aliena di Tom e Jerry, gli ospiti extraterrestri del film. Siamo venuti per guardare, visibile fino al 7 luglio, presenta sculture, acquerelli, un wall drawings e un’installazione accompagnate da un testo critico di Marta Orsola Sironi: Il racconto del riccio.
Nel film di Villeneuve la protagonista è una linguista che stabilisce un contatto con gli alieni attraverso l’utilizzo di frasi palindrome, che possono essere lette in entrambe le direzioni. Instaurare una relazione con l’altro è proporzionale al modo in cui riusciamo a guardare con gli occhi del nostro interlocutore, è creare un ponte attraverso cui aprire dei passaggi che ci avvicinano. L’artista racconta che “[…] parte del mio processo creativo è essere fuori dal mondo, la mia responsabilità è dare un volto a questo mondo e decidere per un attimo che forse l’alternativa è possibile”. Allo stesso modo si sente investito del ruolo di mediatore tra un paesaggio immaginifico e il mondo che conosciamo.
Organismi marini di varie dimensioni prendono forme diverse, gusci “svuotati e risucchiati” sono depositati sui muri e per terra, alterando la morfologia regolare dello spazio. Ottanta aculei che sembrano di formazione calcarea – ma sono di cemento, gesso, cartapesta e legno – colonizzano il pavimento componendo gruppi irregolari. Acquerelli delicati e presenze astratte appaiono sulle pareti, come segni di un linguaggio in fase di decodificazione, interrotte da ampi spazi bianchi e dalle sculture. La mostra diventa un territorio sospeso tra fossili di un tempo “estremamente passato” e un’alterità “estremamente futura” e futuribile, immergendo lo spettatore all’interno della sua narrazione.
D’Alba recupera le proprie radici non solo da un punto di vista tecnico – con l’uso sapiente e contemporaneo della cartapesta, in alcuni lavori (Echinus (the portrait of Raspberry and Flapper) e Glomerulos) – ma anche attraverso la memoria visiva, con le suggestioni dei circa tremila pittogrammi della Grotta dei cervi di Otranto dove si narra sia approdato l’Enea virgiliano in fuga da Troia. Mani di bambini, uomini, animali, danze rituali, sciamane o astrazioni del tempo suggeriscono un nuovo immaginario che prende forma nel wall drawing; un lavoro che non vuole essere esclusivo per la galleria ma che intende riprodursi e proliferare in qualunque altro spazio sia pronto a ospitarlo, pubblico e privato. La cavità si fa luminosa, visibile già dall’esterno attraverso l’ampia vetrata su strada, colpita naturalmente dalla luce che, in alcune ore della giornata, entra diretta e prepotente, generatrice anch’essa inconsapevole della sua surreale atmosfera.
L’ambiente si anima, abitato da corpi e creature conservate nel guscio-galleria da cui fuoriescono formazioni spontanee come le lunghe zampe che raggiungono l’endoscheletro di due ricci-alieni con numerose spine: “[…] A un metro da terra l’intorno cambiava radicalmente. Da quel punto di vista sopraelevato rispetto al suolo si era mutato persino l’orizzonte. […]”, narra il testo di Marta Orsola Sironi. Sono i due protagonisti della storia che prende forme zoomorfe, venuti da un altrove per guardare l’uomo, e come gli alieni di Arrival emergono per la loro altezza: “L’intenzione era contaminare lo spazio con la scultura […] mi piaceva che emergesse fisicamente, e che ci fosse un’emergenza di questo mondo di raccontarsi […]” (Lorenzo D’Alba).
In questo mondo altro-altero-alterato, elegante nelle forme e nella paletta cromatica fatta di colori neutri (grigi, bianchi, neri), si compenetrano storie passate e future, suggestioni narrative e cinematografiche, memorie archeologiche e formazioni contemporanee. L’artista, seppur giovanissimo, manifesta una maturità e un’umiltà creativa molto forte, consapevole che il lavoro debba avere una vita fuori da chi l’ha plasmata: “[…] è parte del mio processo creativo quella di essere fuori dal mondo, mi estraneo dal contesto, ho bisogno che emerga da sé e quindi a un certo punto ne esco […], in quel momento fa capolino il racconto del donatore magico delle fiabe […]”.
Il donatore magico è una figura chiave che nelle storie ha il potere di cambiare il corso degli eventi attraverso doni-oggetti magici. In Morfologia della fiaba, Vladimir Propp2 elabora uno schema in cui una serie di personaggi ricorrenti (la vittima, l’eroe, l’antagonista, il donatore, la principessa), dinamiche e andamenti (esordio/equilibrio, rottura dell’equilibrio, peripezie eroe, conclusione/risoluzione) si ripetono con le medesime caratteristiche, in tempi e luoghi diversi, consentendo quel processo memetico delle storie. D’Alba, come il donatore magico, appare lasciando un dono-oggetto, per poi scomparire perché ha compiuto la sua missione: “Ma scompare anche l’eroe perché l’oggetto è colui che risolve la situazione”, si affretta ad aggiungere.
La mostra, nella sua narrazione, si manifesta come rappresentazione del passaggio dono-opera tra artista e spettatore, a quest’ultimo è trasferita la responsabilità di un avvicinamento seguendo il flusso della storia. I ricci-alieni capiscono che: “[…] Era questione di prospettiva. […]” così il mondo sarebbe partito da loro che lo guardavano […]”, narra il testo di Marta Orsola Sironi. Il dispositivo scelto – concettuale e formale – pone le specie su un piano paritetico, condizione utile a una conoscenza priva di posizioni dominanti. Un monito su cui l’artista invita a riflettere, soprattutto in una fase storica in cui è quanto mai necessario recuperare una capacità di comprensione libera da sguardi e giudizi condizionati e condizionabili, e da parole che diventano trappole.
E voi Siete venuti per guardare?
Elena Solito
2 Propp V., Morfologia della fiaba, prima edizione 1928, Einaudi 1966.
Lorenzo D’Alba
SIAMO VENUTI PER GUARDARE
31 maggio – 7 luglio 2021
DIMORA ARTICA – Via Dolomiti, 11 – Milano
Instagram: dimoraartica
Caption
Lorenzo D’Alba, Siamo venuti per guardare – Exhibition view, Dimora Artica, 2021 – Courtesy the artist and Dimora Artica