Five questions for Sergio Limonta

Sergio Limonta nato a Lecco, classe 1972, è un’artista sperimentale, molto attento alla ricerca che porta avanti, eterogenea nelle sue varie fasi di produzione. “Comunicazione” diventa la parola chiave per comprendere le opere di Limonta, un racconto dialogico tra forme, materie, suoni, parole, spazi e architetture; ogni opera diventa concetto, direzione o possibilità per un’indagine più approfondita in un sistema aperto. Tra gli ultimi progetti realizzati, si ricorda l’opera Equipoetico (2016) commissionata a Limonta dal MAGA Museo d’Arte Contemporanea di Gallarate, per determinare un diverso approccio ai contenuti poetici presentati nella mostra Ritmo sopra tutto nella quale venivano poste a confronto le ricerche poetiche degli ultimi cinquant’anni con le opere della collezione permanente del museo. L’opera, in uno scenario inclusivo, ha portato a una diffusione delle parole di differenti entità, determinando un flusso indistinto e legato tra curatori, artisti, poeti e infine il pubblico. Prossimamente, il 5 luglio per l’esattezza, Sergio Limonta sarà protagonista di una mostra personale presso lo spazio MARS Milan Artist Run Space a Milano, dove presenterà un nuovo progetto del quale non ha voluto svelare molto nel corso dell’intervista. Non resta che visitarla!


Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?

Forse da sempre, ma ho cominciato a esporre molto tardi, a trentasei anni, per ragioni di vita e di idee. Dunque ci sono stati due momenti. Da quando ho cominciato a seguire il mondo dell’arte contemporanea a metà degli anni Novanta è cambiato moltissimo. Si sono moltiplicati gli attori e le opportunità per gli artisti, soprattutto in Italia, ma proprio in tale contesto molti di questi hanno presto perso di peso e dunque di capacità di incidere lasciando la situazione nuovamente priva di un vero “sistema” capace di guardare oltre il tornaconto del singolo e di operare con finalità alte, con interessi che riguardino la condizione e la rilevanza culturale di una società, di una Nazione. Il Sistema dell’Arte riverbera quello industriale, mercantile, socio-economico perché per certi aspetti ne è un derivato, con tutte le idiosincrasie attuali di un sistema neoliberista globalmente rampante e indomito che è passato dall’essere strumento di possibile benessere diffuso a generatore di crisi permanente.

Sergio Limonta
Equipoetico, 2016 – impianto audio, libri, tappeto in gomma. Vista dell’installazione nella mostra “Ritmo sopra tutto”, Museo MAGA, Gallarate – courtesy Museo MAGA, Gallarate. Ph Roberto Marossi

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?

Il mio lavoro è dato dall’azione e conseguente reazione rispetto a fenomeni storico artistici, sociali, culturali, comportamentali che incontro nella mia personale ricerca intellettuale. Negli anni ho concentrato la mia attenzione sulla letteratura e la definizione dei significanti (Macchina delle Lettere, 2013; Ti amo, 2013), la poesia italiana contemporanea (Equipoetico, 2016), il rapporto tra l’architettura e la società (la serie The modern 2013; Sex, 2016; L’architettura serviva anche a L’Aquila e Crash, 2010), i comportamenti rispetto all’ambiente in una società post-urbana (Territorio-progetto Anselmo, 2007; Contadina, Glassato e Ring (o fontana), 2016) gli accidenti sonori e le contaminazioni di genere (Cono 2001; Gravity one fleeting vision 2010) la rielaborazione di istanze riprese dalla storia dell’arte (La Casa di Monet, 2008) e tanto altro. Diciamo che mi diverto parecchio.
Nell’immediato, il 5 luglio, inauguro un progetto presso MARS (ndr. Milan Artist Run Space) a Milano.

Come ti rapporti con la città in cui vivi?

