Giancarlo Vitali, pittore

Bellano (Belàan in dialetto laghée) è un piccolo e riservato comune italiano che scivola lento sulla sponda orientale del Lago di Como. Il 29 novembre del 1929, nel pieno della crisi economica che sconvolse l’idea di libero mercato, a Bellano nasceva Giancarlo Vitali. Pittore precocissimo, inizia a dipingere a quindici anni scegliendo i suoi maestri fra i grandi del passato, la cucina di sua madre e i volti della gente del paese. “Scoperto” nel 1983 da Giovanni Testori, il suo fare artistico si fa contemporaneo e distante, forte di un isolamento volontario che lo conduce verso una pittura senza tempo che anticipa esiti recenti e che sviluppa illuminanti confronti con artisti suoi contemporanei.

Milano dedica oggi a Vitali una grande mostra antologica, distributia in prestigiose sedi cittadine, che regala al grande pubblico un intensissimo percorso artistico che, di sala in sala, mantiene massima la tensione e la qualità delle opere, per un esperienza che immerge totalmente nella pittura e che pone delle domande sul futuro di questa Arte Contemporanea che Francesco Bonami sostiene concludersi nel 2017 con l’opera emblematica “America” di Maurizio Cattelan.


“Ritorno” alla pittura e Genius loci possono essere considerate due delle linee guida attraverso cui comprendere l’arte degli anni Ottanta e l’intera sua produzione artistica. Proprio in quel decennio, nel 1984, Giovanni Testori scriveva, per il Corriere della Sera, un articolo intitolato I fasti della pittura, testo che accese l’attenzione del grande pubblico sulla sua ricerca estetica. Secondo lei è giusto considerare la sua arte come un continuo dialogo con la pittura del presente e del passato, guidato da un innato talento pittorico che mantiene costante e ad altissimi livelli la qualità che lei ricerca in ogni singola opera?

Io non avrei saputo fare altro nella vita, se non il pittore. Marco allora scrisse che nella mia poetica – e lo ringrazio per avermi accreditato una poetica – tutto è risolto in pura pittura, in “colore che si coagula in fisionomia”. Sono parole bellissime in cui mi ritrovo. Non ho mai cercato solo il bel gesto pittorico. Ho sempre cercato un gesto spontaneo che raccontasse con immediatezza una storia. Sono legato al passato dell’arte, sono sicuramente dentro una tradizione, e spero naturalmente, con un po’ di presunzione, che i miei quadri continueranno anche in futuro a raccontare le loro storie.

Giancarlo Vitali
Time Out | Mortality with Vitali, Father and Son by Peter Greenaway – exhibition view, Casa del Manzoni, Milano – courtesy l’artista

Il tema del ritratto, della rappresentazione dei “tipi umani”, segue e si rincorre tra i capitoli della sua mostra antologica a Palazzo Reale attraverso opere che appaiono spesso attualissime, realizzate attraverso un fare pittorico che molte volte anticipa il “gusto” degli anni successivi. Per quale motivo questo genere pittorico ritorna così spesso nelle sue opere, quale rapporto instaura con i soggetti rappresentati e quali fini si prefigge nell’intraprendere un ritratto.

Ho sempre cercato di rendere con la mia pittura una certa atmosfera, quella della mia gente e del mio paese, di quello che conosco. Ci sono persone che hanno scritto in viso la loro storia e io sono sempre stato attratto in modo irresistibile da chi, pur restando in silenzio, rivela tutto di sé. Di altre persone non appare subito tutto. Bisogna saper interpretare le pieghe dell’espressione e della maschera fisica.

Passeggiando per le sale della mostra possiamo notare come lei spesso riprenda gli stessi soggetti o realizzi lo stesso dipinto utilizzando stili pittorici differenti, come nel caso del “trittico” della Vecchia contadina, realizzato alla meta degli anni Ottanta, o nel “dittico” del Ritratto di Germana del 1959/60.
Quali motivazioni la spingono in questa direzione e, nel secondo caso, tali opere nascono per vivere insieme o sono opere per lei indipendenti?

Ci sono certi temi che mi interessano e ci sto sopra fintanto che questo interesse dura, fintanto che ho espresso tutto quello che sento di poter dire. Si può dipingere lo stesso soggetto mille volte, non sarà mai lo stesso quadro.
Ci sono solo tre quadri che avrei voluto rimanessero insieme: il cosiddetto Trittico del Toro, per il quale Testori scrisse di getto delle sublimi poesie. Ci sarebbe piaciuto se fossero rimasti sempre insieme, dipinti e versi.

Giancarlo Vitali
Time out – exhibition view, Palazzo Reale, Milano – courtesy l’artista

Negli anni Ottanta realizza un coinvolgente ciclo di opere, ripreso poi negli anni Novanta, che ha come soggetto la carne e il macello. Come nascono queste realizzazioni e quale significato lei attribuisce a questa sua fase espressiva?

La mia accademia è stata prima la cucina di mia madre e poi quella di mia moglie. È la quotidianità del vivere che mi interessa. La carne che ci nutre ne fa parte. È stata una tematica forte, appassionante. Mi ha intrigato a lungo.

Visitando la mostra di Palazzo Reale ci accompagna, sempre vivo, un eccitante sentimento di sorpresa, che si rafforza di sala in sala fino a dare la sensazione di essere immersi in una grande opera corale, all’interno di una pittura che, nelle differenze continue, mantiene sempre costante l’alto livello qualitativo. A una vista complessiva sembra di scorgere quella stessa volontà che portava Giorgio de Chirico a essere sempre se stesso ripercorrendo la storia dell’arte fino a “rifare” se stesso e le sue opere metafisiche di inizio Novecento. Questa sua mostra può essere vista come un omaggio alla pittura, a quella pittura che oggi vive e resiste al di là del “Sistema dell’arte”?

Io non ho scelto di fare il pittore. Io non avevo scelta. La mia delizia e il mio castigo. Potevo vivere e lavorare solo stando nella pittura. Che oggi io riceva un omaggio di questo tipo mi lusinga. Che sia un omaggio alla pittura-pittura lo devono dire gli altri.

Marco Roberto Marelli

 

www.giancarlovitali.com

Immagine di copertina: Giancarlo Vitali, 2017 – courtesy l’artista –  ph. Danilo De Marco