Forse non sarà l’ultima, certamente non è la prima; esistono già almeno un paio di riviste intitolate “Last”, una americana (The Last Magazine) che tratta arte, cultura e musica, e una giapponese (Last) sulle scarpe. Per quel che riguarda il magazine indipendente italiano LAST, però, gioco di parole e rimandi sono differenti; la pronuncia del termine inglese è molto simile a lust (lussuria) e le lettere di cui si compone il nome sono quattro, come le ideatrici di questo stampato dedicato all’erotismo: Daiana Galigani, Cristina Gallotti, Federica Patera e Cecilia Toso.
Contraddistinta da una cover semirigida che poco rivela del contenuto, la issue 0 Ouverture esce alla fine del 2021 ed è tutta dedicata al culo. Anche a ogni futuro numero verrà associata una differente parte del corpo e non per forza saranno quelle “scontate”. Giocata sui toni del rosso e del rosa, la prima di copertina è decisamente grafica, con un cerchio che richiama la “O” del titolo, lo zero e la forma stilizzata di un ano, con tanto di piccola stella al centro. A contrasto, la quarta di copertina è fotografica, uno scatto di Luca Matarazzo che aprendo l’aletta si svela per intero, palese e diretto quanto sensuale. D’altro canto l’invito ad aprire (ouvrir) è suggerito dal titolo stesso, un incoraggiamento quanto mai esplicito e irriverente, considerato l’argomento. I doppi sensi ammiccano anche all’interno, a cominciare da titoli e testi: “Famolo (non b)anale”, “Span-King”, “Miami Vices”, “Non sono venuto – per parlare di sguardi”, tanto per fare qualche esempio. Ma non si tratta di ironia fine a sé stessa e Ouverture – oltre che accattivante dal punto di vista visivo – è soprattutto interessante da leggere.
E come non iniziare a parlare di culo se non citandone un vero e proprio “cul-tore” come Tinto Brass? Il primo articolo si apre con “Ritratto a Tinto”, un pezzo di Orso Tosco con intervista a Caterina Varzi, psicologa, avvocato, moglie e musa del grande regista. Di culi, in effetti, Brass se ne intende parecchio; chi non ricorda le indimenticabili sequenze di “Monella”, “La Chiave” o “Così fan tutte”? Nel 2006 Brass scrive anche un breve libro dal titolo limpidissimo: “Elogio del culo”. Corredato dalle foto di Gianfranco Salis (la “Culo Gallery”), il testo si distingue per il linguaggio lubrico e diretto ma dall’innegabile densità filosofica e artistica, un dualismo che ritorna spesso nei lavori dell’artista. Sotto forma di dialogo, l’opera affronta temi quali la distinzione tra erotismo e pornografia analizzando vari aspetti del fondoschiena. «Godere, se dipendesse da me, sarebbe un dovere per tutti» è la citazione che accompagna il sommario di LAST. E si capisce bene perché la redazione della rivista abbia voluto includere il suo pensiero nello stampato: «Godimento come unico dovere, quindi, inteso come esplorazione e analisi di sé stessi e degli altri».
Viene davvero voglia di sfogliarla, LAST 0, soprattutto per le immagini accattivanti: dai collage in bianco e nero di Chiara Giordano (AndWhatIf.To), che corredano l’articolo “Erotismo Perduto”, alle foto di sapore pop in “Sofia”. L’impaginazione si accompagna bene al corredo figurativo, con font e colori sempre diversi, rendendo la rivista eterogenea e variopinta. Come nell’intervista a Priscilla Salerno “Miami Vices”, dove il progetto grafico di Chiara Athor Brolli restituisce un colorato mood dal sapore anni ’80-’90, grazie anche al font Vice (un nome, una garanzia) che fa bella mostra nel titolo.
Insomma, Ouverture riesce a informare intrattenendo e non annoia, dimostrando che è possibile parlare di sesso senza per forza scadere nel trash o nella volgarità. Si può (o forse “si deve”) parlare di: spanking, fisting, esibizionismo, drag queen, pornografia, sex toys, eccetera; si può farlo in modo divertente, scanzonato, esplicito o serio, ma sempre con garbo.
Esistono altre due riviste che incorporano la parola “last” nel titolo. Non vi importa di essere eventualmente confuse con quelle testate, in una ricerca online?
La scelta del nome è stata una felice epifania. Cercavamo un titolo corto e d’impatto, meglio se di quattro lettere perché, come giustamente ricordi, il progetto nasce da altrettante persone. Non necessariamente doveva trattarsi di un termine inglese ma allo stesso tempo ci attirava l’ambiguità linguistica; a ogni modo, quando una di noi ha avuto l’idea, è stato un sì unanime! Non ci spaventa affatto l’eventuale confusione con altre riviste, perché il progetto nasce con un’impronta fortemente italiana, nella lingua e nei contenuti. Manteniamo comunque un’apertura internazionale nella ricerca iconografica e nella pubblicazione di un pezzo bilingue. LAST nasce dall’esigenza di colmare quello che ci pareva un vuoto nel nostro contesto culturale, ovvero parlare di sesso in modo fresco, giocoso, libero e non pruriginoso.
