Campari ha centocinquant’anni e non li dimostra. Il suo è un viaggio nella memoria che ha trovato forma attraverso un archivio immenso tra arte, design e prodotti proposti che sono diventati icone intramontabili. Un luogo che ha saputo mantenersi solido in un territorio industriale cambiando pelle, rinnovandosi in un’estetica più contemporanea grazie al progetto di ristrutturazione di Mario Botta e Giancarlo Marzorati. La Galleria Campari si pone, seguendo la strada intrapresa a fine Ottocento da Davide Campari, come un ponte tra le discipline e i suoi rappresentanti più attuali come ci racconta il direttore Paolo Cavallo.
“Noi siamo la nostra memoria” scriveva Jorge Luis Borges. È una citazione contenuta nel vostro catalogo introduttivo. Il luogo ha radici salde su un territorio d’origine tradizionalmente industriale. In tempi di migrazioni, cosa significa mantenere questa stabilità e la relazione con la storia produttiva ed economica della città. Mi parli del rapporto con la vostra memoria e quale storia racconta.
In Galleria Campari è raccontata la storia del brand e il suo rapporto con il mondo dell’arte e della creatività in tutte le sue declinazioni. È la storia di una famiglia, fondata da Gaspare Campari nel 1860, anno in cui crea il Bitter Campari, un liquore forte di alcool, amarognolo e amaricante, di colore intenso, la cui ricetta è ancora oggi un segreto. Nel 1867 apre nel centro di Milano, all’interno della neonata Galleria Vittorio Emanuele, il suo caffè ristorante e la Galleria diventa il cuore della città, crocevia della vita milanese, dove si incontrano nobili, borghesi, politici, artisti, uomini d’affari e di cultura. È il figlio Davide, verso la fine dell’Ottocento, personaggio lungimirante, definito da Fortunato Depero “esempio audace di industriale amico degli artisti”, che dà all’attività paterna un notevole impulso grazie alle sue intuizioni. Apre il primo impianto industriale automatizzato proprio a Sesto San Giovanni (lo stesso dal 1904), allarga i prodotti proposti (Bitter Campari, Camparisoda, Cordial Campari) e acquisisce nuovi marchi. La storia di Campari si sviluppa per decenni insieme a quella della Galleria, da cui trae forza, spinta e immagine, fino a divenirne parte integrante.
Tradizione come valore, da un lato pezzi iconici e dall’altro una relazione con l’oggetto-immagine tra arte, design e la collaborazione degli artisti/designer del Novecento; strategia che anticipa le politiche di marketing attuali. Ci racconti del legame con gli artisti e di come nascevano le collaborazioni.
Esiste una secolare tradizione di alleanza tra Campari e l’arte del proprio tempo. Già alla fine dell’Ottocento l’azienda, muovendo i primi passi in ambito pubblicitario, si affida ad artisti dallo stile elegante e incisivo per promuovere le proprietà e le virtù dei propri prodotti. È Davide Campari, uomo di marketing ante litteram, che apre ai più nuovi e inediti linguaggi di comunicazione. Capisce l’importanza che riveste la pubblicità per il successo di un prodotto e per la sua diffusione e affida campagne ad alcuni fra i più grandi artisti del tempo, riconoscendo l’arte come linguaggio universale.
Memoria e identità trovano forma attraverso la costruzione di un archivio storico e di GALLERIA CAMPARI. Come nasce questo progetto?
Si sviluppa su 1000 mq, all’interno dell’edificio in stile liberty che è stato il primo stabilimento di Campari, costruito a Sesto San Giovanni nel 1904. La prima sezione è dedicata al racconto evocativo della storia del brand seguendo tre linee guida: arte, comunicazione e produzione; la seconda parte presenta gli oggetti iconici attraverso il mondo bar: bottiglie, bicchieri storici e merchandising; una terza è dedicata a ospitare due mostre temporanee all’anno. Il percorso prevede anche una stretta relazione con i linguaggi multimediali rielaborate dai giovani di Interaction Designer (Cogitanz) con video, proiezioni e tavoli interattivi tra i caroselli anni Cinquanta e Settanta, i video che raccontano gli artisti, i calendari e gli spot pubblicitari, in un viaggio che consente di fruire gran parte del vasto patrimonio artistico aziendale.
Il sostegno all’arte contemporanea, iniziative, incontri e conferenze. CAMPARI ART PRIZE è alla prima edizione in collaborazione con la fiera Artissima. Come si sviluppano questi progetti?
