Dal 24 novembre 2016 al 21 gennaio 2017 la galleria Luca Tommasi Arte Contemporanea di Milano ospiterà la prima personale italiana dedicata a Joseph Marioni, artista americano noto come uno dei più importanti esponenti del movimento artistico dei radicali. In mostra sei dipinti realizzati dal 2004 a oggi. La pittura di Joseph Marioni non vuole essere categorizzata. I suoi dipinti creano esperienze fisiche concrete e complesse aperte al dialogo con la luce, componente imprescindibile. Abbiamo avuto modo di incontrarlo e fare quattro chiacchiere con lui. L’intervista che segue può aiutarci a comprendere meglio cosa significa esattamente questa affermazione.
Caro Joseph, sei uno degli artisti più rappresentativi del movimento radicale della New York degli anni Settanta. Che cosa significa esattamente appartenere a un gruppo artistico specifico o meglio, dal punto di vista creativo, cosa ti ha portato a questa adesione?
Partirei dalla definizione della parola “radicale” che per sua specificità è in qualche modo legata al termine “radice”. Nella pittura io credo che la radice sia la base da cui nasce l’opera. L’idea del gruppo dei pittori radicali, attivi tra il 1978-79 e sino al 1986-87 (anno in cui li ho incontrati), era banalmente quella di trovare la vera essenza della pittura, il vero nucleo, la sorgente più profonda della sua radice.
C’è una connessione tra i tuoi dipinti e gli artisti appartenenti alla pittura analitica italiana degli anni Settanta?
Posso dirti che le mie principali fonti d’ispirazione sono la ritrattistica del rinascimento italiano, l’espressionismo americano e artisti che io definisco concreti, per lo più europei. I miei dipinti derivano sicuramente dalla ritrattistica tradizionale. Per quanto riguarda l’espressionismo astratto americano e artisti come Rothko, Pollock, Still, Newman… anche loro mi hanno influenzato. Infine il concretismo europeo e artisti del calibro di Lucio Fontana, Piero Manzoni o Yves Klein.

Parlando di artisti europei particolarmente attivi nell’epoca in cui tu hai iniziato a dipingere mi viene in mente l’arte informale e in particolare Jean Faurtier? Cosa mi dici di lui?
Ero interessato alla sua pittura ma non ero influenzato. Quando sono arrivato in Europa ho iniziato a interessarmi al gruppo Zero in Germania e agli analitici italiani. Entrambi erano negli anni Settanta i movimenti artistici correnti in Europa. In America c’era invece l’espressionismo astratto. Ho iniziato a venire in Europa all’inizio degli anni Ottanta (tra l’81 e l’83 per essere precisi) e ho portato con me la “tradizione” di dipingere fuori dall’espressionismo astratto, confrontandomi con il concretismo europeo. Questo era esattamente l’atteggiamento tipico dei pittori radicali. Sia gli espressionisti americani che i concretisti europei erano chiusi al dialogo. Il mio background personale mi ha portato a mescolare le convinzioni principali dei due movimenti trovando un ulteriore sviluppo per la mia arte.
L’inclinazione al monocromo rende i tuoi dipinti meditativi. Puoi confermare questa affermazione?
A dire il vero non sono un pittore monocromo. Tecnicamente monocromo è un pittore che utilizza un solo colore nelle sue opere mentre io, in ogni mia pittura, utilizzo sempre tre o più colori diversi. Questa classificazione è dettata dalla critica che spesso ha la necessità di categorizzare i pittori e che quindi ha deciso di inserirmi nella classe dei pittori dediti al monocromo così come in altre. Io sto cercando solo la vera essenza della pittura, la vera radice. Non mi piacciono le etichettature e non mi appartengono.

A primo impatto i tuoi lavori appaiono semplici, minimali ma io credo che nascondano una visione molto complessa di creatività. In alcuni casi utilizzi più strati di colore per creare il risultato finale. Come mai?
La categoria del monocromo deriva da una visione rapida delle opere. Se osservi un dipinto rosso questo è rosso. Il concetto fratello del monocromo si estende nell’idea di una singola luce. Io costruisco un volume di luce, un volume di colore, allontanandomi dalla tradizione del ritratto. Ho preso le distanze dalla tradizione e con le mie opere non voglio mostrarvi un solo colore ma l’intera personalità del colore, o meglio, voglio rappresentare tutti i colori delle fasi di vita della luce. Osservando i miei dipinti, questi sembrano caratterizzati da una singola luce. Un dipinto blu è sicuramente blu ma ciò che più desidero è presentare la complessità. Voglio che i colori stessi indossino l’archetipico delle loro identità.
Il titolo della mostra è Liquid Light. Mi è sembrato di capire che luce è fondamentale nelle tue opere. Nei tuoi dipinti la utilizzi ricollegandoti più ai pittori rinascimentali o agli espressionisti astratti come Rothko (per esempio)?
Ritengo che i pittori radicali siano probabilmente gli ultimi romantici e Mark Rothko è forse l’ultimo dei pittori legati alla tradizione romantica. Io personalmente appartengo a una nuova generazione. Le sue opere erano chiuse alla luce, le mie invece sono aperte. Lui appartiene ai romantici, io no. Dunque riguardo la mia appartenenza agli uni o agli altri posso solo dirti che sono molto più di entrambi.
Ringraziamo Joseph Marioni per la disponibilità e il tempo che ci ha dedicato.
Flavia Annechini
JOSEPH MARIONI
LIQUID LIGHT
24 novembre 2016 – 21 gennaio 2017
LUCA TOMMASI ARTE CONTEMPORANEA – via Tadino, 15 – Milano
Immagine di copertina: Ritratto di Joseph Marioni – courtesy Luca Tommasi Arte Contemporanea