Dall’idea dell’abitare. Gal Weinstein, Patrizia Giambi e Patrizia Dal Re

Cosa accade quando nell’andare in uno spazio pubblico ci si ritrova, invece, in una casa? Si perde l’orientamento, si perde la cognizione dello spazio, oppure, per meglio dire, ci si trova nella condizione di essere Dis-Abitanti. Questo il titolo della mostra che nasce da una collaborazione tra la galleria milanese Riccardo Crespi e Opifici Dal Re. 

I luoghi dello spazio espositivo di via Mellerio si trasformano nelle stanze rivisitate di una casa. Ma non si tratta di una casa comune, non quella che ti accoglie la sera quando torni dalle faccende quotidiane, non quella dove ad attenderti c’è un’idea di rifugio e ospitalità.

Ad aprire le porte di questo luogo innaturale sono le opere di tre artisti, diversi per formazione e provenienza: Gal Weinstein, israeliano, rappresentante del suo stato alla Biennale di Venezia, Patrizia Giambi, la già nota artista italiana, prima musa di Maurizio Cattelan e Patrizia Dal Re, che mantiene, invece, attiva l’eredità della casa editrice Essegi nella produzione d’arte.

Gal Weinstein
Gal Weinstein – Desolate Kitchen, 2016 – wood, mdf, variable dimensions – courtesy Galleria Riccardo Crespi and the artist

Con il loro dialogo i tre artisti allontanano la percezione di un ambiente consono al concetto più condiviso di “abitare”. La galleria appare arredata con inconsueti oggetti di design. Nonostante siano riconoscibili nelle forme di tappeti, mobiletti, taglieri, cassetti e porte, il legame con il quotidiano uso viene tradito. Osservando con più attenzione, quei moduli in legno vagamente richiamanti un tavolo e quelle porte di feltro con una idea disegnata di tridimensionalità rivelano la propria inadeguatezza rispetto alla loro funzione designata. 

Perché in fondo, essendo per natura opere d’arte, provenienti da uno studio d’artista, non possono avere la pretesa di sostituire ed eguagliare gli oggetti d’uso. Così il separè dal titolo Tied Through the Navel di Patrizia Giambi, non può proteggere la privacy. Così sui fornelli della Desolate Kitchen di Gal Weinstein non potrà mai essere preparato un pranzo. Perché la vera funzione delle opere trascende l’abitare, l’unico scopo è quello della fruizione estetica, straniante, dello spettatore.

Da qui emerge un filo conduttore fra le opere in mostra che sembra richiamare quel concetto noto della cultura giapponese, che perfino la design week milanese aveva osato fare proprio: il tatazumai, secondo cui ogni oggetto possiede una particolare capacità di emanare la propria essenza sulle persone e sullo spazio circostante, dando così vita a una atmosfera unica. 

Patrizia Giambi
Patrizia Giambi e Patrizia Dal Re – Legati dall’ombelico (detail), 2017 – felt, wood, 210 x 165 cm – courtesy Galleria Riccardo Crespi and the artist

Un’idea già affrontata, sebbene in termini differenti, dalla pratica di Patrizia Giambi con il progetto Il Casanova del 1991, per cui “non si tratta solo di erigere spazi in termini architettonici, ma di creare stati d’animo e atmosfera” per la creazione di un nuovo tipo di percezione consapevole di una continuità tra l’uomo e ciò che lo attornia nel suo vivere. Un pensiero che può adattarsi alle aride pareti della cucina di Gal Weinstein, nel suo essere espressione della percezione attuale dello spazio dello stato di Israele, che, sterile e brullo, diventa superficie di un oggetto di arredo che rende la cucina, spazio di condivisione per eccellenza, un luogo disabitato, sterile e vuoto: immagine del pensiero sionista che vede la propria terra in un costante stato di attesa, in una impossibilità di vera e propria “abitazione”.

Sara Cusaro

GAL WEINSTEIN – PATRIZIA GIAMBI – PATRIZIA DAL RE

I DISABITANTI

29 marzo – 20 maggio 2017

GALLERIA RICCARDO CRESPI – via Mellerio, 1 – Milano

www.riccardocrespi.com

Immagine di copertina: Patrizia Giambi e Patrizia Dal Re – Porta Office, 2017 – felt, 220 x 100 cm – courtesy Galleria Riccardo Crespi and the artist