Letizia Scarpello è nata a Pescara, nel 1989, e oggi vive e lavora a Milano. Un ampio e intenso percorso di formazione l’ha condotta dallo studio della danza a Brera, dove si è dedicata al Costume e alla Scenografia, e poi Londra, dove ha approfondito le tematiche della moda presso l’Istituto Marangoni.
Il suo è un fare elegante, che attiva una risposta tattile e affettuosa nel fruitore, che distoglie il tempo dal suo scorrere veloce ponendo l’attenzione su un mutamento, su uno spostamento che genera senso. I media sono ricondotti alla volontà espressiva dell’artista, evidenziano una precisa cifra stilistica, una “mano” attorno cui è possibile riunire opere di differente natura.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Ho iniziato a fare mostre circa quattro anni fa, se è questo che intendi. Un bel giorno mi sono svegliata e ho capito che la paura mi stava facendo perdere tempo. Ho studiato Design di Moda e Costume per il Teatro per anni, abituandomi a pensare l’arte secondo una sua forma utile; ma non era abbastanza, per me. Volevo creare una sintesi distillata e più pura dei miei turbini emotivi. Così mi sono iscritta a una call per partecipare a una mostra collettiva e tutto è cambiato. Ci sono caduta con tutte le scarpe. Oggi? Ho la consapevolezza di quanto sia meravigliosamente prezioso questo “stato delle cose in cui vivo”. Tanto prezioso, quanto difficile.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
I miei lavori implicano sempre uno spostamento, una relazione come movimento e momento, imprescindibili. Questo significa che per me la vita (e vita = arte) può essere simbolicamente sintetizzata in uno scarto fra due punti, un passaggio, e quell’intenzione o tensione si concretizza per astrazioni nei miei lavori. Uso come esempio Aspettando Godot di Samuel Beckett. Questa pièce teatrale racconta di due uomini, Vladimiro ed Estragone, che aspettano un certo Signor Godot (Go= andare, dot = punto; quindi, fra movimento e stasi) che non arriva. E non arriverà. Cito lo spettacolo perché assistere alla rappresentazione di un’attesa, un passaggio fra quello che è e quello che può, ci riempie di un’illusione che sa di vita. E cito lo spettacolo perché in questo periodo sto lavorando al teatro contemporaneo, le sue radici e il suo spirito poeticamente intransigente. Ne verranno uno o più lavori.
Un altro progetto in programma? Cambiare città
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
La città in cui vivo è la stessa da troppo tempo. Purtroppo soffro molto la routine e stare in una metropoli come Milano da dieci anni, al momento, mi turba. I luoghi in cui viviamo, in un modo o nell’altro, fanno si che il tempo trascorra e si tramuti in esperienza: perciò dico che Milano mi ha dato molto ma non la sento speciale. Penso che il “pierraggio” ossessivo compulsivo delle persone che ne cavalcano la mondanità crei un offuscamento sulla qualità della vita e dell’arte che propone. Sto aspettando, valutando alternative possibili. Oggi ho sentito alla radio che la pazienza è una virtù guerriera.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
So che tutto quello che ci compone è parte di uno o più sistemi, inevitabilmente. Quindi anche l’arte ne prevede uno suo. È così da sempre e lo accetto senza questioni. Il problema nasce quando la differenza fra arte e sistema dell’arte si assottiglia a tal punto da scomparire. Allora gli artisti producono per ragioni economico-social(i) prima che viscerali. E allo stesso tempo collezionisti, giornalisti, curatori, galleristi, eccetera si dimenticano dell’amore per quello che vogliono conoscere, avere e di cui vogliono sapere, che dovrebbe esistere per primo, l’amore.
Di quale argomento, oggi, vorresti parlare?
Credo nella circolarità, quindi mi piacerebbe tornare alla tua prima domanda citando L’origine dell’opera d’arte di Martin Heidegger:
“Il mondo è l’insorgente intensità delle vaste rotte delle decisioni, semplici e costitutive nella dispensa destinale di un popolo istoriale. La terra è il venire alla luce, non mosso a nulla, di ciò che perennemente si contrae e, in tal modo reconde. Mondo e Terra sono costitutivamente di-vergenti, eppure mai separati.”
È più facile di quello che sembra.
a cura di Marco Roberto Marelli
Instagram: letiziascarpello
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Troppo Umano (dettaglio) – Opera site-specific, idropittura su parete, moquette naturale, gommapiuma, varie in alluminio, coloranti per tessuti, flebo – Macao, Milano, 2018 – Courtesy l’artista
The Beauties – Installazione site-specific, gommapiuma laserata e cotone, t-space studio, Milano, 2018 – Courtesy t-space studio
Troppo Umano – Opera site-specific, idropittura su parete, moquette naturale, gommapiuma, varie in alluminio, coloranti per tessuti, flebo – Macao, Milano, 2018 – Courtesy l’artista
Supermarket – Sampa digitale di confezione di glucosio colorata per iniezione, pigmenti deka permanent, Bergamo, 2018 – Courtesy l’artista