Come e quando nasce LAST?
L’idea ha origine in un momento pre-pandemia, quando le riviste cartacee sembravano riprendere nuova vita, sulla scia di quanto stava accadendo già da qualche anno all’estero. Siamo appassionate di magazine indipendenti, soprattutto stranieri, e ne acquistiamo abitualmente: ve ne sono di molto curati, belli da leggere e da tenere in mano. Da addette ai lavori quali siamo (tutte noi esercitiamo nell’editoria, a vario titolo), desideravamo fortemente realizzare uno stampato con la stessa attenzione e ricerca. Molte delle fanzine da noi adocchiate avevano come oggetto l’erotismo o erano in ogni caso dedicate al corpo e alla sua libera espressione: si trattava perciò di un argomento che interessava a tutte ma del quale non si trovavano esempi degni di nota in Italia. Evidentemente non era un pensiero isolato, poiché nel giro di breve tempo sono sorti altri progetti editoriali simili. Anziché scoraggiarci, questo ci ha spinto ulteriormente a continuare la nostra ricerca, sempre più convinte della necessità di nuove modalità espressive riguardanti la sessualità nel nostro paese.
Di tutto ciò – e dei risvolti a livello sociale che avrebbe potuto comportare il nostro progetto – parlavamo prima del 2020. Immaginavamo una rivista cartacea che celebrasse il fisico, il contatto, lo scambio di sensazioni e fluidi, e questo poco prima che la paura della prossimità arrivasse a dominare le nostre vite. Ironia della sorte, il nostro proposito iniziale prevedeva incontri dal vivo e il lancio della rivista durante una o più feste; abbiamo dovuto quindi cambiare i nostri piani, senza eliminare però del tutto la componente personale e intima, per noi fondamentale. Meeting online, telefonate e videochiamate ci hanno consentito di stabilire un legame comunque stretto con i collaboratori e la lavorazione di LAST 0 è stata portata avanti in modo ibrido, con alcuni ritrovi faccia a faccia – prima di marzo 2020 – e altri virtuali. Ciò nonostante, abbiamo scelto di lasciare la pandemia fuori dalla rivista, come in un rituale psicomagico, perché il corpo nasce e deve rimanere libero: non ammettiamo la paura entro pagine celebranti la bellezza dell’incontro fisico. Normalizzata la situazione, i tempi erano maturi per stampare la rivista, terminata alla fine del 2021. Purtroppo LAST ha iniziato a circolare senza alcun evento di lancio, benché presentazioni come quella tenutasi alla Fanzinoteca di Milano lo scorso ottobre rappresentino occasioni davvero importanti.
Nonostante i progressi compiuti dai movimenti di liberazione sessuale, all’erotismo sono tuttora associati molti tabù. Sono (fortunatamente) in atto nuovi cambiamenti: se ne parla molto di più e non solo a livello pornografico e superficiale ma anche profondamente, con una certa estetica, e andando contro lo stereotipo molto diffuso che “sesso” è uguale a “sporco” o “perverso”. Quanto è importante discutere apertamente di sessualità?
Crediamo che iniziative come la nostra coinvolgano anche la sfera pubblica, evidenziando e mettendo in contatto diverse realtà. Di conseguenza ci si abitua più facilmente all’inclusività; si abbattono diffidenza, vergogna, senso di colpa, incomprensione e rifiuto, espressioni di un’ignoranza che genera contrasti e odio sotto le sembianze di un’asfissiante ottusità. L’avverbio che hai usato, “apertamente”, porta con sé una duplice valenza. È fondamentale che ciascuno possa esprimersi a cuore aperto nella propria intimità e che sia messo nelle condizioni di instaurare un dialogo franco con sé e con gli altri. Ciò ha molto a che vedere con la condivisione della conoscenza, più che dell’intimità: soprattutto riguardo al sesso, lo scambio di informazioni e impressioni (letteralmente, nel caso della fotografia) filtra per forza attraverso il pluralismo. Una rivista possiede potenzialmente un’utenza allargata e, proponendo contenuti erotici, può raggiungere e sollecitare l’intimità quotidiana di un’audience variegata.
Il sesso può diventare arte?
Per rispondere bene dovremmo essere d’accordo su cosa possa essere definito “arte”. Piuttosto – considerando un’area definita dalla consensualità, entro la vastità della sfera erotica – la questione che poniamo è: accettare individualità differenti, proprio in quanto umane, ognuna delle quali ha una sua storia. Certamente è possibile raccontare, spiegare e giocare con il sesso in maniera artistica. E, nel farlo, si possono curare i dettagli prestando attenzione alle infinite sfaccettature della bellezza come richiede l’arte, ma la dimensione che compete a quest’ultima gioca su un piano più complesso e immutabile. Forse il sesso può essere sì veicolato in maniera artistica ma non è corretto considerarlo arte in sé. L’arte non conosce altri argomenti che i propri: essi comprendono l’uomo ma non vi si limitano né si fermano alle contingenze.
