Linda Alborghetti (1992) e Marco Bellini (1991) sono un’inafferrabile coppia di artisti dall’accento vagamente bresciano che, fino a poco tempo va, vivevano e lavoravano a Berlino. La loro ricerca estetica indaga il mondo, si appropria e decontestualizza alcuni oggetti del reale realizzando opere magiche che non conducono alla nota pratica duchampiana ma aprono agli universi misteriosi ed emotivi di Carsten Höller. In un continuo scambio di ruoli fra fotografia e scultura, il loro fare propone un reale perfettamente in linea con l’estetica dei nostri giorni, mostre episodiche conducono a rapide visioni che non fuggono a una minuta narrazione d’insieme.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Insieme, da circa cinque anni. Forse è cominciato tutto un po’ prima (l’essere – sentire…), o forse un po’ dopo (o parte, almeno, del fare). Le differenze da allora potrebbero riguardare l’approccio, la ricerca della forma corretta, l’espansività, anche mentale, lo sguardo alle cose, le volontà, le libertà. Il cambiamento c’è, c’è stato, più di una volta. Ci sono stati anni densi di scavi e periodi di frantumazione. Piantare e aspettare, coltivare. A volte da lontano. Siam pur sempre dei pittori, osservanti e soffermanti, fotografia come pittura e pittura come prospettiva, costruirsi un alfabeto di significazione. Spesso facendo nulla.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Il nostro lavoro ha a che fare (se così si può pensar di dire) con il quotidiano, con le cose e le persone; guardare al piccolo, a noi stessi negli altri, negli atteggiamenti, per ora questo, alla larga. È difficile definirsi, da un certo punto di vista vorrebbe dire specializzarsi, limitarsi. Forse, ribaltando il senso di queste righe, una nostra specialità è proprio la limitazione; capita talvolta che ci fermiamo ancora prima di aver cominciato, con lavori già “realizzati”, magari per caso, magari non per forza da noi. Tutto è intuitivo, le ragioni vengono sempre dopo; a volte imitiamo atteggiamenti e operazioni, individuate fra le tante che ci scorrono davanti agli occhi, alle orecchie, riflessioni, pensieri, idee, volatilità. Se ciò che scompare lascia spazio a un qualcosa che persiste, un atteggiamento, una ripetizione, tentativi, possono queste considerarsi tematiche? Camminiamo con carta e penna in questa direzione, investigando e giocando a nascondino con approcci, dettagli e atteggiamenti per un ecologismo politico e mentale. Abbiamo prodotto lavori che riguardavano i marciapiedi, altri l’inciamparsi, gli interstizi, gli intermezzi, le sottigliezze. In cantiere, per ora, abbiamo una serie di dipinti-disegni collettivi di prova, di ridotta dimensione che forse ingrandiremo, un qualcosa che riguardi il fotografare, tanti altri lasciati a metà, ma quelli fanno parte del passato per ora, o del futuro… un altro potrebbe riguardare il cercare di ricordare quelli dimenticati, comunque, raccogliamo donazioni (www.la-mb.com/).
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Quattro occhi, uno sguardo strabico, cammini, vai in bicicletta. La curiosità suggerita dalle città stesse è stimolante, ci si imbatte sempre in qualcosa di differente, differenziato. Non è tanto grande, ma succedono tante cose. Il mercato è al sabato mattina. Puoi perder del tempo, dedicarti con cura alla scoperta sotto nuove prospettive, per ora è una buona base. Spesso si sta qui, alla finestra, si guarda fuori, si ascoltano i suoni del centro. A volte servirebbe un prato più grande, altre una stanza in più.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
È proprio necessario?
Che domanda vorresti ti facessi?
…abbiamo già finito?
Intervista a cura di Marco Roberto Marelli
Instagram Linda: liindl
Tumblr Marco: marcobaleno
Caption
Linda Alborghetti – Courtesy gli artisti
Business Island (My Fault, ongoing), 2018 – Courtesy gli artisti
Münster, 2017 – Courtesy gli artisti