Quello che appare, all’improvviso, a chi transita nella stazione Lancetti di Milano è un ambiente insolito, lo scrigno di una realtà a sé stante: spazioSERRA (ex edicola trasformata in spazio espositivo) è un’utopia inaspettata, soprattutto in una delle stazioni suburbane milanesi. Qui il tempo, scandito solamente dal ritmico sfrecciare dei treni sui binari, sembra congelato in un eterno ritorno. E cos’è l’eternità se non l’estrema identità fra ieri, oggi e domani? Søren Kierkegaard proponeva una visione del presente come “parodia dell’eterno”: esistono davvero passato e futuro o, piuttosto, sono solamente inganni dei nostri ricordi e delle nostre speranze? Con questi pensieri in testa osserviamo le vetrine di spazioSERRA e, al di là di esse, l’intervento artistico di Camilla Gurgone e Giulia Di Franco (conclusosi il 19 maggio 2022).
Uncertainty excites me è il titolo della mostra site-specific delle due artiste. L’ambiente quasi pagodico di spazioSERRA si trasforma in una teca: al suo interno, un’installazione viva, dai dettagli perennemente cangianti. Una struttura in legno richiama la forma di un’isola sconosciuta (o di un edificio mistico), i cui unici abitanti sono centinaia di chiocciole di differenti specie, libere di muoversi all’interno dello spazio e di nutrirsi di ciò che l’isola offre: piante, fiori, fotografie su carta e sculture organiche che le artiste hanno appositamente disposto nell’installazione. I gasteropodi sono animali estremamente voraci di cellulosa che, nel tempo, modificano lo spazio nutrendosi degli elementi che lo compongono. Le artiste hanno potuto apprendere il comportamento delle chiocciole grazie all’allevamento Lumache della Brianza che ha prestato circa quattrocento esemplari e ne ha assicurato un trattamento adeguato, in modo che potessero svilupparsi in serenità all’interno dello spazio.
La presenza di questi animali all’interno del contesto urbano genera nel visitatore un cortocircuito risolvibile solamente attraverso l’instaurazione di un dialogo. Al paradosso di spazioSERRA, un luogo in cui l’arte contemporanea esce dalla sua “comfort zone” tradizionale fatta di musei e gallerie, si aggiunge lo scontro di realtà cittadina e naturale; un doppio estraniamento per lo spettatore, che si trova costretto a scendere a compromessi con le proprie convinzioni – e convenzioni. Dimensione animale (rappresentata dalle chiocciole), vegetale (le piante e la cellulosa che costituisce gli oggetti di cui si nutrono) e umana (le fotografie e le sculture, in alcuni casi raffiguranti espliciti riferimenti alla cultura antropica, ma anche il pubblico e le artiste stesse) entrano in contatto dando vita a un ecosistema funzionante, in cui i gasteropodi hanno iniziato a riprodursi.
In una stazione ferroviaria, dove i passanti, adattandosi al ritmo frenetico dei treni, sono sempre di corsa, l’opera di Gurgone e Di Franco impone una pausa: per osservare il lento intervento delle chiocciole, infatti, è necessario fermarsi e dedicare tempo e pazienza. La collaborazione fra le due artiste ha creato, tra le altre cose, uno spazio in cui riflettere sulla distorsione del tempo all’interno delle società occidentali. Come scrive Silvia Maiuri nel testo critico che accompagna la mostra, “Il presente ha a che fare con l’incertezza, un’incertezza affascinante, che eccita”. L’oggi è una dimensione eterna quanto nebulosa, non permette di fare previsioni sul domani perché è già futuro e – allo stesso tempo – è passato. Il solo modo per non esserne sopraffatti è sapere quando è giusto fermarsi, senza preoccuparsi per ciò che verrà o rimpiangere ciò che è già stato. Eppure, l’incertezza è eccitante, perché presuppone l’eventualità. Il presente è il regno delle continue possibilità: Camilla Gurgone e Giulia Di Franco, decidendo di rinunciare al controllo e di lasciare che le chiocciole siano libere di muoversi e svilupparsi a loro piacimento, ci insegnano il piacere dell’abbandono all’incertezza.
Cosa succederebbe se allontanassimo dalle mani dell’uomo lo scettro della realtà?
Il discorso si apre a una questione di prospettive: la chiocciola, animale che – come fanno notare le artiste – nella quotidianità spesso non consideriamo, diventa in questo caso protagonista assoluta. Spostare il focus dell’arte dall’umano alle altre specie, riconoscendone agentività e causalità, è un tentativo di rottura di uno schema ormai anacronistico, che presume – con arroganza – una scintilla di superiorità della nostra specie, che essa venga chiamata anima, coscienza o libero arbitrio. Se siamo noi a creare il nostro significato, tutta la vicenda umana si riduce a una sterile autocelebrazione che, oltretutto, non si cura della complessità che la circonda. Perché dovremmo essere gli unici interlocutori di noi stessi? Potremmo usare lo straordinario pretesto dell’arte contemporanea per aprire una breccia nelle mura della nostra autoreferenzialità. Cambiare punto di vista, meravigliarci di fronte al ciclo di vita di una chiocciola, significa allargare i nostri orizzonti. E una pratica artistica che si rende conto di questa possibilità ha l’opportunità di mettere in discussione il ruolo dell’arte come esperienza esclusivamente antropica.
Alberto Villa
Instagram: camilla.gurgone
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Caption
Camilla Gurgone & Giulia Di Franco, Uncertainty excites me, 2022 – Installation view, spazioSERRA, Milano, 2022 – Courtesy spazioSERRA