Look at Me – il piacere di una sola notte

Look at Me è una mostra temporanea ideata da OTTN Projects e curata da Sara van Bussel, con la direzione artistica di Manuela Nobile, tenutasi presso Luxy Club in Corso Buenos Aires (Milano) il 10 novembre scorso durante l’orario di apertura serale dello strip club. La mostra, realizzata con il sostegno di Fondazione Marcelo Burlon, ha esposto i lavori di Michele Rizzo, Giulia Crispiani e Flaminia Veronesi.

Look at Me propone una consapevole valorizzazione dei sensi e una limpida accettazione del piacere, attraverso un’esperienza sensoriale immersiva e completa che muove dalla fruizione artistica alla pulsione sessuale che connota lo strip club. Un incontro apparentemente dicotomico tra realtà distanti e differenti, le quali risultano però condividere il medesimo orizzonte di ricerca estetica, basata sull’appagamento sensoriale e il raggiungimento del piacere. Una medesima cognizione di libido, rivestita da sovrastrutture culturali e sociali tra loro differenti: da un lato la pesante coltre intellettuale e abbiente che ammanta il sistema dell’arte, il quale privilegia solitamente luoghi di fruizione neutrali e una contemplazione indisturbata all’interno degli istituzionali white cubes; dall’altro il pragmatismo erotico dello strip club e dei suoi avventori immersi nell’anonimato contestuale, i quali si inseriscono in un ambiente imbastito da luci soffuse e suoni ovattanti che incentivano l’intimità della visione e l’esperibilità del piacere.

Look at Me vuole istituire uno spazio di fruizione elementare del piacere stesso, all’interno del quale poter ripristinare una visione naturale e istintiva dell’arte. Nell’evocativa ambientazione notturna, Sara van Bussel e Manuela Nobile hanno dato vita a un’esperienza rituale collettiva, animata dal riverbero dinamico delle luci colorate sulle superfici riflettenti, dai movimenti sensuali delle strippers e dalla musica ad alto volume, attraverso la quale realtà differenti sentono di appartenere a una collettività condivisa e indistinta, capace di abbattere ogni qualsiasi forma di distinzione sociale e categoriale preesistente.

“conto il ritmo dei tuoi battiti con i polpastrelli, sudata ti sento pelle a pelle, non so, se sei tu o sono io, chissà – un brivido ed esco dal corpo e rientro con uno spasmo” – estratto da Gustosa, Giulia Crispiani (2022).

Look at Me vanta un profondo respiro formativo convalidando pienamente la percezione sensoriale nella sua forma più pura, immediata e viscerale: all’interno di un contesto fortemente connotato, il progetto propone una nuova esperienza estetica e conoscenza di sé e dell’arte. Nel caso del cliente abituale, l’intento pedagogico-sociale diviene quello di promuovere un incontro rinnovato con l’arte contemporanea e la sua estetica, costruendo un sistema dialogico e di affinità al mondo sensuale e spettacolistico dello strip club. Un primordiale incontro in cui, in via quasi del tutto eccezionale, è l’arte, come produzione materiale e come sistema, a muovere verso il suo possibile e futuro spettatore e fruitore.

SVB: “La selezione degli artisti è nata dall’affinità che ciascuno di loro ha con alcuni temi che volevo approfondire, quali lo sguardo, il corpo, la sessualità e il movimento seppur esplicitandoli in forma molto diversa tra loro. Le opere sono state scelte anche in base alle diverse modalità di fruizione, impostata su tre livelli: la performance di Michele Rizzo si appropria completamente dello spazio, Flaminia Veronesi interviene entrando in contatto diretto con le lavoratrici e si camuffa totalmente nell’ambiente, mentre Giulia Crispiani interviene in modo delicato attraverso la lingua scritta e sonora. Mi piaceva l’idea che lo spettatore potesse rispondere a ciascuna espressione artistica e all’allestimento a seconda del livello di attenzione che volesse/potesse dare. Le opere di Giulia e di Flaminia nei privé sono state pensate per essere scoperte, come cabinet segreti e contenitori di meraviglie. La scelta di spargere però sia i panflets di Flaminia che gli estratti del testo di Giulia nello spazio, disseminandoli su schermi e i vari tavoli, rappresenta una contaminazione dell’ambiente delicata e sottile, ma come sempre era libera scelta del visitatore dedicarci attenzione”.

