Il maggiore punto di forza di un progetto come quello di Porto dell’Arte, avviato a Bologna nel 2016 da Irene Angenica e Davide Da Pieve, sta probabilmente nella sfida che lancia ad artisti giovanissimi e ancora in corso di formazione di stabilire una proficua relazione estetica con un ambiente domestico, casalingo, un ambiente che, per quanto funzionalmente neutralizzato per l’occasione, rimane comunque connotato sul piano architettonico. Se la proposta avanzata nella precedente mostra dal toscano Flavio Pacino risolveva la questione dell’adattabilità attraverso l’ergonomia di una struttura flessibile e snodabile, quella di Irene Adorni (Parma, 1990) si basa invece su una presunta memoria dello spazio nel tentativo di colmare, letteralmente, i vuoti di passate relazioni tra chi lo ha praticato. Untold/Unseen è l’operazione che esplora gli aspetti più impalpabili e sottili appartenenti al piano della conoscenza sensibile, di quella che Baumgarten definiva una gnoseologia inferior, ma che nella cultura contemporanea ha assunto una sempre maggiore preponderanza, come del resto stanno a dimostrare le innumerevoli e diversificate esperienze artistiche del Comportamento e dell’Arte Concettuale, di cui Irene è certo una delle più giovani prosecutrici. Un gioco di trasparenze sovrapposte caratterizza l’opera pensata dalla Adorni per Porto dell’Arte, finalizzato a rievocare gli impercettibili processi di relazione tra le persone e le cose, costruendo una sorta di calviniana “città invisibile” che fruitori in carne e ossa sono chiamati a percorrere o ad attraversare.

Queste trasparenze, tuttavia, bagnate da piccole e fredde file di led, rivelano trame astratte e indefinite, come profili di terre e continenti inesplorati, ottenute attraverso un minuzioso sciamare di piccolissimi fori. Alcune fotografie, scattate nel corso delle precedenti mostre tenutesi nel medesimo luogo, hanno offerto all’artista la traccia da cui ricavare queste possibili forme, nel tentativo di rendere graficamente ciò che comunemente definiamo “vuoto” ma che è invero pieno di impalpabili energie, rovesciando così la realtà fisica nel suo negativo. Alla stregua di pixel vacanti, questi puntini si pongono come molecole o particelle di antimateria per una pratica disegnativa o incisoria portata su scala ambientale. Il fenomeno dell’entanglement quantistico, che vede la possibilità di descrizione di un sistema fisico solo come sovrapposizione di più sistemi e che implica la presenza di correlazioni a distanza tra le loro quantità, costituisce la chiave di accesso all’opera, che chiede di essere osservata da molteplici angolazioni alla ricerca di tutte le possibili interconnessioni tra i suoi elementi. Sulla stessa logica si basa anche la suggestiva traccia sonora diffusa nell’ambiente, una sovrapposizione di voci preregistrate che degrada per risonanza, alla maniera di Alvin Lucier, e che svolge sul piano dell’ascolto, nella dimensione del tempo, il gioco di inversione tra pieni e vuoti, tra presenza e assenza, già assicurato alla dimensione dello spazio.
Pasquale Fameli
IRENE ADORNI
UNTOLD / UNSEEN
25 maggio – 27 maggio 2017
h 18:00-22:00
PORTO DELL’ARTE – via del Porto, 34 – Bologna
Immagine di copertina: Untold/Unseen, 2017 – legno, lucidi, led, suono, installazione site-specific – courtesy Porto dell’Arte