Lo schermo dell’arte Film Festival è giunto alla sua dodicesima edizione, svoltasi dal 12 al 17 novembre a Firenze. Un progetto articolato e complesso, come il tema che intende esplorare: il rapporto tra arte contemporanea e cinema, proponendo film e installazioni, insieme a residenze per artisti e attività espositive. Queste ultime rientrano nel programma VISIO, progetto che si occupa di indagare il tema delle moving images in chiave operativa attraverso opportunità di scambio e di confronto, celebrando la nuova generazione di artisti europei grazie alla ricerca costante realizzata del curatore Leonardo Bigazzi.
Nel 2019, Lo schermo dell’arte ha esplorato il ruolo dell’artista/film-maker attraverso le più recenti produzioni, molte alla loro prima nazionale, restituendo il rapporto tra artista/autore e oggetto cinema. Un ottimo esempio di questo legame è la proiezione di No More Reality Whereabouts, del francese Philippe Parreno, un ri-editing di tredici lavori realizzati nel passato che hanno dato vita a un’opera di cui l’artista è autore e oggetto, attraverso una retrospettiva immersiva. O, ancora, il debutto alla regia di Cristian Pirjol col Making Manifesto, vero e proprio behind the scenes che accompagna lo spettatore attraverso la produzione di Manifesto, dedicando ampio spazio all’artista Julian Rosefeldt e alla sua idea di arte e videoarte.
Ogni edizione del festival prevede un Focus on, dedicato, quest’anno, al britannico Jeremy Deller e alla sua ricerca incentrata sulle società contemporanee e sulla cultura popolare, elaborata in chiave ironica e parossistica. Oltre a Putin’s Happy, ultima fatica dell’artista, sono state proiettate opere meno recenti come The Bruce Lacey’s Experience – che si unisce alla macroscopica indagine critica del ruolo dell’autore nelle immagini in movimento – e English Magic del 2014.
Lo schermo dell’arte è un’iniziativa inclusiva, che da spazio e presta voce alle molteplici espressioni del settore cinematografico e delle arti visive, non dimenticando di celebrare quelle nostrane attraverso la proiezione di Welcome Palermo dei MASBEDO – una sinestesia di cui si sentiva il bisogno, che plasma un racconto magnifico e senza fronzoli – di Quello che verrà è solo una promessa, del collettivo Flatform, e dell’ultimo lavoro di Luca Vitone, promosso dal Centro Pecci, Romanistan. Su quest’ultimo, grandi aspettative, in parte deluse, a causa, forse, dell’assenza di un preciso taglio autoriale: riprese di sterminati paesaggi che lasciano lo spettatore senza alcun appiglio; temi cogenti e complessi trattati in maniera sconnessa; un assaggio incerto della questione Rom, ora più che mai attuale.
Ed è proprio l’attualità, declinata in temi quali il riscaldamento globale, l’ascesa del populismo e la storia afroamericana, che fa da motore immobile del festival, la cui ricerca vorace attraversa ogni anno nuovi confini, ponendo nuove pietre miliari verso un’idea di arte che sia totale e totalizzante.
Se nelle sale del Cinema la Compagnia, ospite dell’iniziativa, la generazione Y occupa, principalmente, i posti a sedere, negli spazi sotterranei di Palazzo Strozzi la fa da padrone. Con VISIO. European Programme on Artists’ Moving Images – questo il nome completo del progetto – il festival promuove e favorisce il lavoro di artisti under 35, selezionati attraverso una open call volta a creare un network tra Firenze e istituzioni europee quali Rijksakademie van beeldende kunsten di Amsterdam. Il programma prevede, oltre alla realizzazione di una mostra, una serie di incontri e seminari per stimolare riflessioni e nuove piattaforme di confronto. Alla sua ottava edizione, il progetto presenta un sottotitolo controverso, Moving Images After Post-Internet, come a indicare l’intento ambizioso e impellente del curatore Bigazzi di interrogarsi sull’impatto che la “condizione post-Internet” ha avuto nella formazione degli artisti under 35.
Un’eredità – non del tutto a fuoco – è quella che si osserva, a cui si gioca e in cui ci si immerge nelle sale semi oscure della Strozzina, occupata da opere mature che si fruiscono in maniera convenzionale ma il cui significato è indissolubilmente stratificato nell’attualità politica, sociale e culturale, prime tra tutte KATHARSIS di Miguel Azuaga e MNEMOSYNE di Inas Halabi. Altri lavori sono più scolastici – come il film-collage di Eva Giolo che rimane ancorata al modo più convenzionale di trattare film d’archivio -, decisamente meno pungenti ma contribuiscono, tuttavia, in questa fase di ibridazione, a delineare un nuovo paesaggio visivo post-Internet. In conclusione, è l’intenzione che si cela dietro la mostra e l’intero progetto che rende grandiosa questa iniziativa, quella di mantenere aperta la conversazione sul continuo mutamento dei media e dei linguaggi tipici della rivoluzione digitale.
Al termine dell’intensa settimana di proiezioni ed esibizioni si può affermare, con certezza, che Lo schermo dell’arte è una realtà unica e preziosa, specie se si guarda al contesto in cui questa si inserisce, ovvero in una città di Firenze che sta iniziando solo adesso ad aprirsi in maniera ampia al contemporaneo e a un’idea di sperimentazione. Un’iniziativa ricca che mescola sapientemente i grandi nomi dell’arte a progetti indipendenti, che trova, sopratutto, il tempo e lo spazio per assecondare le necessità e i bisogni delle nuove generazioni.
Martina Aiazzi Mancini
LO SCHERMO DELL’ARTE FILM FESTIVAL – XII EDIZIONE
13 novembre – 17 novembre 2019
Cinema La Compagnia, Palazzo Strozzi, Palazzo Medici Riccardi – Firenze
VISIO. Moving Images After Post-Internet
a cura di Leonardo Bigazzi
13 novembre – 1 dicembre 2019
Palazzo Strozzi – Firenze
Instagram: schermodellarte
Caption
Opening Schermo dell’arte – Cinema La Compagnia, Firenze, 2019 – Courtesy Lo schermo dell’arte, ph. Camilla Riccò
Inaugurazione Schermo dell’arte – Cinema La Compagnia, Firenze, 2019 – Courtesy Lo schermo dell’arte, ph. Camilla Riccò
Patrick Alan Banfield, Mein Blick (My View), Dettaglio – VISIO. Moving Images After Post-Internet, Firenze 2019 – Courtesy Lo schermo dell’arte, ph. Gianmarco Rescigno
Miguel Azuaga, KATHARSIS – Installation view, VISIO. Moving Images After Post-Internet, Firenze, 2019 – Courtesy l’artista, ph.Federica Di Giovanni