Société Interludio è un progetto ideato e diretto dalla curatrice Stefania Margiacchi (1990) e dall’artista Paul De Flers (1988). Sito al piano nobile di un palazzo torinese di primo Novecento, offre uno spazio abitativo fortemente connotato aperto al dialogo e al confronto fra artisti e con il pubblico.
In occasione di Vie di Fuga – atto espositivo visitabile fino al 16 giungo – abbiamo dialogato con i fondatori dello spazio per meglio comprendere la mostra e il loro progetto culturale.
Con Vie di Fuga ha aperto al pubblico il secondo progetto espositivo di Société Interludio. Quali scopi si prefigge la vostra realtà e cosa vi ha condotto alla scelta di questo nome?
Paul De Flers: Société Interludio nasce come progetto curatoriale per Stefania e come progetto artistico per me. Avevamo da diverso tempo l’idea di aprire un luogo per ricerca artistica e i nostri diversi percorsi di formazione facevano sì che, inevitabilmente, qualsiasi progetto si andasse ad aprire avesse di per sé una doppia natura; e non solo per il fatto che io sia un artista e Stefania una curatrice ma anche per un fatto di sguardo: se io sono da sempre affascinato dall’arte figurativa e brut, Stefania guarda di più alle ricerche di stampo concettuale. Avendo gusti così diversi, sapevamo, sin dall’inizio, che avremmo avuto una programmazione lenta e focalizzata su pochi artisti. Diversamente, ci accordiamo molto facilmente su come mettere in valore l’artista – dalla scelta, all’allestimento, fino alla presentazione della mostra.
Abbiamo pensato che il nome di Société Interludio riflettesse bene questa realtà: ovviamente la doppia natura franco-italiana ma, soprattutto, l’atmosfera che si veniva a creare intorno all’artista. Infatti société è da intendersi non vicino a un significato amministrativo o economico, bensì nel senso più arcaico di un gruppo di persone che si uniscono per interessi culturali comuni. Rimanda dunque alla possibilità di concentrarsi sull’artista e sull’opera perché l’ambiente privato del luogo e la lentezza del calendario permette di ritrovarsi en société per discutere delle opere assieme e, spesso, in presenza dell’artista. Ci piaceva giocare sullo slittamento semantico di interludio, dalla musica all’arte, per esprimere l’idea di uno spazio che offrisse un intervallo artistico all’interno della vita quotidiana: come una subordinata che ha vita propria rispetto alla frase principale.
Andrea Barzaghi, Sebastiano Impellizzeri e Davide Mancini Zanchi invadono, fino al 16 giugno, gli spazi della vostra sede espositiva. Quale idea curatoriale vi ha condotti a selezionare tre artisti che propongono modalità differenti attraverso cui concepire oggi la pittura?
Stefania Margiacchi: Un punto d’interesse comune, che in un certo qual modo diventa anche una parte fondante di tutto il nostro progetto, è l’attenzione al medium pittorico. Il nostro modus operandi vede sempre la costruzione dell’intero progetto mostra con gli artisti con i quali siamo in dialogo. In questo abbiamo invitato tre pittori che partono da un medesimo punto di partenza per giungere, poi, a delle conclusioni completamente diverse l’una dall’altra: da qui il titolo Vie di fuga. Se Andrea Barzaghi conduce la sua ricerca dentro la tela, dove sintetizza una pluralità di stili pittorici, Davide Mancini Zanchi fa della fase di imprimitura del supporto un vero e proprio dipingere; in questo modo, grazie a una base fluida di preparazione, sul retro emergono tutti i passaggi pittorici, si intravede la stratificazione del colore che si secca sulla tela e si può anche avere una sommaria lettura del fronte del quadro.
Valore aggiunto è stato il loro riflettere sul luogo. Mancini Zanchi decide di pensare a dei quadri che vadano a “incastrarsi” alle finestre, rivolgendo la superficie dipinta verso l’estero, dando così la possibilità di far vedere il retro verso lo spazio espositivo, mentre il fronte non viene nascosto ma, anzi, viene rivolto verso la città. Sebastiano Impellizzeri decide di sintetizzare la ricerca di oltre due anni (mappe che rappresentano i battuage) in un paravento realizzato ad hoc per l’esposizione. Se il fronte del paravento mostra i luoghi nascosti degli incontri sessuali, il retro racconta quello che vi accade. Ci si allontana così dalla superficie quadro, anche se sono a tutti gli effetti “quadri” quelli di Mancini Zanchi alle finestre e lo sono, altrettanto, quelli di Impellizzeri nel fronte e nel retro del paravento, come sottolinea anche Vincenzo Estremo nel testo che accompagna la mostra.
