Simon Fujiwara, un labirinto di Make-Up alla ricerca del paradiso

C’è un principio di smarrimento nel perdersi in un labirinto. C’è un principio di smarrimento nel vivere in una capitale europea nell’epoca della globalizzazione. Lo sa bene Simon Fujiwara (1982), artista di origine giapponese, nativo britannico, che ha deciso di mettere le sue radici a Berlino. Attraverso una vasta gamma di tecniche, in grado di spaziare dalla pittura alla performance, Fujiwara ha sempre cercato di cogliere di questa capitale le fattezze, i sentimenti, le emozioni.
È la Berlino del ventunesimo secolo ad essere protagonista dell’istallazione presentata presso la Galleria Giò Marconi a Milano. Una Berlino che si propone non con una cartina di strade e vie illuminate dai lampioni sui marciapiedi, ma con un labirinto intricato investito da fasci di luce al neon che si attivano al solo passaggio.

Simon Fujiwara
Simon Fujiwara – Heaven, 2017 – Installation view – Giò Marconi, Milano – courtesy the artist, Giò Marconi, Milano – ph Filippo Armellin

A dettare il cammino lungo il procedere dei corridoi, sono le opere appartenenti alla serie Masks. Realizzate con una tecnica insolita, come può esserlo il make-up su tela di lino, i lavori dell’artista scandiscono un percorso: non una mappa di nomi e numeri ma di frammenti di pelle. Sono come cellule. Parti di un volto che è immagine della città stessa in una personificazione metonimica. Utilizzando il trucco usato dalla cancelliera Angela Merkel, Simon Fujiwara ne riprende la forma del viso in mille riproduzioni irriconoscibili e indipendenti. Come irriconoscibili e indipendenti da un insieme globalizzato, sono le vite quotidiane di chi oggi vive immerso in un sistema di democrazie capitaliste.

Dalle opere, dalla struttura dell’istallazione stessa, emerge così la riflessione sulla condizione contraddittoria dell’individuo. L’artista anglo-giapponese indaga concetti in opposizione caratterizzanti il nostro tempo: la libertà che si deve confrontare con il controllo, la partecipazione fittizia che si trasforma in chiusura individuale. Il labirinto pone allo spettatore un quesito: la scelta della direzione in una spasmodica ricerca di un’uscita o di un centro segreto in cui trovare un nuovo paradiso. Eppure questa possibilità di prendere una decisione non è per nulla reale, è dettata delle direzioni che non possono essere variate, già stabilite. Immerso nel suono di un sottofondo musicale, lo spettatore rivive una condizione di consapevole presenza fisica. Non si accorge però, almeno a un primo sguardo di disattenzione, di essere invece isolato. Inserito in un contesto estraneo, modificato da una percezione, che, nell’attenzione, pone di fronte alla resa ingigantita di particolari minimi.

Simon Fujiwara
Simon Fujiwara – Heaven, 2017 – Installation view – Giò Marconi, Milano – courtesy the artist, Giò Marconi, Milano – ph Filippo Armellin

Non con un intento di critica o di spiegazione ma con una semplice finalità narrativa e di constatazione, Simon Fujiwara illustra, attraverso la pittura e la scultura, questa situazione di incapacità dell’azione personale, fortemente condizionata dalla politica e dall’economia. L’arte apre però a una possibilità di riscatto attraverso la scultura protagonista dei ready made della serie Innocent Materials, ponendo una domanda: può almeno il materiale essere libero da implicazioni? Forse è possibile trovare una risposta solo al di là del contesto attuale, al di fuori del mondo, oltre la globalizzazione capitalista, magari in paradiso. Per il momento nessuna risposta, e l’estate passa al suono dei tormentoni musicali dell’economia contemporanea, “sotto il cielo di Berlino”, come direbbero i Thegiornalisti.

Sara Cusaro

 

SIMON FUJIWARA

HEAVEN

31 maggio – 30 settembre 2017

GIÒ MARCONI –  via Tadino, 20 – Milano

www.giomarconi.com

Immagine di copertina: Simon Fujiwara – Heaven, 2017 – Installation view – Giò Marconi, Milano – courtesy the artist, Giò Marconi, Milano –  ph Filippo Armellin