L’essere umano non nasce con una programmazione all’erotismo e alla sessualità. Persone diverse si costruiscono opinioni differenti, e sono in molti a pensare all’eros come a un fatto privato. Vi siete mai scontrate con qualcuno che non la pensava come voi e che ha contestato LAST?
Sinceramente no. Il nostro progetto si è sempre posto come luogo di confronto, senza alcuna forzatura nei termini di programmatica aderenza a una concezione del sesso. Almeno finora, non abbiamo riscontrato alcuna resistenza da parte degli intervistati né tantomeno nel pubblico.
In Ouverture la grafica è molto curata: l’impaginazione e lo stile delle immagini mutano a seconda dell’articolo. Non ho ravvisato quell’aspetto scandaloso e scioccante che forse mi immaginavo prima di sfogliare la rivista; anzi, trovo che le fotografie siano molto estetiche, a volte divertenti, altre più esplicite ma sempre fini. Se penso ad artisti come Mapplethorpe, d’Agata, Araki o Hang, forse è proprio l’aspetto estetico che aiuta a smorzare il lato perturbante di un’immagine. È su questo che puntate?
Nel sesso, come in altri ambiti, è necessario prendersi il giusto tempo per capire la molteplicità dei linguaggi esistenti. In un’ottica di esplorazione e accettazione, dove la nostra rivista diviene luogo di confronto e approfondimento – vedi il decalogo del sesso anale o il racconto dell’ascesa nel mondo del didietro, a firma dell’autrice di “Post Butt”, Melani De Luca – abbiamo scelto di non spingere troppo sull’aspetto scandaloso. O meglio, l’intento è rimuovere questa etichetta da qualsiasi preferenza sessuale purché basata su condivisione e consensualità. Desideriamo avvicinarci a un pubblico ampio, con esigenze altrettanto variegate, per questo proponiamo uno stampato dove immagini e parole – dialoghi perlopiù – si bilanciano. I contributi all’interno di Ouverture sono le voci di chi ci ha accompagnato, eterogenee come l’erotismo che passa attraverso tutto il corpo (e non solo).
Dieci uscite, dieci parti del corpo. Esiste un legame tra ogni numero di LAST e l’organo trattato? È un programma suscettibile di cambiamenti?
Abbiamo un piano ben caratterizzato. Identificare di volta in volta una diversa parte del corpo ci è parso da subito una buona idea, sia per presentare la rivista sia per avvicinarci noi stesse a quella parte in modo da comprenderla meglio. Tutto ciò lo abbiamo fatto considerando più punti di vista e lasciando all’eterogeneità – altra nostra caratteristica fondante – lo spazio fisico necessario per esprimersi. La costruzione di una “mappatura del corpo” e la relativa suddivisione nei vari numeri è sorta spontanea e l’abbinamento segue una certa somiglianza formale, basti pensare allo zero e al culo. Però non ci è dato di sapere se il percorso tracciato resterà invariato o se ci sarà un’ipotetica interruzione; vedremo un po’ alla volta. Il nostro è un progetto indipendente e prende consapevolezza della propria forza e di eventuali mancanze nel suo farsi. Nonostante ci siamo date alcuni parametri, questi sono certamente suscettibili di variazioni, per far sì che ogni uscita sia sempre una sorpresa. Un proposito certo è mantenere la mobilità iniziale, assecondando di volta in volta i contenuti e le voci dei collaboratori.
Concentrarsi su parti distinte ha a che vedere con il feticismo o mira al contrario a una visione totale e armonica del corpo?
Il riferimento a uno specifico oggetto come fil rouge è pensato proprio perché l’intero corpo è degno di valore, vettore del desiderio in ogni lembo. Esistono determinate regioni che la nostra cultura ci ha insegnato a erotizzare maggiormente, come il sedere, il seno e la bocca, ma siamo noi a decidere ciò che davvero ci stimola e che è in grado di accendere il nostro desiderio. Anche gesti comuni come legarsi i capelli possono rappresentare un momento eccitante per chi osserva o per chi lo fa. Perché delegare ai soli organi sessuali la ricerca del piacere, quando tutto l’organismo può essere sensibile e reattivo in questo senso? Esplorare il fisico gradualmente si sposa perfettamente con il nostro ruolo; sin dall’inizio ci siamo poste come interlocutrici, senza l’intenzione di imporre una visione o una singola idea di erotismo. Al contrario, siamo desiderose di accogliere spunti diversi. Vogliamo ampliare le possibilità di racconto, dando modo a tutti di riconoscersi almeno in un pezzetto di LAST.
A cura di Simone Macciocchi
Instagram: @last_magazine
Caption
Cover LAST num. 0 aperta, © 2011 Chiara Athor Brolli, © Luca Matarazzo
Editoriale LAST num. 0, © 2011 Chiara Athor Brolli, © Laura Patera
LAST num. 0, Non come tu mi vuoi © 2011 Chiara Athor Brolli, © Justin Bartels