IN SUPERFICIE, UNA POLIFONIA CROMATICA / L’ISTANTE SOSPESO DELLA PITTURA DI FRANCESCO CUTTITTA

Esistono alcune immagini capaci di far esperire suoni tesi a frammentazioni ritmiche, come linee vocali sincopate, fredde, vorticose, che pervengono al nostro udito tramite lo sguardo. Luoghi scanditi da sospensioni temporali in cui abbondano le voci e i rumori, che in un primo momento si moltiplicano, si intensificano, poi si tacciono, solo per un istante, come in un eco sillabato. Come quando da un temporale estivo, imprevedibile e disorientante, un corpo si lascia abbandonare al fluire della pioggia, si passa da un lontano silenzio torpido a un sentire lo slancio del vivere quotidiano. È in questi momenti di abbandono agli elementi che il corpo pensa da sé; i pensieri lo attraversano, che per un verso sbucano ancora filtrati di vita, da un altro verso scivolano con la noncuranza con cui accadono le cose nella vita quotidiana [1]. È in questa irripetibilità dell’istante afferrato e fermato [2]che aleggia la pittura di Francesco Cuttitta (Palermo, 1988).

Osservando i suoi quadri, si percepisce la misura in cui ogni stadio della “cosa” è immediatamente trasformata «in una fragile essenza di apparizione» [3]. Come nella poesia haiku, nella qualeil battito della vita dell’universo suona in diciassette more. Come lo haiku, la pittura di Cuttitta non descrive mai, cerca piuttosto di mostrare “le cose” consuete nelle loro manifestazioni infinitesimali, anche in quelle meno adatte a essere cantate. Con uno sguardo semplice ne coglie la presenza.

Uno dei tratti che definisce la pittura di Francesco Cuttitta è l’impulso a fare emergere quegli aspetti dell’opera che appaiono particolarmente salienti in senso psicologico [4]. Si tratta di un’analisi stilistica, di wollheimiana memoria, equiparata alla rilevanza psicologica, alla capacità che è solo di quei pittori con uno stile personale sviluppato, di coinvolgere l’attenzione del fruitore in modo tale che gli aspetti più significativi dell’opera siano quelli che attirano l’attenzione [5].

Con tale rilevanza, se le atmosfere che Cuttitta sceglie di dipingere si mutano in stati emotivi palpitanti, si unificano e si confondono, la luce e il colore si traducono in respiri a ritmi vertiginosi. Lo stesso respiro con cui Pascoli avverte «la vertigine» dinnanzi alla condizione dell’uomo, sospeso nel vuoto cosmico, senza voce e moto immersi nell’eterno vento, in una sinfonia vitale che è parte integrante dell’umano sentire.



fu Sofia, acrilico su tela, 2020. L’Ascensore, Palermo. Courtesy L'Ascensore. PH Filippo M. Nicoletti.
fu Natura morta, acrilico su tela, 2020. L’Ascensore, Palermo. Courtesy L'Ascensore. PH Filippo M. Nicoletti.
fu Così, 2022, L’Ascensore, Palermo. Exhibition view. Courtesy L'Ascensore. PH Filippo M. Nicoletti.
fu American Collectors at Tate Britain, acrilico su tela, 2019. L’Ascensore, Palermo. Courtesy L'Ascensore. PH Filippo M. Nicoletti
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Si problematizza, si dubita, si fa carico di peculiarità narrative ed espressive. Ma soltanto nella misura della “cosa” rappresentata, in cui ogni essenza ha un peso specifico sia nella realtà che nella composizione del reale attraverso l’immagine. Ed è proprio in quest’ultima che la pittura, seppur illusoria, continua a esistere come corpo, e che inganna la piattezza del supporto pittorico rispetto alla tridimensionalità della rappresentazione. La natura dei lavori di Cuttitta, in questo senso, si comporta come una proiezione oltre che una delimitazione in forma rappresentativa. Come nel plongée cinematografico, lo sguardo dall’alto cattura soggetti singoli, reticoli stradali o istanti di vita pubblica fugaci ma emblematici. Uno sguardo non semplicemente da vicino, ma piuttosto da dentro, nella genesi stessa dell’opera.

