T è uno spazio incastrato in un altro spazio, uno spazio espositivo entrato in uno studio di fotografia.
T è un rapporto simbiotico, arte e lavoro convivono.
T è la nostra autonomia.
T è t-space.
T是一横一竖,一个展览空间架在一个摄影工作室之上。
T是一种共生关系,情趣与劳动并存。
T是自食其力。
T是t-space。
T-space è un artists run space fondato da Rui Wu (Pechino, 1991) nel febbraio del 2016, in via Bolama 2 a Villa San Giovanni (MI).
Entrati in un condominio, attraversato il cortile, si accede alla sede espositiva, oltre questo spazio vi è lo studio fotografico.
Abbiamo intervistato il suo fondatore per sapere di più su le origini dello spazio e sulle scelte artistiche-curatoriali.
Qual’è l’origine del nome t-space? Com’è nato e da che esigenze.
Possiamo pensare T sia una ideogramma cinese, dalla sua composizione si può capire che questo segno significa equilibrio, supporto e comunicazione. Si può pronunciare come tea space. Il progetto è nato dal bisogno e dal desiderio di unire la nostra ricerca artistica e il nostro lavoro per creare un’utopia realizzabile ed economicamente sostenibile. A livello pratico, abbiamo “mischiato” un studio fotografico con uno spazio d’arte indipendente.

Ci sono degli elementi che accomunano gli artisti e i curatori che inviti a lavorare nel tuo spazio?
Solitamente invitiamo le persone che ci incuriosiscono e che vogliamo conoscere meglio. Sono principalmente giovani che non riescono ancora a sostenersi pienamente con il guadagno del loro lavoro artistico, come noi.
Lo scorso aprile, in occasione di miart, avete realizzato un progetto – Casus Belli di Jean-Charles Remicourt Marie – in collaborazione con lo spazio milanese: Current. Era la prima volta che lavoravate con un altro project space? Qual’ è il rapporto che avete instaurato con le altre realtà non profit e artists run spaces della città di Milano?
È la prima volta che lavoriamo in collaborazione con un altro spazio in questo modo, entrambi abbiamo un’identità da project space. Non abbiamo una “diplomazia” formale con gli altri spazi, le relazioni si basano su rapporti di amicizia. Ci incontriamo per le inaugurazioni, parliamo di molte cose e condividiamo progetti e idee.
Perché hai deciso di fondare uno spazio senza scopo di lucro piuttosto che una galleria d’arte? Deriva da una scelta etica o da una scelta forzata? Quale pensi sia il ruolo di questi spazi all’interno del sistema artistico nazionale e internazionale? Ti andrebbe di raccontarci qualche differenza tra il mondo dell’arte del tuo paese d’origine e del tuo paese d’adozione?
Sono molte domande in una, provo a rispondere a tutte. t-space è uno spazio composto da due parti: una sede dedicata alle esposizioni d’arte e uno studio commerciale di fotografia. Lo spazio espositivo non ha scopo di lucro perché lo studio compie già questa funzione. Per quando riguarda l’idea di fondare una galleria commerciale, penso di non avere sufficiente risorse per farlo in questo momento. Quando una persona ha duemila euro non pensa di investirli in borsa, se avesse invece due miliardi da gestire il mercato finanziario potrebbe essere una buona idea. La nostra scelta comunque è una scelta rischiosa, realistica e razionale. Diciamo che ci muoviamo liberamente all’interno dei nostri limiti.
Gli spazi come i nostri, all’interno del sistema dell’arte contemporanea, possono apparire come dei Kamikaze. Bisogna però considerare il fatto che posso anche stare fuori da questo mondo ristretto, ovvero stare in un universo più grande del sistema dell’arte contemporanea.
Riguardo la Cina, devo ammettere che non conosco bene la situazione del “loro” mondo dell’arte. In Oriente c’è un grande sviluppo in molti settori che si muove in maniera proporzionale rispetto la crescita economica del paese. Si può paragonare la Cina all’Occidente degli anni Cinquanta, sia a livello di ricerca estetica sia a livello socio-economico, è un periodo di forte crescita economica per il paese e si basa tutto sulla velocità della produzione.

Riguardo gli eventi futuri di t-space, mi hai confessato che siete in cerca di un nuovo modello di programmazione, qualcosa di più efficace, vivace e giovanile rispetto la classica mostra. Perché siete arrivati a questo tipo di considerazione e come vorresti superare questo format?
Tenere uno spazio ben allestito per un mese intero quando, al di fuori dell’opening, si ricevono massimo quattro visitatori è come tenere il servizio di porcellana della nonna in vetrina. Ci sono tanti spazi che lavorano in questo modo, quindi non stiamo occupando il vuoto, non stiamo facendo una cosa che non fa nessuno. La soluzione non c’è ancora. Magari dobbiamo praticare l’arte in modo meno performativo, particolarmente nella parte di comunicazione. Magari dobbiamo praticare l’arte dando meno importanza al pubblico e fare invece qualcosa che abbia più importanza per chi la produce, uscendo così dalle dinamiche di fruizione passiva museale e dalle dinamiche commerciali delle gallerie che, essendo noi no profit, non ci appartengono. Ci piacerebbe quindi adottare un format che prediliga la parte di creazione, dando più importanza al produttore che al fruitore senza avere l’ambizione o la pretesa di dover fare qualcosa che dia dei risultati.
Intervista realizzata da Irene Angenica
T-SPACE – Via Bolama, 2 – Milano
Immagine di copertina: Rui Wu, courtesy l’artista