Le opere esposte in Look at Me si fondono mimeticamente con l’ambiente dello strip club, incentivando da parte del frequentatore non abituale una piccola caccia al tesoro, un processo di ricerca che gli impone di muoversi e di relazionarsi dinamicamente con il contesto, enfatizzando, in termini indifferenziati tra pubblico e strippers, la presenza performativa dei corpi che lo animano. Le opere di Michele Rizzo, Giulia Crispiani e Flaminia Veronesi istituiscono delle micro-fratture all’ambiente originario, attivando attraverso l’arte dei minimi cambiamenti disorientanti e indirizzati in primis ai frequentatori abituali dello strip club, senza eludere completamente il senso di familiarità rappresentato dal contesto. La presenza dell’arte, seppur mimetica, in parte dissolve l’essenza anonima connotante lo strip club caratterizzandolo invece come melting pot tra pubblici diversi.

EA: “Sono emerse delle significative differenze tra la press preview del pomeriggio e l’evento serale, per esempio nel ruolo svolto dalle strippers e nella presenza concreta ed effettiva degli habitué del locale, tralasciando ovviamente il quantitativo di persone presenti. In questo senso, come devono essere interpretati i due eventi? Una delle due rappresentazioni può considerarsi più autentica o più riuscita dell’altra?”.

MN – SVB: “La preview nasce, in realtà, dalla mera necessità di permettere a chi ci aveva sostenuto di vedere che cosa avevamo costruito e alla press di avere spazio e tempo per assorbire il tutto. Le due fasi della giornata hanno avuto paradossalmente un mix di risultati: controllando le entrate tramite lista durante la preview sono riusciti a entrare più visitatori abituali, creando un vero e proprio scambio e confronto tra i due pubblici. Durante la serata il flusso di gente è stato tale che i visitatori abituali hanno fatto fatica a trovare posto, quindi un tipo di accessibilità è andata a discapito dell’altra. Questo progetto è stato un esperimento anche per noi, tutto quello che volevamo fare era aprire la porta alla possibilità d’incontro: l’esito era una incognita“.

L’ambiente rimane una componente egemone all’interno della mostra, stimolando attraverso l’uso delle luci e della musica un’effettiva immersione del pubblico al suo interno: la configurazione dell’ambiente enfatizza la percezione isolata e atomizzata dei corpi, i quali al contempo si immedesimano con l’ambiente circostante e il corpo sinuoso delle strippers durante le loro esibizioni, esperendo lo stimolo del movimento e della sua ritmicità in un rituale collettivo.



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Un luogo come il Luxy Club, convenzionalmente legato allo stigma della sessualità e all’immaginario dell’abietto nonché dell’exploitation sessuale, stimola da un lato una narrazione sociale e culturale perbenista e moraleggiante e dall’altro incentiva inevitabilmente riflessioni di carattere strutturale concernenti il mondo del sex work, la rappresentazione del corpo femminile e la democraticizzazione dei corpi. Look at Me cerca di eludere e neutralizzare dallo sguardo e dalla cognizione del pubblico ogni qualsiasi possibile condizionamento pregiudiziale eteronomo, dettato dalla natura pregressa del nostro archivio culturale, sociale ed etico, e che lo strip club come contesto inevitabilmente fa emergere. Il progetto propone idealmente una tabula rasa cognitiva, un punto privilegiato e azzerato di visione che allo stesso tempo non vuole avere nessun valore prescrittivo: la mostra e il progetto istituiscono uno spazio inclusivo, di libero confronto e dialogo in cui potersi immergere e immedesimare, ma da cui è consentito poter prendere le distanze e rifiutarne il contenuto.

