Soltanto ora, perdute, mi diventano vere. Intervista a Giuliana Rosso

Soltanto ora, perdute, mi diventano vere è la mostra personale di Giuliana Rosso, realizzata a cura di Treti Galaxie, visitabile fino al 10 settembre presso lo spazio espositivo VEDA a Firenze.
Per meglio comprende un progetto che, attraverso la pittura, dialoga e “ribalta” la sede che lo ospita abbiamo posto alcune domande a Giuliana.


La cosa più complessa da realizzare a Firenze è una volta dipinta. Quanto il legame con la città ti ha condotta a questa soluzione e come l’hai affrontata tecnicamente e dal punto di vista concettuale?

Firenze, anche se è azzardato dirlo, è il luogo più appropriato per realizzare un lavoro di questo tipo; qui va ad acquisire maggiori forze e significati rispetto a quelli che potrebbe avere in un’altra città.
Inoltre, lo spazio VEDA può essere considerato un luogo della memoria dell’alluvione del 1966, ne porta in sé le tracce; qui, due stanze sovrapposte, a seguito del crollo del pavimento, sono diventate un unico grande spazio verticale.
Il lavoro che ho realizzato è un’evocazione di una volta affrescata, che compare nello spazio più come un sogno, un riverbero e segna un orizzonte dove non esiste più.
La volta appare così rovesciata, il riflesso, nell’acqua dell’alluvione, di un ipotetico soffitto affrescato. Lungo il livello in cui c’era il pavimento si innestano le vele della volta a rovescio; essa appare in modo frammentario poiché priva di alcuni elementi della sua struttura portante, la chiave di volta si ritrova a essere sostenuta da un ombrellone da spiaggia.Ho realizzato le vele con la carta da spolvero, supporto storicamente utilizzato per le fasi preparatorie e di studio di un affresco, con un’imprimitura in gesso e colla in modo da conferire alla carta un aspetto più strutturato che imiti la muratura ma ne rovesci la percezione.

La tua produzione estetica dialoga fortemente con lo spazio, lo modifica, gli dona una evidente identità pittorica che travalica anche il tempo. Quanto questo aspetto, attraverso un piacevole cortocircuito, si ricollega a nuove tecnologie come la realtà aumentata?

Quando creo un lavoro che vuole adeguarsi e sovrapporsi a uno spazio già preesistente, sicuramente sono alla ricerca di un sorta di realtà aumentata, il meccanismo è molto simile, ma con un mezzo che ne è totalmente estraneo.
Quello che mi interessa della tecnologia è il nuovo rapporto nella percezione di colori, forme e senso spaziale; ha allargato il nostro spettro di possibilità percettive lasciando memorie visive che vanno ad agire nell’inconscio. Mi piace cercare di trattare tutto questo con un mezzo antico e contemplativo come quello della pittura.



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Attraverso una pittura realizzata con materiali “effimeri” poni al centro del tuo progetto il tema della fragilità dell’individuo. Come questa tematica influenza il tuo fare e in che modo la vuoi esplorare?

Fragilità è una parola che ha moltissime sfaccettature. È talmente insita in ogni cosa che riguarda l’esistenza che diventa quasi inspiegabile; ci condiziona e limita ma ci da anche la possibilità di esplorare nuove possibilità. È una sensazione che voglio trasmettere, forse un po’ in tutte le scelte che faccio; dal supporto che utilizzo, ai soggetti, ai rapporti cromatici – come l’equivoco tra il verde-giallo “radioattivo” e quello divino e misterico -, all’utilizzo dei gessetti come fossero pittura.
In questo lavoro, in particolare, partendo dalla struttura della volta realizzata in carta, passando alla chiave di volta sostenuta da un ombrellone da spiaggia, che è di per sé un oggetto instabile e precario, fino al movimento in caduta delle figure.
La carta, in verità, non credo sia un materiale così effimero, sicuramente più fragile di una muratura ma con una capacità anch’essa di durare nel tempo. Abbiamo ancora i papiri egizi e le sinopie.

Il progetto, ospitato da VEDA, è curato da Treti Galaxie. In che modo hai interagito con l’art project fondato da Matteo Mottin e Ramona Ponzini?

Le mostre di Matteo Mottin e Ramona Ponzini mi affascinano perché, in qualche modo, sono tutte caratterizzate da una volontà forte e una componente di rischio, sia nella scelta dei progetti sia in quella degli spazi. La costruzione del progetto è avvenuta secondo questo gioco d’azzardo: in dieci giorni realizzare una volta al contrario, sul posto. Una sfida che mi ha subito entusiasmata e che ha richiesto un lavoro serrato e senza pause.

Nel breve testo che accompagna la mostra troviamo un inaspettato asterisco che ricorda come il progetto sia interamente realizzato con materiali biodegradabili e riciclabili. Anche questa nota si lega al tema della fragilità o nasce da altre esigenze?

Questa frase è stato un modo un po’ divertente, ma non troppo, per riflettere sulla fragilità che riguarda il nostro destino e quello dell’ambiente in cui viviamo, il nostro attaccamento morboso ai beni materiali. Questo era un po’ un modo per ironizzare e calare questa mostra nel presente, sul fatto che è una volta dipinta atipica e che, volendo, quando ci si stufa la si può buttare via; in questo modo non sarà di peso ai posteri, ma sarà possibile smaltirla in modo responsabile e rispettoso per l’ambiente.

A cura di Marco Roberto Marelli


Giuliana Rosso

Soltanto ora, perdute, mi diventano vere”

A cura di Treti Galaxie | Ospitata da VEDA

29 giugno – 10 settembre 2019

VEDA – Borgo Pinti, 84/R – Firenze

www.spazioveda.it

Instagram: spazioveda


Caption

Giuliana Rosso, Soltanto ora, perdute, mi diventano vere, 2019 – Installation view – Courtesy dell’artista, Treti Galaxie e VEDA. Foto: Flavio Pescatori