La pittura di Francesco Cuttitta è un orizzonte sferico, in cui recupera frammenti del passato e del presente, ma sullo stesso livello. E i richiami ai Grandi Maestri della storia dell’arte non sono meri citazionismi che sfuggono ai rami della storia come mancanza di consapevolezza. Tutt’altro. Vuol dire piuttosto che attorno a taluni colossi si addensano i fili della storia, delle ragioni collettive della ricerca. Cuttitta non intende distinguere un presente da un passato, e nemmeno un passato da un futuro, bensì un’attualità, si potrebbe dire, da un ricordo, e ne percepisce la continua interferenza. In modo consapevolmente maieutico, con questo approccio, evoca il peregrinare nel momento della sua piena formazione da pittore. Si sposta di città in città, e alla mente emergono immagini, scorci e dettagli che misurano minuziosamente la ricerca di un’idea di rappresentazione perfetta alla realtà dove ogni cosa è riconoscibile. Nei suoi lavori è quasi inevitabile pensare alla struttura architettonica degli interni fiamminghi, alla costruzione dello spazio tridimensionale e alla rappresentazione prospettica rinascimentale, all’autoritratto nascosto – o ambientato – nel quale l’autore sbuca camuffato fra i personaggi, miniaturizzato allo specchio, mescolando ritratto e autoritratto (come in Sofia, 2020). Ed è ancora inevitabile pensare al nucleo tematico del quadro nel quadro (come in American Collectors at Tate Britain, 2019), nel quale la rappresentazione si apre come un’arcata, una soglia, al di qua e al di la, che permette, dall’esterno, di vedere l’interno dell’opera, simile a un viaggio visivo. Ma l’esperienza cromatica più decisa deriva dalla luce di Matisse, quella stessa luce del Sud e del Mediterraneo che lo spinge alle grandi campiture e al canto del colore puro [6]. Una luce che sembra già un quadro pensato, in cui Matisse «non dovrà più distinguere tra il suo sentimento verso la vita e il modo in cui interpreta questo sentimento» [7].

Forse è proprio questo ciò che cerca Cuttitta. La via verso una puntigliosa volontà di scavo, in cui ogni cosa partecipa con la stessa intimità. Dove tutto è riaffermato e allo stesso tempo si rinnova, mentre il silenzio di un istante illumina l’impermanenza della vita.

Carlo Corona

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1 Cfr. A. Camus, L’estate e altri saggi solari, Bompiani, Milano 2019, p. 6.
2 Cfr. A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, Udulibri, Milano 1988.
3 Cfr. R. Barthes, L’impero dei segni, Einaudi, Torino 1984.
4 Cfr. A. Gell, Arte e Agency. Una teoria antropologica, Cortina Raffaello, Milano 2021, p. 213.
5 Ivi.
6 Cfr. G. Serafini, Matisse e il mediterraneo, in «Arteedossier», Giunti Editore, Milano 2011, p. 7.
7 Ivi, p. 8.


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Sofia, acrilico su tela, 2020 – L’Ascensore, Palermo, 2022 – Courtesy L’Ascensore, ph Filippo M. Nicoletti

Natura morta, acrilico su tela, 2020 – L’Ascensore, Palermo, 2022 – Courtesy L’Ascensore, phFilippo M. Nicoletti

Così – Exhibition view, L’Ascensore, Palermo, 2022 – Courtesy L’Ascensore, ph Filippo M. Nicoletti

American Collectors at Tate Britain, acrilico su tela, 2019 – L’Ascensore, Palermo, 2022 – Courtesy L’Ascensore, ph Filippo M. Nicolett