MN: “La società ha da tempo interiorizzato il linguaggio dello spettacolo come chiave di accesso alla conoscenza e alla partecipazione alla vita sociale. Dunque, un’esposizione d’arte contemporanea, a nostro avviso, si lega agevolmente a un luogo performativo e di intrattenimento come quello dello strip club. Look at Me crea un ambiente dialogico, carico ma insieme accomodante, inserendosi in modo sottile e al contempo dirompente nel contesto. Per esempio, il lavoro di Michele Rizzo, interrompendo la normale fruizione della serata, ha imposto al pubblico un’inaspettata attenzione grazie alla sua performance: anche chi non aveva compreso le dinamiche della mostra o i clienti abituali del Luxy Club sono stati rapiti da quei minuti di sacralità“.

All’interno della cultura contemporanea, erede della liberalizzazione dei mass media e della comunicazione televisiva attraverso i quali si ritiene di aver ormai ampiamente sdoganato l’immaginario sessuale e la nudità – soprattutto femminile – e che prova al contempo profondo disagio a confrontarsi con la propria sessualità, Look at Me sfida il fruitore nel muovere oltre le insidie create dalla cultura mass-mediatica odierna e ormai divenute corredo del nostro archivio culturale. La narrazione pop dei mass-media ci ha abituati a una espressione e rappresentazione del corpo e della sessualità necessariamente volgare e grottesca: una narrazione spesso estemporanea e avvizzita che Look at Me e il suo approccio curatoriale cercano di contrastare, proponendo una visione rinnovata sul piano iconico quanto valoriale. Attraverso un atteggiamento che potremmo definire sex e body positive, la sessualità e il corpo sono rappresentati ed esibiti come elementi spontanei e vitali, abbattendo ogni possibile barriera socio-culturale, indicatori di conformità allo standard e imbarazzo pregresso.

Nonostante lo strip club proponga una evidente spettacolarizzazione del corpo femminile, il progetto espositivo valorizza e glorifica in termini univoci e positivi la natura imperfetta e dinamica dei corpi attraverso il ricorso sublimante e poetico degli interventi artistici.
La scelta del luogo, gli obiettivi con cui è stato delineato il progetto di Look at Me e la presenza stessa dei corpi – elementi politici per eccellenza, sollevano al contempo riflessioni e implicazioni rispetto al contesto attuale, se non addirittura “politiche”.

SVB – MN: “Non neghiamo l’inevitabile presenza di riflessioni politiche ed etiche che subentrano nel momento in cui si interviene in un ambiente come quello dello strip club. Semplicemente, l’obiettivo era spostare il focus su quello che giace alla base, prima di costruirvi sopra l’annesso sociologico: il piacere e la libertà dell’espressione erotica, qui rivisitata come espressione artistica. Personalmente ci siamo addentrate in questo luogo cariche di perplessità e anche paure, consce delle difficoltà che subentravano nell’approcciare un luogo così carico, ma sia io sia Manuela abbiamo imparato in primis a spogliarci di tanti pregiudizi attraverso la ricerca e il dialogo, costruiti mese per mese con i veri protagonisti del posto, dalle ragazze che ci lavorano ai proprietari, allo staff e al pubblico abituale. Abbiamo imparato molto e, forse per questo, è stato più semplice per noi riuscire ad andare oltre e liberarci di alcune impostazioni strutturali. Da quanto abbiamo sentito e dai feedback ricevuti sembra che siamo però riuscite nel nostro intento: molte persone hanno vissuto un’esperienza che non avrebbero mai pensato di apprezzare, si sono sentite a loro agio, perché hanno compreso l’importanza della scelta del singolo, riuscendo a prescindere dal proprio set di bagaglio etico e culturale. Attraverso l’inserimento di interventi artistici credo siamo riusciti anche a istituire un parallelo importante tra sessualità e piacere estetico che esiste – o dovrebbe esistere – a prescindere dal luogo”.

