È uno scenario inconsueto quello in cui si sviluppa la prima personale di Hannah Lees a Milano. Lo spazio, dove The Oldest Thing You Can Hold In Your Hand, titolo del percorso espositivo curato da Pietro Di Lecce, prende forma, nasceva come un vecchio laboratorio orafo.
L’opera di Hannah Lees entra in dialogo con la difficile natura dello studio. Utilizzando vissuti tavoli da lavoro come supporti e andando a rivestire le pareti, intorno a un vecchio macchinario, di carte, foglie e frammenti vegetali, l’artista vive e fa rivivere la bottega.
Le grandi finestre lasciano che la luce naturale metta in mostra una tavola, opera principale che da il titolo all’esposizione. Accanto a questa si inserisce, nell’anomalo stanzino, un piccolo vano visibile attraverso una finestra interna, un lavoro creaoa con foglie di bamboo smaltate in argento. Su una delle poche pareti bianche la natura si fa protagonista, secondo i canoni della produzione dell’artista, e si integra nel luogo e in ciò che esso era, con foglie di vite a comporre un murale.

Hannah Lees, con all’attivo diverse personali nel Regno Unito, entra, fino al prossimo 23 ottobre, nello spazio della galleria, così come entra nella città di Milano. Per The Workbench, i lavori creati prendono spunto da frammenti della storia cittadina, attraverso il rimando ad alcuni famosi capolavori meneghini, con un intento di interazione e assimilazione di una cultura differente e di un diverso momento storico, passato eppure ancora presente.
Attravero un incontro con la Canestra di frutta dell’Ambrosiana, e con il Cenacolo di Leonardo, sono il ritmo delle stagioni, gli elementi naturali e le trasformazioni fisiche a diventare il soggetto delle opere dell’artista londinese.
Sulla superficie da lavoro che definisce lo spazio l’artista propone una serie di elementi che vanno dal pane al vino, con vecchi bicchieri usati e una tovaglia tinta con verdure scartate, per ricreare, con il coinvolgimento diretto dello spettatore, quel rituale richiamato dalle opere da cui l’ispirazione è nata: il convivio, il banchetto, come momento di scambio, di relazione, generativo di condivisioni culturali e trasformazioni legate alla ripetizione continua di uno stesso gesto, di una temporalità umana e della natura.

Le trasformazioni, che agiscono nel ripetersi ciclico del tempo, sono le vere protagiste dell’esposizione. Attraverso la scelta di mettere in opera elementi naturali trovati, come foglie o noccioli di oliva, poi fissati e quindi modificati e riprodotti con calchi in argento, si è voluta evidenziare una nuova attenzione su uno scorrere naturale, fermato in frammenti, che è volto a sottolineare l’interna forza naturale del tempo, nella capacità di definire forme e percezioni.
Vegetali, conchiglie e sassi rientrano nella prassi artistica come reperti archeologici che portano testimonianza e collezione di una traccia tanto naturale quanto del passaggio umano.
Il processo di realizzazione dell’artista si fa attento al ritmo del tempo, nella sua circolarità di momenti che tornano, in un continuo ciclo mai identico a sé stesso: in questo moto procedono cambiamenti, percepiti attraverso la focalizzazione sulle pratiche umane fatte di rituali collettivi ripetuti, i cui frammenti diventano segno per la comprensione dello scorrere ininterrotto di un flusso.
Sara Cusaro
HANNAH LEES
THE HOLTEST THING YOU CAN HOLD IN YOUR HAND
a cura di Pietro di Lecce
23 Settembre – 23 Ottobre
THE WORKBENCH INTERNATIONAL – Via Vespri Siciliani 16/4 – Milano