220 WS, 12534 NY è il titolo della mostra personale di Alice Paltrinieri, realizzata a cura di Benedetta De Rosa, visitabile, fino all’otto settembre, presso la sede espositiva della Galleria Ramo a Como.
220 WS, 12534 NY Hudson è l’indirizzo in cui ha vissuto l’artista tra il gennaio e il febbraio del 2019 e il soggetto da cui partire per andare alla scoperta di un mondo poetico, di una volontà espressiva dove il tempo si fonde e il mondo genera senso a partire da piccoli dettagli.
Il titolo della tua mostra: un indirizzo; la curatrice: un architetto; tutto ruota attorno a un luogo, alle tracce di un vissuto in un perimetro esistenziale dove lo scorrere del tempo si fa carico di senso. Come il tuo fare estetico dialoga con gli spazi che hai vissuto? per quali motivi hai deciso di portare a Como questa tua esperienza americana?
220 WS, 12534 NY è l’indirizzo della casa dove ho vissuto per due mesi lungo il fiume Hudson a nord di New York. È stata un’esperienza molto intensa che mi ha segnato profondamente; con Benedetta e Simon è nata una interessante riflessione riguardo lo spazio architettonico e le stelle grazie alla loro sensibilità nei confronti del mio lavoro e abbiamo ritenuto che la Galleria Ramo fosse il posto giusto per ospitarlo.
Le opere in mostra sono state tutte realizzate in quell’appartamento a eccezione della scultura che è una rielaborazione di una parte di finestra dell’appartamento americano che mi ha permesso, successivamente, la creazione di un oggetto architettonico nuovo.
Il mio primo approccio con un luogo è sempre furtivo, silenzioso e rispettoso, registrarne dei dettagli mi permette di avere una maggiore connessione con esso, di conoscerlo e di comprenderlo.
Il primo progetto su un luogo dove ho trascorso del tempo ha coinvolto la mia casa di famiglia nella quale ho ricalcato, con la tecnica del frottage, l’intera planimetria del salone, registrato suoni, fotografato dettagli e raccolto pezzi di edificio con i quali ho successivamente realizzato delle installazioni (SC.D, int.3).
L’architettura determina un luogo che può appartenere a tutti o essere un rifugio intimo, è uno spazio delimitato, quindi limitato, ed è un ottimo punto di partenza per cominciare a discutere di Limite, tematica che credo attualmente sia un problema di cui doverci occupare.
Siamo oggi in un epoca dove la microemotività poverista e stata sostituita da quella che potremmo definire una tattile microaffettusità. Da quali esigenze nasce il tuo poetico riappropriarsi di particolari minimi che evidenziano lievi ma dense tracce di un vissuto?
Nasce dalla mia attenzione verso il dettaglio.
Un oggetto visto da vicino viene decontestualizzato poiché la sua funzione viene meno e quella che si crea è un’immagine astratta data dal dettaglio della materia. In questo modo le nostre nozioni decadono lasciando spazio a una maggiore connessione con il soggetto.
Questo estraniamento aumenta il senso di precarietà e di limite che rende urgente la mia cura per le cose che mi circondano rendendole il mio strumento di ricerca.
Se guardi con attenzione tutto è un cielo stellato.
Muovendosi per lo spazio espositivo – è possibile faro anche virtualmente grazie al sito della galleria – si ben percepisce come la mostra oscilli fra presente e passato. Opere in piena sintonia con l’estetica attuale generano uno spazio unitario che in alcuni casi rende presenti e aggiornate soluzioni estetiche e tecniche proposte da correnti artistiche dei decenni trascorsi. Quale il tuo rapporto con l’arte che ti ha preceduta e con le pratiche produttive?
Gli artisti e le opere del passato fanno parte del mio lavoro, mi aiutano in una valutazione più consapevole del mio fare e a riflettere sulla mutazione dell’eredità artistica.
I riferimenti possono essere molteplici, dai calchi di Rachel Whiteread, i buchi di Gordon Matta Clark, i Drawing Restraint di Matthew Barney, le assenze di Bruce Nauman e molti altri.
La mostra non racconta solo uno spazio americano ma lo trasporta in un fortemente caratterizzato edificio comasco. Come hai sviluppato l’incontro fra due stili culturali e architettonici differenti?
La sovrapposizione di due o più luoghi permette la rielaborazione di essi e del mio vissuto.
Provo a intraprendere un processo che aumenti la percezione dello spazio e dei suoi componenti; questa stratificazione da inoltre inizio a un nuovo contenuto e a nuovi elementi installativi.
L’architettura ha origine in un luogo preesistente e si genera con esso o intorno a esso, la percezione spaziale non è più quindi quella precedente ma assume significati differenti.
In questa mostra due architetture geograficamente lontane tra loro si incontrano per influenzarsi l’un l’altra, una volta uscite dai loro confini sono meravigliosamente ingovernabili.
Quale sarà il ricordo più intenso di questa mostra alla Galleria Ramo e quali sono i tuo progetti per il futuro?
Il rumore dell’elica nella scultura in vetroresina e Lawrence.
A cura di Marco Roberto Marelli
Alice Paltrinieri
220 WS, 12534 NY
a cura di Benedetta De Rosa
Galleria Ramo – Via Natta, 31 – Como
Instagram: galleriaramo
Caption
Alice Paltrinieri, 220 WS, 12534 NY – Vervissage, Galleria Ramo, Como, 2019 – Courtesy Galleria Ramo
Alice Paltrinieri, 220 WS, 12534 NY – Installation view, Galleria Ramo, Como, 2019 – Courtesy Galleria Ramo
Alice Paltrinieri, 220 WS, 12534 NY – Installation view, Galleria Ramo, Como, 2019 – Courtesy Galleria Ramo