Galleria Campari deve la propria forza all’unicità e alla ricchezza dell’Archivio storico, vero e proprio giacimento culturale trasversale che raccoglie oltre tremila opere su carta, soprattutto affiche originali della Belle Époque, manifesti e grafiche pubblicitarie dagli anni Trenta agli anni Novanta. Le firme sono quelle di Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Franz Marangolo, Guido Crepax e Ugo Nespolo; caroselli e spot di Federico Fellini e Singh Tarsem; oggetti di Matteo Thun, Dodo Arslan, Markus Benesch e Matteo Ragni. Dal 2010, anno di apertura in occasione dei 150 anni dell’azienda, il museo ha promosso una serie di iniziative tra mostre in sede e prestiti a musei italiani e internazionali, presentazioni e eventi. Negli ultimi anni sta focalizzando contenuti e programmazione partendo dal proprio dall’archivio dalla sua natura multidisciplinare. La collezione permanente permette non solo il racconto di un brand storico ma mostra anche l’evoluzione di grafica, comunicazione, lifestyle, abitudini e linguaggi, per varietà di materiale e soggetti. Campari Art Prize è il progetto in partnership triennale con Artissima, che conferma la sua vocazione come laboratorio di ricerca e produzione attraverso il premio dedicato a un’artista under 35. La vincitrice dell’edizione 2017 del premio è Sari Ember, che abbiamo ospitato per una personale temporanea, selezionata per il potere evocativo del racconto, la dimensione comunicativa e la capacità narrativa dell’opera. Il suo lavoro si concentra sull’idea di identità, sul modo in cui questa può essere rappresentata attraverso gli oggetti (ceramica, pietra, collage, fotografia). Usati per costruire un’archeologia del contemporaneo e una casa, intesa come appartenenza e patrimonio, custode di un passato e portatrice di cambiamenti interiori partendo dalla propria storia personale e disegnando il vissuto della collettività riportandola all’interno di questa intima dimensione museale.
Progetti futuri?
Nel futuro la tendenza vuole essere sempre più quella di lavorare sulla duplice anima del museo: quella aziendale, di marca, e quella che da sempre la lega all’arte contemporanea, dando continuità alla sua storia. A Ottobre è prevista una mostra che vede la relazione tra Campari e la moda, Storie di Moda Campari e lo stile. È un dialogo costruito intorno ai materiali d’archivio e alla moda. Opere di Fortunato Depero, Bruno Munari, Marcello Dudovich e Franz Marangolo si relazioneranno con le “architetture” di Gianfranco Ferrè e le volute scultoree di Roberto Capucci, con i lavori ispirati alle prime avanguardie di Germana Marucelli e a quelli futuristi di Laura Biagiotti (omaggio a Giacomo Balla nella collezione Futurballa), con gli accessori del “calzolaio dei sogni”, Salvatore Ferragamo e gli abiti del re incontrastato della “giacca destrutturata” Giorgio Armani. Le campagne pubblicitarie degli anni Sessanta saranno accostate alle copertine pop delle riviste elaborate da Ana Strumpf e alle ricerche innovative dall’eleganza patinata del fotografo-gentiluomo Giovanni Gastel. Un percorso che sarà articolato in quattro sezioni Elegance, Shape and Soul, Futurismi e Lettering, curato da Renata Molho, capace di costruire una mappa stilistica tra moda, pubblicità e design con abiti, accessori e bozzetti prelevati da archivi e fondazioni.
Il privato riveste un ruolo fondamentale nella costruzione del prodotto culturale per tradizione e per necessità. Come vede questa contaminazione tra sistemi e quali dovrebbero essere le strategie future? Cosa significa essere parte di MuseImpresa?
Il soggetto privato ha da sempre rivestito un ruolo importante nella diffusione della cultura, sia per la commissione e la creazione delle opere sia per la loro promozione e fruizione. È grazie ai grandi mecenati del passato che sono state create e conservate alcune tra le opere più rilevanti della storia dell’arte. I due sistemi, pubblico e privato, hanno sempre giocato ruoli complementari. Si tratta quindi di una collaborazione virtuosa che ha fortemente contribuito alla diffusione della cultura e dei beni culturali. Nel futuro questo sistema può essere confermato e affinato soprattutto lavorando di concerto per aumentare la qualità delle proposte culturali.
La partecipazione alla associazione Museimpresa rappresenta per le realtà museali aziendali un importante strumento di comunicazione e condivisione. La rete tra i musei di impresa che si sta sempre più consolidando e ampliando, consente di condividere esperienze, creare sinergie e collaborazioni, consolidare la visibilità sul territorio. Alcune iniziative comuni sviluppate in questi ultimi anni, che hanno coinvolto tutti gli associati, hanno fortemente contribuito ad accrescere, anche all’estero, la conoscenza della cultura di impresa italiana e i quei protagonisti che hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del nostro paese. Rappresenta, per molti versi, un’esperienza unica.
a cura di Elena Solito
Galleria Campari
HQs Campari Group – Viale Antonio Gramsci, 161 – Sesto San Giovanni (MI)
Instagram: galleriacampari
Caption
GALLERIA CAMPARI – Installation view – Courtesy Galleria Campari, ph. Francesco Radino.
GALLERIA CAMPARI – Installation view – Courtesy Galleria Campari, ph. Francesco Radino.
GALLERIA CAMPARI – Installation view – Sari Ember, Since our stories all sound alike” – Courtesy Galleria Campari, ph. Marco Curatolo