Massimiliano Alioto nasce a Brindisi nel 1972 e oggi vive e lavora a Milano. Dopo aver studiato presso il liceo artistico di Lecce, frequenta l’accademia di Belle Arti di Firenze, dove sviluppa un percorso estetico che lo conduce verso una pittura ovattata, che predilige indagare paesaggi urbani e naturali, regalando atmosfere in bilico fra il romantico e il decadente. Con un fare elegante e personale, dove sapori ottocenteschi e simbolismi contemporanei trovano una colta sintesi, partecipa nel 2013 alla 55^ Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia esponendo nel Padiglione Della Repubblica Araba Siriana curato da Duccio Trombadori.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Nel 1975, avevo 3 anni, ho scoperto il carbone, quello che si usava nei bracieri per scaldare gli ambienti, perfetto per scarabocchiare le botti del vino di mio nonno, tra me e quel divertimento c’era solo il battipanni di mia nonna. Il marciapiedi fuori da casa offriva lo stesso divertimento imbrattandolo tutto, lo strumento era diverso: accoglievo pezzi rotti della parte bianca dei marciapiedi, quella esterna, fatta di pietra leccese (tufo più compatto dal segno morbido) ma incontravo sempre lo stesso ostacolo, il battipanni di mia nonna a inseguirmi. Da allora non ho più smesso di disegnare, lo faccio tutti i giorni da 42 anni. Saranno state le botte con il battipanni, quindi il gusto del proibito? Non so, ma il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti di Firenze hanno costruito il mio percorso. Sotto il porticato dell’Accademia, riguardando i disegni delle modelle fatti in aula, alcuni turisti fermi a osservare me li acquistarono e, capito il giochino, ricontrollai spesso i disegni nel porticato. Da li in poi i primi contatti con i mercanti ed è diventato un mestiere senza accorgermene. I soggetti dei miei disegni e dipinti hanno sempre rispecchiato il mio vissuto, in Accademia erano le modelle, andando via da Firenze ho iniziato a viaggiare e l’interpretazione del paesaggio divenne il mio soggetto preferito. La passione per la storia dell’arte poi ha fatto maturare via via il mio gusto e la mia ricerca.

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Come dicevo prima, il paesaggio è sempre stato alla base della mia ricerca ma ha sempre avuto una doppia valenza, prima quella di una ricerca visiva poi introspettiva, stesso approccio nell’affrontare il ritratto, il paesaggio interiore prende sempre il sopravvento. Sin dai tempi scolastici ho avuto la passione per la pittura dell’Ottocento e per il Romanticismo tutto e ho provato a estrarre e astrarre dai miei lavori quasi sempre una chiave simbolica. La ricerca dello stile non mi è mai appartenuta, ho sempre ritenuto una limitazione chiudersi in uno stile pittorico (purtroppo cosa poco gradita da alcuni mercanti per via della non immediata riconoscibilità) e ho sempre posto l’attenzione sul progetto come un regista che mette in scena sempre un’opera nuova e diversa. Per esempio, il progetto del 2002 per Grandi Stazioni dal titolo Altre direzioni, il cui soggetto erano semplicemente dei binari che disegnavano una superficie casuale sulla tela, oppure il progetto per la 55^ Biennale di Venezia nel 2013 dal titolo Codex Corruptionis, dove indagavo sulla corruzione umana rappresentandola in modo allegorico con il cibo marcio, gioielli misti a vermi e così via. Nel 2014 ho dedicato una mostra al paesaggio ottocentesco con Transnatural, dove, riprendendo dei miei vecchi dipinti dal titolo Paesaggio transgenico, ho reinterpretato le classiche vedute ottocentesche con dei colori acidi, testimoni dell’era contemporanea, immaginando un irreale paesaggio frutto di modificazione genetica. Di mostra in mostra porto con me sempre un po’ di esperienza fatta dai lavori precedenti e soprattutto dallo studio. Nella mostra appena conclusa dal titolo Asfissia, che ho tenuto nel cassetto per qualche anno, ho messo in scena una storia d’amore, partendo da un quadro del 1884 di Angelo Morbelli dal titolo Asfissia appunto, che mi ha permesso di raccontare il fascino che ho sempre avuto per quel quadro e per la sua travagliata storia. Attualmente ho un progetto in programma ancora tutto da definirsi e altri sogni nel cassetto.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Dopo aver vissuto a Brindisi, Firenze, Domodossola, Reggio Emilia, ora vivo già da qualche anno a Milano che trovo fantastica, tra gallerie, musei e amici artisti non posso che vivere la vita che ho sempre voluto.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Una Soup Opera ahahah.
Che domanda vorresti ti facessi?
Ci andiamo a fare una birra?
Ok, Alberto andiamo.
Intervista a cura di Alberto Pala per FormeUniche