Five Questions for Michael Rotondi

Michael Rotondi nasce a Bari, nel 1977, ma è livornese di accento e nel cuore, oggi vive e lavora a Milano.  Docente di Pittura e Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti “A.Galli” di Como e docente di Discipline Multimediali al Liceo Artistico Di Brera, è membro del gruppo di artisti Wurmkos. Lavoro e vita in lui si fondono e arricchiscono a vicenda. Produzione e diffusione di conoscenze, anche pratiche, corrono dalle tele alle aule dell’accademia con il preciso intento di fare arte di alta qualità ma per tutti, libera. Esperienze collettive, amore ed esperienze personali vengono portate all’attenzione del pubblico attraverso una produzione estetica a volte dura ma sempre avvolgente e profondamente affascinante.


Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?

Oggi, a 40 anni suonati, mi domando spesso a quanti anni veramente ho iniziato a fare l’artista. Guardando sempre un mio disegno sul frigorifero di mia madre, attaccato con la calamita, mi sembra sia datato 1980, quindi ho iniziato in quell’anno.

Ah! No, la domanda forse chiede a livello professionale. Ok, vabbè, ho allargato la risposta. Al Novembre 2003 risale la mia prima personale chiamata UH-60.

Dai miei esordi a oggi, quindi diciamo 15 anni, tutto è cambiato e tutto è sempre maledettamente uguale. Sono cambiato io e i miei obiettivi. Fare Arte oggi, per me, è farlo a qualsiasi prezzo fuori da schemi e salotti, da sudditanze di frustrata matrice e, mercato o no, la faccio quando mi pare e piace. Anche perché le forme espressive sono diventate tante e ci metto più tempo. Fare pressione all’artista lo getta in una situazione di alta tensione che, a lungo andare, diventa solo deleteria e negativa per la sua produzione.

Michael Rotondi
Marine lines – varous materials, variable misures, 2012 – courtesy l’artista

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?

Il mio lavoro è la traduzione di tre temi fondamentali che sono ricorrenti dai miei esordi : memoria collettiva, memoria personale ed emotività. Quest’ultimo è il risultato di diverse sottocategorie, diciamo, che vanno dai sentimenti allo studio antropologico dell’essere umano.

Ho in programma Lucca Art Fair con la galleria Area/B di Milano, e due progetti editoriali che avranno anche due mostre al seguito.

Sto lavorando a nuove cose tra cui un cortometraggio sulla morte dell’anarchico Pinelli con me come protagonista.

Tanti progetti con i miei studenti da cui imparo tanto oltre a dare.

Come ti rapporti con la città in cui vivi?

Considerando che sto a Milano da 10 anni, mi sembra ieri che sono arrivato con la mia station-wagon, ormai defunta, con l’idea di “spaccare tutto”. Direi che mi rapporto bene con la città. Ho sempre vissuto qui con un approccio da nomade, sempre con la paura di mettere radici, e forse questo mood mi ha consentito di affrontare sempre con molto entusiasmo la dura vita della metropoli.

Soviet Funk – installazione materiali vari, 2016 – courtesy l’artista

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?

I sistemi sono tanti, non ne esiste uno solo, sono molteplici. Ci sono quelli che ti portano alla sudditanza e alle pubbliche relazioni per entrare nella grazie di quel gallerista, o quel curatore, o quel collezionista, e a lungo andare ti abbrutisce se la tua strategia di avvicinamento e intortamento/manipolazione non ha funzionato; quelli che ti dopano per produrre opere che interessano al potere del mercato; quelli liberi fuori dagli schemi, quelli degli artist run space, quelli degli artisti borghesi col giro dei ricchi che fanno feste e festini, quelli hipster che poi finisci a far moda che passa, e ti lamenti che non vendi; insomma ce ne sono a bizzeffe.

Io sto cercando di creare il mio intrecciandomi ad altri simili a me. Sistemi fatti da chi ama questo mestiere, e lo intraprende anche attraverso una forma didattica che tramandi quel forte odore di libertà e onestà intellettuale che deve esserci a prescindere da tutto il resto. Un “Sistema Arte” che sia per il popolo, quindi sempre al contatto con un’escursione sociale che ha a che vedere con le persone tutte. Relazioni strette per portare l’opera a più livelli, con un guadagno che ci consenta di vivere e non di arricchirsi per forza. Anche senza guadagno ma cercando di produrlo a tutti i costi pur di portarlo a termine. Quindi lavoro comunque. Quindi Arte per tutti e a tutti i costi: dal nulla di guadagnato a vivere, o sopravvivere.

Questo in risposta a chi pensa che o si fa arte per fare i soldi o sennò che senso ha?

Ecco il senso di fare arte non è certo fare i soldi o guadagnarci, se succede ben venga, ma se non c’è sempre il guadagno non è sicuramente da meno un lavoro rispetto a un altro. Quindi avanti!

Che domanda vorresti che ti facessi?

Quale fondamentale deve trasmettere quello che fai oltre ogni cosa?

La libertà espressiva che poi è quella della vita. Libertà!

www.michaelrotondi.blogspot.it

Immagine di copertina: Michael Rotondi – courtesy l’artista


Intervista a cura di Alberto Pala