Rachele Maistrello è nata nel 1986 a Vittorio Veneto e ha sviluppato il suo percorso di formazione tra l’ENSBA di Parigi, lo IUAV di Venezia e lo ZHDK di Zurigo. Il suo fare propone un preciso e personale rapporto con l’immagine; fin da Serie 01, realizzata nel 2008/2009, i mondi presentati raccontano piccole o grandi storie partendo da accadimenti o dettagli non eclatanti, da percezioni comuni che, attraverso il fare dell’artista, aprono mondi che conducono ad atmosfere altre, come in un sogno dove verità e verosimile si mescolano e si muovo in un tempo che si percepisce vaporoso e fluido, che esalta una precisa e caratteristica peculiarità visiva e culturale dell’universo rappresentato.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
I miei primi lavori risalgono al 2008. Vivevo in Francia, li ho capito l’importanza della camera oscura a colori. L’ho utilizzata moltissimo sia a Parigi sia a Zurigo, fino al 2012, non solo come strumento tecnico quanto come strumento di pensiero e di riflessione. Decisiva è stata la residenza in Bevilacqua La Masa nel 2013, mi ha portata, per la prima volt,a a far ruotare la mia vita intorno all’arte, facendo si che le mie opere scandissero il ritmo dei miei giorni. Adesso, rispetto ai miei esordi, c’è più accettazione di quello che la mia pratica richiede: lunghi periodi di immersioni in realtà sconosciute, mesi di dialogo e di ascolto, apertura all’imprevisto e a silenzi inaspettati, che non per forza mostro in modo palese nell’opera finale ma, spesso, vengono incorporati in libri d’artista o diari di progetto. Se prima pensavo che questi aspetti fossero un limite, adesso sono diventati la forza del mio lavoro.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
I miei lavori nascono da lunghi processi di relazione con realtà talvolta apparentemente marginali, che hanno la qualità di stimolarmi verso nuove frontiere dell’immaginazione, alla ricerca di nuove iconografie, rituali minori e storie simboliche. Ho lavorato in case di cura sul mare, aziende cinesi di componenti nucleari, piccole scuole elementari in montagna e in abitazioni di sconosciuti. I miei lavori non vogliono essere progetti pubblici o sociali, semplicemente mi è necessario partire dalla realtà per costruire qualcosa, e sento importante spostare sempre di più la mia pratica fuori dallo studio, contaminarla in modo libero con identità sempre nuove che mostrano ciò che mi circonda in una veste sempre diversa.
Ho da poco inaugurato il primo capitolo di Green Diamond, mio ultimo progetto, con una personale presso I: project Space a Pechino, sviluppata durante una residenza presso il museo Inside Out. Nei prossimi mesi cercherò di ampliare il progetto di un secondo capitolo, lavorando alla sceneggiatura della storia di Gao Yue (高跃) e Li JianPing (李建平), protagonisti di Green Diamond.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Recentemente Bologna è la base da cui mi sposto, anche se la frequento poco e sono molto più legata a Venezia, dove ho vissuto molti anni. Vorrei riuscire a vivere tra Pennabilli e Pechino, che sono due realtà apparentemente agli antipodi ma che smuovono in me sensazioni molto simili. Pennabilli è un piccolo paese nell’appenino romagnolo, frequentato nel passato da Fellini e Tarkovsky per la presenza di Tonino Guerra, che abitava tra l’orto dei frutti dimenticati e la strada delle meridiane: è un luogo in cui leggende e personaggi d’altri tempi convivono con giovani intellettuali che stanno cercando di creare un modello alternativo, più vicino alla natura e a un ritmo di vita sostenibile. Roberto Sartor e Irene Valenti, due cari amici, attuali direttori del museo di Storia Naturale, hanno costruito, negli anni, un sistema virtuoso che coinvolge artisti, antropologi, geologi, registi, studiosi e un nutrito numero di bambini, in una riscoperta virtuosa e critica del territorio.
Sia a Pechino sia a Pennabilli mi sento libera del mio tempo, in un ritmo di costante scoperta: in entrambi questi luoghi sento una spinta tangibile verso il futuro e una strana forma di libertà (anche se parlare di Cina e libertà immagino possa sembrare una contraddizione).
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
In Italia, la situazione attuale, non solo nell’arte, penso sia estremamente difficile. I pochi bandi pubblici a disposizione sono spesso a rimborso, questo spesso avviene a distanza di mesi e comporta un investimento a priori da parte degli artisti che risulta difficile senza l’appoggio di collezionisti o enti privati. Il sistema dell’arte contemporanea è, come tutti i sistemi, pieno di limiti e incoerenze ma è fatto anche di persone che dedicano la loro vita all’arte, spesso oltre la soglia del sostenibile. Generalmente penso che questa domanda non possa essere esaurita in poche righe, a meno di non dare una risposta superficiale.
Di quale argomento, oggi, vorresti parlare?
Il mio ultimo progetto parla di ciò che mi sta più a cuore ultimamente; credo che il sito nel quale si sviluppa possa parlare meglio di quanto potrei farlo io qui in poche righe (www.greendiamond-beijing.com). Qui invito il visitatore a perdersi in una realtà labirintica che risiede a cavallo tra l’archivio e il moodboard di un film, avvalendosi di testi, fotografie, documenti e video. È un sito in costante aggiornamento, che si arricchisce col passare del tempo, mutando sempre la propria forma.
A cura di Marco Roberto Marelli
Caption
Rachele Maistrello – Courtesy l’artista
Performing Green Diamond – Performance, video HD, 2019 – Courtesy l’artista
Gao Yue, Green Diamond Factory, (summer) – cromogenic print on Fuji Crystal Archive paper, 2019 – Courtesy l’artista