Il Museo di Santa Giulia, in occasione della prossima restituzione alla città della Vittoria Alata – dopo un attento restauro durato due anni presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze – ospita un’esposizione retrospettiva dedicata a Juan Navarro Baldeweg (Santander, 1939), celebre architetto a cui è stato affidato il compito di riallestire la cella orientale del Capitolium che ospiterà la scultura romana simbolo di Brescia.
La mostra, curata da Pierre-Alain Croset e fruibile fino al 5 aprile 2021, proietta direttamente all’interno di una dimensione in bilico tra astrazione e concretezza, svelando il dietro le quinte di un particolare approccio progettuale. L’artista-architetto, fin dalla sua giovane età, individua nei fenomeni fisici il suo specifico campo di azione, lavorando sui concetti di gravità, equilibrio e luce, attraverso sperimentazioni che spaziano dalla pittura alla scultura per poi approdare alla progettazione architettonica. I lavori presentati, seppur molto diversi a un primo sguardo, rivelano un’ostinata linea di ricerca volta a cristallizzare la realtà complessa di fenomeni naturali presenti ma trasparenti. In questo senso tutte le opere esplicitano un preciso processo compositivo in costante dialogo con quella che lo stesso artista definisce come “forza della naturalezza” materia prima di tutte le sue produzioni.
La prima sala, il Coro delle Monache, è allestita come un vero e proprio manifesto del lavoro di Baldeweg, attraverso una composizione di quadri di grande formato (due metri per due) che preannuncia, in modo figurativo, le intenzioni e l’approccio dell’artista. I quadri presenti in questa sala denominata “Immagini del fare e dei modi di fare” mostrano stratificazioni di colore che guidano lo spettatore all’interno di un processo compositivo definito dalle successioni di tecniche pittoriche e fasi di lavoro diverse tra loro: i colori si depositano sulla tela senza mescolarsi, lasciando percepire le diverse temporalità delle azioni compiute. Baldeweg ben sottolinea il suo interesse verso le correnti artistiche degli anni Sessanta e Settanta – come l’espressionismo astratto americano – ma allo stesso tempo è possibile cogliere una relazione con l’arte processuale.
La mostra prosegue nella Basilica di San Salvatore con la sezione “Metafore dell’orizzonte e della natura (luce, gravità, il corpo e i processi)” in cui è possibile ammirare una serie di sculture e installazioni che proiettano lo spettatore verso “la percezione di qualcosa di superiore, qualcosa che va oltre di esse” come riferisce l’artista. In tal senso Baldeweg sottolinea il carattere transitivo delle sue opere e l’alternanza di processi di spontaneità espressiva che convivono insieme a definizioni geometriche rigide. Questa sala si configura come una vera e propria Wunderkammer stimolando l’osservatore a un indagine profonda sul tema dell’equilibrio statico: le trentuno sculture de La Mesa insieme ad Aro dorado preannunciano un approccio progettuale orientato verso un’architettura capace di simulare una sospensione delle leggi di gravità. Un altro tema essenziale presente in questa sala è la luce, l’artista attraverso le Cinque unità di luce restituisce una cassa di risonanza che memorizza gli effetti di transito della luce, mentre in una serie di “strutture di luce” esplora le possibilità morfologiche per incanalare la luce zenitale generando proiezioni a terra di figure astratte.
Nello spazio della Cripta di San Salvatore è allestita l’ultima sezione della mostra “Una casa dentro un’altra casa” dove si condensa l’esperienza architettonica di Juan Navarro Baldeweg. Gli spazi intimi della cripta vengono saturati dalle maquette dei progetti architettonici in cui è possibile verificare le precedenti sperimentazioni concettuali dell’artista-architetto. Il progetto più significativo, riferito alla ricerca sulla gravità, è senza dubbio il Palazzo del Congresso di Castilla-Leon a Salamanca, in cui è presente una cupola di grandi dimensioni che fluttua sull’intera sala dando l’impressione di essere slegata dal restante edificio.
“La concezione strumentale dell’architettura sposta i dettagli formali in una posizione di minore rilievo e ne esalta invece le funzioni di identità transitiva. Pone particolare attenzione alla sua capacità di amplificare esperienze legate ad alcune variabili essenziali, come la luce o la gravità, o la mediazione organica tra l’ambiente e il corpo. L’architettura deve attivare i segni della natura in cui è installata e, attraverso di essi, rendere visibili o sperimentabili fenomeni che costituiscono uno sfondo sottostante, e quindi catturarli in qualità di esperienze essenziali nella vita quotidiana. Un obiettivo essenziale dell’architettura, a mio avviso, è quello di valorizzare l’esperienza di quella casa precedente, una casa primordiale. […] Gli obiettivi di qualsiasi progetto non si raggiungono solamente nella bellezza di un oggetto, ma nella sua capacità funzionale di evocare sensazioni ed emozioni essenziali di una vita precedente. Il progetto non si riduce alla creazione di un oggetto inerte o isolato, ma fa da ponte tra l’oggetto stesso e le conseguenze della sua capacità funzionale, come se questo fosse uno strumento musicale il cui scopo è produrre suoni e musica.”
Juan Navarro Baldeweg
Daniele Zerbi
Juan Navarro Baldeweg
JUAN NAVARRO BALDEWEG. Architettura, Pittura, Scultura. In un campo di energia e processo
A cura di Pierre-Alain Croset
18 settembre 2020 – 5 aprile 2021
Museo di Santa Giulia – Via Musei 81/b – Brescia
Instagram: bresciamusei
Caption
Juan Navarro Baldeweg – Courtesy Fondazione Brescia Musei
JUAN NAVARRO BALDEWEG. Architettura, Pittura, Scultura. In un campo di energia e processo – Exhibition view, Museo di Santa Giulia, Brescia, 2020 – Courtesy Fondazione Brescia Musei
JUAN NAVARRO BALDEWEG. Architettura, Pittura, Scultura. In un campo di energia e processo – Exhibition view, Museo di Santa Giulia, Brescia, 2020 – Courtesy Fondazione Brescia Musei
JUAN NAVARRO BALDEWEG. Architettura, Pittura, Scultura. In un campo di energia e processo – Exhibition view, Museo di Santa Giulia, Brescia, 2020 – Courtesy Fondazione Brescia Musei
Pierre Alain Croset e Juan Navarro Baldeweg – Courtesy Fondazione Brescia Musei