Vie di Fuga è arricchita da un intenso scritto di Vincenzo Estremo in cui l’autore fa riferimento al testo di Peter Weibel che introduce il catalogo della mostra Condición Postmedia, realizzata presso il Centro Cultural Conde Duque di Madrid nel 2006. Parafrasando Weibel, secondo voi il successo dei nuovi media risiede non nelle possibilità introdotte ma nel fatto che ci abbiano resi in grado di approcciare, in modo nuovo, i vecchi media artistici?
PDF: Dalla nostra apertura a oggi, abbiamo lavorato con sei artisti, tre dei quali hanno utilizzato i nuovi media per alimentare la loro estetica. Ciò non è al centro della loro ricerca ma hanno saputo introdurre, in classici mezzi artistici, le possibilità visive dei nuovi media, credo sempre in modo sussurrato e adatto ai loro rispettivi linguaggi. Penso che i nuovi media siano per questi artisti un enorme archivio in cui, ogni tanto, possano trovare forme di rappresentazione che li ispira.
Internet, in effetti, non crea assolutamente niente, se non un approccio diverso a cose preesistenti. Per caricaturare, direi che i nuovi media sono diventati essenziali nel percorso di presentazione del lavoro o della mostra al pubblico per noi come per gli artisti, ma che nell’essenza del lavoro rappresenta solo un’estensione delle potenziali risorse d’ispirazione.
In questi ultimi anni si è sviluppata una significativa tendenza che conduce giovani galleristi a realizzare i propri progetti in prestigiose dimore. Quali esigenze vi hanno portato a scegliere, come sede espositiva, alcune stanze al piano nobile di un palazzo del primo Novecento in Piazza Vittorio Veneto?
SM: Quando ci siamo trasferiti a Torino, la nostra intenzione era quella di trovare un’abitazione che si prestasse anche a spazio espositivo. Non essendo del territorio era per noi fondamentale potersi inserire in una zona centrale. Onestamente, quando abbiamo visitato l’attuale sede di Société Interludio, non abbiamo esitato un secondo: era il luogo giusto dove dar vita a questo nostro progetto. Il fatto che lo spazio non fosse white cube ma che, anzi, fosse fortemente connotato dalla sua storia architettonica e dal suo essere vissuto, ci piaceva e ci stimolava. Inoltre, avevamo già studiato la scena galleristica delle home galleries torinesi e sapevamo che c’erano dei precedenti storici – Christian Stein, Giorgio Persano, etc. – che ci permettevano di inserirci in una tradizione che, chiaramente, poteva essere rivisitata a seconda delle nostre esigenze. Questo luogo ci sta permettendo di sviluppare momenti di condivisione e di convivialità quotidiana che non so quanto sarebbero possibili in una galleria su strada. Société Interludio non è solo uno spazio espositivo ma è anche un luogo di incontro, di scambio e di condivisione.
Quali progetti avete per il futuro?
PDF: il 16 giugno ci sarà il finissage di Vie di fuga. Ci prendiamo i mesi estivi per approfondire il panorama artistico emergente italiano e straniero: saranno per noi mesi di studio visit e confronti con artisti, curatori, critici d’arte. A settembre riapriremo la programmazione con AFTERWORK, una parentesi privata all’interno della programmazione artistica dello spazio. Questo progetto è studiato ad hoc per presentare gli artisti che in futuro collaboreranno con lo spazio, un’occasione per vedere le loro ultime produzioni e conoscere i progetti futuri. Negli allestimenti pensati per i brevi studio visit, gli artisti sono chiamati a riflettere sulla loro produzione nello spazio espositivo dove il pubblico è invitato a un confronto diretto con l’artista e il suo lavoro in una fase di evoluzione. A fine ottobre, invece, inaugureremo la nuova mostra che aprirà il nostro secondo anno di programmazione.
A cura di Marco Roberto Marelli
Andrea Barzaghi, Sebastiano Impellizzeri, Davide Mancini Zanchi
Vie di Fuga
A cura di Stefania Margiacchi
Testo di Vincenzo Estremo
16 marzo – 16 giugno 2019
Société Interludio – Piazza Vittorio Veneto, 14 – Torino
Instagram: societeinterludio
Caption
Vie di Fuga – Exhibition view, Société Interludio, Torino, 2019 – Courtesy Société Interludio, ph GSR