Lorenza Boisi è nata nel 1972 a Milano, oggi vive e lavora fra la città e il Lago Maggiore. Artista profondamente leggera ha sviluppato un ricco percorso di studi in Italia e all’estero che l’hanno condotta dal CERCCO di Ginevra, in Svizzera, a Villa Arson, in Francia, fino alla KABK – Accademia Reale di Olanda a L’Aia. Partita da una necessità estetica e comunicativa carica di delicati rimandi alla pittura degli anni Ottanta, le sue esperienze e il suo fare l’hanno condotta poi verso volontà plastiche che mai fuggono dal calore tattile del colore. Lontana da regole estetiche prestabilite, la sua arte si fa materia sottile attraverso una rappresentazione espressionista di sè e del mondo, in una continua fuga da esso.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Ho terminato i miei primi studi artistici nel 2005, sono arrivata tardivamente all’arte e ho continuato a studiare oltre i 40. “Faccio” l’artista, in termini professionistici, da circa quindici anni. Ho goduto, all’esordio della mia carriera, dell’ultimo afflato gaudente di una Milano che non è più la stessa, di un sistema artistico che, uscito da un momento di vigore e fermento, poi accondiscendenza e declino, si trova oggi in una situazione di precarietà e flessione. La mia ricerca ha conosciuto un moto ondivago condividendo, in questi termini, l’esperienza di molti. Oggi lavoro e dipingo nel più sottile disincanto, come senza domani, forse dando il meglio che, per ora, mi sia possibile, nel contesto storico di una dimissione generale in bilico tra una sobrietà asciutta che rasenta il rigor mortis e una crociera sulla nave dei folli.

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Lavoro e sono, nella misura più coesa possibile.
Indago volubilmente quello che Sono, in un solipsismo estroverso che guarda alla Pittura in senso stretto e lato, parlando soprattutto con i morti che, sinceramente, mi interessano più dei vivi.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Sono Milanese ma non so quale sia la mia città. Sono in esilio sul Lago Maggiore.
Non v’è più dolce esilio.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Temo che il sistema dell’arte non si occupi di Arte e, generalmente, vorrei che ogni cosa fosse chiamata con il suo nome
Che domanda vorresti ti facessi?
La medesima che mi faccio ogni giorno: a che ora finisce il nostro Tempo?
Intervista a cura di Alberto Pala per FormeUniche