Sono sette i messaggeri che accompagnano il figlio del re a scoprire i confini del regno, portatori di ambasciate che non arriveranno mai a destinazione. L’affresco immaginifico è quello descritto dalla penna di Dino Buzzati nel racconto I sette messaggeri, contenuto in La Boutique del mistero, testo che diventa fonte di nuove suggestioni negli spazi di Marsèlleria.
Gli artisti, diversi per generazione e linguaggi, sono invitati a disegnare il filo di una nuova narrazione nella mostra I sette messaggeri, curata da Ilaria Marotta e Andrea Baccin (CURA).
Francesco Arena, Paolo Canevari, Patrizio Di Massimo, Daniele Milvio, Andrea Sala, Francesco Simeti e Nico Vascellari si fanno portatori di un personale messaggio, innescando un dialogo tra tempo e memoria, immaginazione, realtà e incursioni nella storia dell’arte, affidando al pubblico/lettore la libertà interpretativa e il potere della traduzione.
Le sequenze narrative scorrono in un continuo alternarsi di ispirazioni e impressioni. Vascellari e Arena indagano le possibilità della visione riflettendo sul ruolo del pubblico. True Faith di Vascellari è una struttura in acciaio, che tradizionalmente sorregge i cartelloni pubblicitari. L’immagine è sostituita da solide foglie fuse in bronzo e da una telecamera a circuito chiuso, posta sul retro, che riprende e proietta se stessa. L’opera conserva quel potere trasformativo che ne muta i confini, tipico della pratica dell’artista. Come dissolti, sono i confini di Arena in 1kg di terra di Lampedusa in 175,49 mq, della terra autentica, depositata sul pavimento, diventa simbolo di frontiera e approdo in quel crocevia di incontri, scambi e migrazioni che è l’isola. La sua è una ricerca formale capace di contenere temi storici e fortemente identitari.

Milvio e Canevari si muovono tra memoria e assenza, tra processi di nascondimento e rivelazioni. Quando vedi il mare frena di Milvio è una portantina costruita con materiali poveri (legno e juta) e con dettagli in bronzo su cui sono stampati elementi recuperati nell’immaginario fantastico gotico-medioevale. La portantina è vuota, l’esperienza dell’assenza conferisce alla presenza la sua struttura, le assegna una forma come in Monument of the memory di Canevari. I libri si fanno sculture, sette come i messaggeri, illeggibili perché neri, sottraendo così la possibilità della visione e innescando una riflessione sulla “impermanenza” e la transitorietà dell’arte. Le attribuisce quel valore collettivo in cui, il pubblico ha la facoltà di decifrare e immaginare un contenuto possibile.
Rivelatorio è il viaggio tra le cose di Sala e Simeti. Il trittico di Sala, La Latteria, La Scuola e La Cucina è costituito da tre suole di scarpe di formica colorata dalle dimensioni esagerate, fissate a parete. L’artista è abituato a recuperare i soggetti delle sue opere direttamente dalla quotidianità, l’ossessione per la materia e il rapporto tra le dimensioni, costituiscono l’elemento fondante di una pratica in dialogo costante tra immaginazione e realtà. Curtain di Simeti è una tenda, la cui superficie diventa una griglia in cui inserire elementi visivi presi da fonti diverse. Paesaggi prerinascimentali, prelievi da erbari settecenteschi o di gusto orientalista sono affiancati a fotografie di battaglie e conflitti recuperate dalle pagine del New York Times. L’arazzo è espressione di una stratificazione di storie e di mondi, in critica, soprattutto, con l’attuale politica americana.
The awakening, realizzata da Di Massimo, è l’opera che più di tutte rimanda al passato per valenza formale, pittorica e storiografica, perché recupera un soggetto classico come Giuditta e Oloferne. Tradizionale è l’impianto compositivo che taglia in due la scena in cui la figura femminile nuda è colta in tutta la sua espressività. Il richiamo alla scenografia è forte come il linguaggio, tutto contemporaneo, caratterizzato da uno stile caricaturale dei soggetti presi dall’ambiente famigliare dell’artista.

Le diverse edizioni del racconto di Buzzati, esposte nel percorso espositivo, svelano all’interno i segnalibri realizzati dagli autori, tutti diversi, come il loro linguaggio.
I sette messaggeri è un racconto nel racconto. Nasce da una storia ma attiva altre traiettorie che si sviluppano in un’incursione affascinate tra passato e presente, tra reale e immaginato.
Il pubblico diventa agente attivo in grado di tracciare nuovi itinerari narrativi in un processo di continua alternanza tra evidenze e disvelamenti. I messaggeri/artisti si fanno mediatori, testimoni e suggeritori di quel processo di costruzione della memoria.
Elena Solito
I SETTE MESSAGGERI
A cura di Ilaria Marotta e Andrea Baccin (CURA)
Assistant curator Leonardo Caldana
5 luglio – 8 settembre (sabato e domenica su appuntamento)
MARSÈLLERIA – via privata Reiza, 2 – Milano
Immagine di copertina: I sette messaggeri – installation view, Milano, 2017 – courtesy Marsèlleria, ph. Sara Scanderebech