Il corpo è uno strumento di riflessione identitaria, un elemento dinamico, processuale e organico-vitale e nelle opere di Michele Rizzo, Giulia Crispiani e Flaminia Veronesi, anche in nome dei media espressivi scelti, diviene linfa vitale e necessaria per poter trattare e analizzare la sessualità e la questione di genere, trasversalmente alla comunità LGBTQIA+, l’identità personale, la società contemporanea e i suoi meccanismi di controllo, di inibizione e interdizione della sessualità e dei corpi.

L’utilizzo dei media e il contenuto effettivo delle opere rispecchiano una impellente necessità di libertà espressiva che, attraverso il potere comunicativo delle sole immagini o della parola, e l’emergere quasi epifanico delle stesse all’interno del contesto ambientale, esemplificano una silente brama di scoperta e conoscenza di sé, abbattendo i pregiudizi che vengono costruiti dall’esterno passando attraverso il corpo dell’Altro e il rituale della disinibizione.

SVB: “Soprattutto credo che quello che accomuna tutti e tre gli artisti, e che è stato punto basico e pivotale di partenza, sia la libertà espressiva che si concedono e un modo fluido e sperimentale di guardare alla propria pratica. Ad esempio, nei panflets di Flaminia Veronesi l’artista si interroga sulle motivazioni che legano l’espressione erotica al consumismo nella vita di tutti i giorni e come mai, paradossalmente, questa forma espressiva trovi libertà e spazio di esistere solo se relegata in contesti dedicati alla sensualità come quello dello strip club. La sua riflessione critica porta a un focus sull’espressione artistica: chiave di volta per sublimare la mercificazione è la risposta artistica, che trova forma nei suoi disegni, diretta risposta all’espressione erotica sul palco“.

In Look at Me i corpi si riappropriano dello spazio circostante, proiettandosi in potenza anche nell’agone del dibattito pubblico, tessendo un inedito racconto sull’identità personale quanto collettiva e riconoscendo a ognuno la propria legittimità espressiva.

Eva Adduci


Instagram: ottnprojects


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Michele Rizzo, If eyes are turned inwards, if dance is for oneself, I’ll let you watch me take off my armor. And yet my fight is never over, my dance is sharper than a knife, 2022, performance (15’’) – Performance by Nermah Khair, soundtrack by Dafne, styling Michele Tonini – Courtesy the artist, Ottn Projects and Fondazione Marcelo Burlon, Milano IT. Ph Lorenzo Lanzo, IIF, Lomography

Giulia Crispiani, Video Fragment from Gustosa, 2022, text – Installation view at Luxy Club – Look at Me – Courtesy the artist, Ottn Projects and Fondazione Marcelo Burlon, Milano IT. Ph Lorenzo Lanzo, IIF, Lomography

Giulia Crispiani, Saliva, 2022, LED, 60x36cm – Neon realized by Rosa Musco – Courtesy the artist, Ottn Projects and Fondazione Marcelo Burlon, Milano IT. Ph Lorenzo Lanzo, IIF, Lomography

Flaminia Veronesi, Stesa, 2022, acrylic on canvas, 48 x 28 cm – Installation view at Luxy Club – Look at Me – Courtesy the artist, Ottn Projects and Fondazione Marcelo Burlon, Milano IT. Ph Lorenzo Lanzo, IIF, Lomography

Flaminia Veronesi, Sessione di pittura live, 2022 – Installation view at Luxy Club – Look at Me – Courtesy the artist, Ottn Projects and Fondazione Marcelo Burlon, Milano IT. Ph Lorenzo Lanzo, IIF, Lomography