Stonehenge è un complesso di grandi monoliti che si erge vicino a Amesbury. La sua imponente sagoma, che si staglia nella campagna inglese, è il risultato più imperscrutabile ed enigmatico di una civiltà preistorica ormai scomparsa.
La traccia del suo passato è il prodotto di una laboriosa ricostruzione contemporanea: nel secolo scorso, archeologi e costruttori hanno riscavato, pulito e riposizionato i grandi blocchi di gneiss conferendo al sito, in maniera controversa, quello che è l’attuale e nuovo aspetto. Ciò che vediamo è pertanto il risultato di due popoli distanti ere tra di loro, con rituali e obiettivi differenti, che si uniscono attorno allo stesso monumento e sotto lo stesso cielo.
La mostra Huella di Nil Nebot (1993, Barcellona) ha in parte la stessa scintilla vibrante di Stonehenge. Tra le mura industriali del Centro di Arte e Cultura Espronceda di Barcellona, il giovane artista costruisce un nuovo paesaggio naturale: una installazione circolare di pietre e sassi si estende sull’intero pavimento della prima sala. Una grande impronta che obbliga lo spettatore a scegliere se stringersi lungo le pareti della galleria per poter proseguire la visita o attraversare l’opera, camminando, pestando e muovendo le stesse pietre che la compongono. Tra di esse, ci sono piccoli pezzi di carbone con i quali possiamo intervenire, disegnare o lasciare una semplice traccia.
Nella seconda sala si presenta, su piedistalli bianchi, il vero frutto del dialogo tra l’artista e la natura: le sue pietre dipinte. Nil crea i suoi dipinti lavorando non tanto secondo la natura, ma come la natura: abbandona il principio dell’imitazione, che è stato per secoli l’orizzonte delle belle arti e lo stesso inizio delle pitture rupestri primitive, per dedicarsi a geometrie e stilizzazioni molto più simili alle immagini dell’intorno contemporaneo della nostra società.
Per creare queste pitture, il giovane artista, segue un rituale quasi d’isolamento, abbandonandosi prima nella natura e nella sua contemplazione per poi silenziosamente meditare e dipingere. Lontano dalla città, in un laboratorio che lui stesso ha costruito con materiali naturali, Nil stabilisce un dialogo tra tecnica, spazio, forma e colori. I pigmenti e gli strumenti che utilizza sono materiali che incontra nelle sue passeggiate o nei boschi.
La mostra si conclude con due progetti: il primo è Corrente, un video che mostra la realizzazione di una delle sculture site specific. Grandi tralicci di 4 e 6 metri, fatti di bambù, che svettano nell’orizzonte della Sierra de Collserola, si oppongo a quelli artificiali. Mentre le torri elettriche sono solo costruzioni di sostegno ai fili d’energia per la città, la connessione con le torri artistiche è rivolta alla terra e alla sua energia naturale.
Il secondo è un progetto work in progress: un archivio di materiali, per lo più piccoli sassi, che sono stati manipolati dall’uomo. Quasi casualmente, durante una delle sue escursioni, l’artista si è accorto di come altre persone usassero, senza alcun motivo apparente, le pietre come materiale di espressione artistica (disegnandoci sopra o scolpendole) o di sperimentazione (rompendole o affilandole). Una scoperta che ha permesso all’artista di capire come la sua esigenza creativa sia in realtà intrinseca e comune nell’animo umano.
A quarant’anni giusti dalla mostra Earthworks di Robert Smithson alla Dwan Gallery di New York, dove si diede luce al termine LandArt e che diede inizio allo suo sviluppo internazionale, è interessante vedere come le stesse pratiche e le medesime pulsioni siano tuttavia attuali. In un mondo social, globalmente connesso, in continua evoluzione e crescita, c’è uno spirito creativo che ricerca la solitudine, l’isolamento, la ciclicità naturale delle cose.
Come negli anni settanta, si sradica il concetto di opera d’arte tradizionale e il fare diventa “progetto”, uscendo dallo spazio espositivo convenzionale e cambiando il ruolo del visitatore, non più soltanto soggetto che vede e basta, ma agente che partecipa, chiamato a comprendere l’opera, entrarne dentro e farne parte.
La mostra, curata da Ilaria Termolino (ora in residenza a Espronceda), diventa il pretesto per riflettere anche sull’importanza ecologica dei nostri atti, inserendosi all’interno di altri progetti che coinvolgono la città di Barcellona.
In Huella non è interessante la novità di quello che si rappresenta ma il ripresentare nuovamente qualcosa che è ancora attuale.
Marco Tondello
Nil Nebot
Huella
a cura di Ilaria Termolino
11 gennaio 2019 – 25 gennaio 2019
ESPRONCEDA – Center for Art & Culture – Carrer D’Espronceda 326 – Barcellona
Instagram: neo_rupestre
Caption
Nil Nebot, Huella – Opening, Centro di Arte e Cultura Espronceda – Ph Vitor Schietti
Nil Nebot, Huella – exhibition view – Ph Marco Tondello
Nil Nebot, Huella – Opening, Centro di Arte e Cultura Espronceda – Ph Vitor Schietti