Entrare in galleria e ritrovarsi in spiaggia, non è una cosa da tutti i giorni. Tuttavia non c’è sabbia e non ci sono neanche i colori tipici e sgargianti degli ombrelloni e dei braccioli per bambini. Sin da subito lo scenario appare decisamente atipico, eppure così familiare e quotidiano. È così che ci accolgono le installazioni di Iacopo Pinelli nella sua mostra personale Sui corpi galleggianti alla Shazar Gallery, nel cuore di Napoli, a cura di Valentina Muzi.
Gli oggetti spiaggiati – un ombrellone rotto, braccioli e diversi galleggianti – sono poggiati con naturalezza sul pavimento, quasi una scena di vita quotidiana di una qualsiasi cittadina di mare. Al di là dell’anomalia del luogo in cui le opere sono situate, la decontestualizzazione è ancor più sottolineata dal materiale di cui sono costituiti gli stessi oggetti. La naturalezza e leggerezza usualmente associata alla spensieratezza estiva è sostituita dalla pesantezza e dal grigiore del cemento e del piombo. Ecco che gli oggetti galleggianti perdono la loro primaria funzione, in totale disaccordo con il principio di Archimede dal cui omonimo libro la mostra prende il titolo.
Come in tutti i suoi lavori, Iacopo indaga il vissuto quotidiano e le sue installazioni sono la trasposizione della sua personale visione sulla condizione dell’uomo contemporaneo. Il contrasto tra l’apparente levità e l’innegabile pesantezza materiale degli oggetti presentati rappresenta l’impossibilità dell’uomo di modificare situazioni e condizioni della vita.
Questa particolare riflessione ha avuto inizio dalla personale esperienza vissuta durante la situazione pandemica, nel corso della quale Iacopo era solito fare lunghe passeggiate sulla spiaggia.
La scelta dei materiali pesanti come il cemento e il piombo – di cui è costituito un solo elemento dell’esposizione – fa perdere la giusta funzione agli oggetti presentati che, invece di galleggiare, affondano. La defunzionalizzazione dell’oggetto artistico, retaggio delle avanguardie, è alla base dell’operato artistico di Pinelli, la cui volontà è quella di creare dei cortocircuiti visivi in modo da risvegliare il fruitore e suscitare, così, riflessioni e interrogativi. In effetti, di cortocircuiti visivi se ne evidenziano diversi, come ben sottolinea la curatrice Valentina Muzi, a partire proprio dal titolo dell’esposizione.
Le installazioni sono accompagnate da un apparato espositivo parietale in cui sono presentate le “pitture di sole”. Della pittura in realtà non hanno nulla, sono piuttosto collegate al criterio di base delle fotografie, ovvero quello di imprimere l’impronta di un oggetto su di un supporto con la luce. Queste “pitture” sono composte da gommapiuma sulla quale è stato posizionato un oggetto lasciato per ore all’esposizione degli agenti atmosferici e ai raggi del sole, il tempo di attesa varia a seconda del grado di saturazione che l’artista è intenzionato a raggiungere nel caso specifico.
Queste particolari superfici sono allestite in “scrigni” di ferro muniti di anta il cui compito è quello di custodire. Al pari di un album fotografico, le immagini ottenute dall’esposizione al sole devono essere conservate e guardate solo nel momento in cui si vuole richiamare alla memoria quel ricordo. Infatti, al concetto di custodire si aggiunge la preziosità intrinseca dell’immagine, la cui natura è effimera a tal punto che il suo utilizzo ne comporta il deterioramento. La luce che ha generato quelle immagini – con la stessa forza e intensità – ha anche il potere di distruggerle.
All’interno degli spazi della Shazar Gallery si origina, in questo modo, un contrasto tra la pesantezza materiale degli oggetti installativi – spiaggiati e abbandonati – e la leggerezza dell’effimera immagine creata dalla luce. In entrambi i casi, l’elemento della quotidianità è essenziale ed è sottolineato proprio dalla tipologia degli oggetti rappresentati.
La riflessione che ne scaturisce pone un accento critico sulla società contemporanea ormai dotata di un peso che non le permette di rimanere a galla. Ciò nonostante, la sua immagine effimera è impressa su di una superficie povera e precaria, che ne evidenzia, allo stesso tempo, la sua preziosità. Non resta, dunque, che custodire queste flebili impronte di oggetti memori di un ordinarietà semplice.
Martina Campese
Iacopo Pinelli
Sui corpi galleggianti
A cura di Valentina Muzi
22 aprile – 12 giugno 2021
Shazar Gallery – Via Pasquale Scura 8 – Napoli
Instagram: iacopo_pinelli
Caption
Iacopo Pinelli, Sui corpi galleggianti, 2021 – Exhibition view, Shazar Gallery, Napoli – Courtesy Shazar Gallery