Non vivo in una città, vivo in un paese. Le città sono spesso caotiche e luride e il caos e il luridume mi disturbano. Vivo a quaranta minuti di distanza da Milano, che è meno del tempo che impieghi ad andare coi mezzi da Via Ripamonti a Viale Certosa; lo dico perché qualcuno pensa che non vivere al centro di un luogo brutto significhi vivere in periferia. E a quest’ultima definizione attribuisce una serie di errati luoghi comuni. Comunque diciamo che la mia città di riferimento è Milano. Che per fortuna continua a essere il centro più dinamico in Italia per quanto riguarda le arti. Anche se non vorrei dimenticare Torino e Roma, città che fra l’altro amo straordinariamente.
Per quanto riguarda Milano ho apprezzato l’apertura di stagione da parte delle gallerie e non solo, e una certa vivacità nel periodo di MiArt.
Poi sto anche a quaranta minuti dalla Svizzera dove mi reco molto spesso e li, per ragioni di qualità dell’offerta, trovo un confronto più stimolante.

Sergio Limonta
Vista della mostra “Panorama”, Riss(e), Varese, 2016 – ph Vittoria Broggini

Cosa pensi del Sistema dell’Arte Contemporanea?

Sistema è un insieme di forze che concorrono a un obiettivo comune. La domanda da porsi è quale sia l’obiettivo al quale i vari operatori del presente concorrono.
L’identificazione e la definizione di “Sistema dell’Arte Contemporanea” sono ormai insufficienti per comprendere le dinamiche attuali. Dovremmo deciderci a impiegare un’ulteriore definizione, che indichi più esplicitamente anche quell’insieme di forze che potrebbero apparire comprese in un sottoinsieme di quella precedente, ma di fatto non vi restano totalmente incluse perché provengono da un diverso ambito, che è “Sistema finanziario dell’Arte”.
La mia impressione è che, tra le sue implicazioni, determini una riduzione della ricerca, del rischio e della sperimentazione per tutti i soggetti componenti il “Sistema”.
Una sorta di autocensura, che spinge a cercare spasmodicamente il consenso contemporaneamente alla proposta. La riduzione dei termini temporali che che si pongono tra la proposta e la sua accettazione favorisce la faciloneria, la semplificazione, direi l’arredo.
Per tornare alla prima domanda, quando cominciai ad avere a che fare con i curatori, ricordo, soprattutto da parte dei più giovani, la costante domanda “tu su cosa lavori?”. Mi sono sempre domandato la ragione di una tale domanda. Nessuno chiede a un fabbro o a un falegname su cosa lavora. Non perché ognuno non abbia poi delle sue specifiche – in tutte le professioni, s’intende – ma perché sembrava cercassero una ragione che giustificasse il fare dell’artista. Dopo diverso tempo di questo refrain ogni artista contemporaneo si è confezionato la sua “giustificazione”, ma sono sparite le istanze.
L’arte è un atto di forza, anche quando si manifesta con le forme meno altisonanti, pensa a Morandi! L’arte non è fatta per il facile consenso. Le istanze, che gli artisti muovono più o meno consapevolmente, spingono la società a inseguirle e dunque a inseguire l’arte che cambia la società più di quanto si pensi. Quando sono assenti, sono i vari attori del sistema dell’arte che inseguono il gusto del pubblico (acquirente) adeguato alle trasformazioni socio-economiche a loro volta mosse da soggetti altri con altre finalità. È una questione di esercizio del potere.
Poco di quel che vedo oggi, rispetto all’abbondanza dell’offerta, ha ragion d’essere oltre l’arredo.
L’attenzione nelle aste per i maestri degli anni Sessanta e Settanta e una sempre più diffusa attenzione da parte di alcune gallerie per il lavoro di artisti poco riconosciuti o quasi dimenticati, ma di valore, non è motivata solo dalla ragionevole storicizzazione e il conseguente consolidamento del corrispettivo valore culturale e di mercato, quanto perché offre al collezionista – indifferentemente da quanto ne sia conscio – l’opportunità di tornare a pensare in compagnia di opere che non trovano corrispondenze nel presente. O, perlomeno, raramente.

Che domanda vorresti ti facessi?

Forse una domanda sul mio prossimo progetto allo spazio MARS, anche se diciamo che non vorrei anticipare troppo. Posso dirti che ci sarà un intervento minimo all’interno e una grande scultura all’esterno dello spazio. E che l’estate sarà un po’ meno calda quella sera. Chi vuole saperne di più dovrà esserci; è un evento che non si ripeterà.

Immagine di copertina: Sergio Limonta – ph Vittoria Broggini

www.marsmilano.com


Intervista a cura di Alessia Cuccu per FormeUniche