È una sorprendente “Parentesi” quella realizzata da Greg Bogin presso gli spazi e nella programmazione, rivolta all’indagine del presente, della galleria milanese Ribot Arte Contemporanea. La mostra Flashback si propone come una fortunata interruzione, uno spostamento per guardare indietro verso un passato carico di futuro. Le opere esposte sono state infatti realizzate sul finire del primo decennio degli anni Duemila ma conservano dentro di loro una dilettica accesa che anima un confronto e un dibattito fra gli anni Ottanta e il nostro presente. “Distopie zuccherose” è la definizione brillante, scovata navigando in rete, che meglio definisce i lavori presenti a Milano, grandi icone di una società post-capitalistica che corre sul precipizio della sua rovina. Luccicanti e aliene, lontane dal fare umano, queste realizzazioni si fanno emblema del pensiero di Jean Baudrillard, simulacri di cui non esiste l’originale, rappresentano una società che si fonda su valori senza fondamento, oggi alla disperata ricerca di nuovi racconti con cui sostituire le grandi storie del passato e quelle piccole e vuote del presente.

Nato nel 1965 a New York, Greg Boign si è formato, vive e lavora nella capitale economica e simbolica degli Stati Uniti d’America. Il termine primo della sua ricerca si può riscontrare in un intelligente e attuale confronto dialettico con il movimento artistico definito Neo-geometric conceptualism. Camaleontico fulcro culturale dell’arte a stelle e strisce degli anni Ottanta, il Neo Geo unisce intorno a se opere diversissime che condividono però la stessa volontà di critica alla meccanizzazione e al mercantilismo del mondo moderno. Come nella corrente culturale appena citata, nelle opere dell’artista newyorkese troviamo una stretta connessione con “movimenti” artistici del passato quali il Minimalismo e la Pop art. Evidente è il rapporto con i risultati di un operatore estetico quale Peter Halley. I titoli delle opere e l’utilizzo del pigmento e dei materiali, che oscillano, a volte, fra zone a campitura omogenea e altre dove la tattilità del colore si fa rilevante, conducono verso una visione geometrizzante della società che parte da un mondo falsamente reale per renderlo astratto e illusoriamente felice. I titoli di alcuni lavori in mostra (Nonessential Conversation, A lifetime supply of useless items, Plight of the Misanthrope) stridono infatti fortemente con l’immagine che troviamo collegata a essi, pongono degli interrogativi e aprono alla profonda volontà di “pensiero in rivolta” nascosta dentro di esse.
Fin dalle sue prime esposizioni, Greg Bogin ha presentato opere che divengono grandi icone fredde del nostro presente, le stesse icone che popolano gli schermi dei nostri computer, significanti che nulla hanno a che fare con il loro significato, immagini accattivanti, subito rintracciabili, che aprono a un presente piatto e irreale come piatte e irreali sono le tele aliene dell’artista americano.

Nella ripetizione differente del nostro mondo, vive e si fa attuale la volontà espressiva di Greg Bogin attraverso opere che mettono sullo stesso piano e fondono in un immaginario comune autosufficiente le grandi realizzazioni di Frank Stella e la grafica da universo di silicio. Un unire che come nell’arte Pop non è, forse in parte, un’esaltare e evidenziare, ma un cercare di comprendere, lo svelare un meccanismo, un nuovo e apocalittico grido della cultura in faccia al destino.
Marco Roberto Marelli
GREG BOGIN
FLASHBACK
07 giugno – 07 luglio 2017
RIBOT ARTE CONTEMPORANEA – via Enrico Nöe, 23 – Milano
Immagine di copertina: FLASHBACK, 2017 – installation view – courtesy Ribot, Milano