Elisa Strinna è nata a Padova nel 1982; oggi vive e lavora a Rotterdam. Dopo aver conseguito, nel 2011, un Master of Fine Arts presso lo IUAV di Venezia ha sviluppato il suo percorso di studi frequentando prestigiose realtà in Italia, Messico, Germania, Francia e Olanda, e partecipato a importanti residenze internazionali.
La sua ricerca artistica indaga il rapporto profondo che si sviluppa, in maniera colta e narrativa, fra reale e virtuale evidenziando connessioni immateriali e materiche. Utilizzando, con capacità tattili, innovative e specifiche, i media della comunicazione, propone un racconto del mondo che colpisce al cuore le esigenze dei nostri tempi, che attiva una risposta nel pubblico. Fra bene e male, la sua storia artistica pone domande sviluppando un rapporto dialettico fra termini che non esistono isolati ma solo in connessione primitiva fra di loro.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Sono ormai circa 11 anni che lavoro come artista, anche se da molto più tempo avevo capito che questo sarebbe stato il mio destino. Dagli esordi sono cambiate molte cose, sicuramente la mia consapevolezza in merito alla scelta effettuata. Mi sono resa conto, in maniera più concreta, delle difficoltà, della precarietà e dei sacrifici che questa vita comporta. Nello stesso tempo resta sempre difficile immaginare un’esistenza diversa, in quanto la dimensione espressiva e la ricerca sono per me un’urgenza, uno stimolo che mi tiene viva. Negli anni ho imparato a prendere con un po’ di distacco da successi e insuccessi, a coltivare la capacità di adattamento.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Il mio lavoro si sviluppa principalmente da uno studio sull’uomo e sul suo rapporto col mondo. In questa ricerca il linguaggio è un elemento cardine. Ogni linguaggio struttura la nostra percezione in modo differente. Studiando diverse traduzioni del mondo in forme simboliche, il mio interesse è quello di comprendere e mettere in discussione i sistemi di realtà da esse prodotti.
Negli ultimi tre anni mi sono occupata, nello specifico, di affrontare come, in contesti differenti, un certo approccio scientifico e le tecnologie mediatiche strutturino le relazioni umane sul piano sociale e ambientale. Tale ricerca mi ha portato ad approfondire questioni relative alla formazione e alla distruzione di territori e immaginari nella “produzione del virtuale”.Il mio ultimo lavoro, Storie Adeane, realizzato per gli Open Studio alla Jan Van Eyck Academie, prende ispirazione nel titolo dall’eone in cui la nostra galassia e il pianeta terra hanno cominciato a formarsi. Il territorio Adeano è un luogo misterioso, dove gli immaginari iniziano e finiscono. Un luogo simbolico di contemplazione. Negli ultimi secoli la cosmogonia occidentale è stata dominio di una scienza basata sul principio meccanicista, fondata sulla matematica, un linguaggio “razionale”, orientato a restituire le dinamiche naturali in modo “obiettivo”. Attraverso questo approccio, ciò che non è misurabile viene escluso dal principio di realtà e l’intraducibile considerato come ciò che non è ancora stato scoperto, non come una dimensione intrinseca all’esistente. Ma, nonostante lo sforzo, l’origine, come la fine, sono ancora un luogo di enigmi, un regno in cui il linguaggio della scienza e dell’immaginazione coesistono e la “verità” si rivela come “affabulazione”.
Il mio interesse nel confrontarmi con questi territori deriva dal desiderio di trovare un ambito in cui l’ordinario diventa innegabilmente connesso allo straordinario, uno spazio attraverso cui esercitare la nostra capacità di percepire il mondo oltre il linguaggio logico.
Attualmente sto lavorando a una mostra personale che si terrà a Lisbona, per il progetto Chain Reaction – curato da Delfim Sardo a Fidelidade Arte, con il supporto di Culturgest. La mostra sarà strutturata come sistema in cui le infrastrutture che trasportano energia e informazione aprono finestre attraverso cui affacciarsi su diversi piani di realtà. In una prima stanza ci sarà un’installazione sonora basata sulla traduzione e interpretazione delle attività molecolari nel fenomeno di fusione nucleare – principio primo attraverso cui viene generata energia nella nostra galassia. La mostra continua con una rivisitazione di Storie Adeane – uno sguardo sul pre-post umano, ma non solo – per poi terminare con le infrastrutture umane per trasmettere energia e la loro de-funzionalizzazione. Infatti, verrà presentata una versione più elaborata del mio video Wrecks, in cui una serie di cavi in creta vengono trasfigurati con piccole quantità di esplosivo.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Attualmente sto cambiando città. Da Maastricht, dove ho passato più di un anno per frequentare la Jan Van Eyck Academie, mi trasferirò a Rotterdam, una città che ancora non conosco. Nel frattempo passo l’estate a Lisbona per finire di produrre la mostra a Fidelidade Arte. Sono contenta di andare a Lisbona, mi affascina molto.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Esistono diversi sistemi dell’arte contemporanea. Purtroppo, in Italia, lo stato non dedica quasi fondi alla cultura, e l’arte contemporanea si trova in balia del mercato. Mi rendo conto che il mercato è l’unico sistema per molti attraverso cui sopravvivere, ma per quanto mi riguarda è un mondo che non mi corrisponde completamente, perché alimenta dinamiche che non condivido, come competizione sfrenata, eccessiva professionalizzazione, mode, speculazione, etc..
Mi rispecchio maggiormente in una visione dell’arte come strumento di ricerca, attraverso cui produrre cultura, un bene che dovrebbe avere valore collettivo. In alcuni paesi nordici lo stato è più presente con fondi e sovvenzioni nel supportare il sistema dell’arte contemporanea. Questo produce atmosfere molto diverse. Ogni realtà ha i suoi pro e i suoi contro, ma per il momento ho deciso di approfondire questa seconda dimensione, perché mi sembra esserci maggiore spazio per un’idea dell’arte come strumento di ricerca.
Di cosa vuoi parlare oggi?
Al momento ciò che mi sta particolarmente a cuore è il problema dell’immaginazione. Molte delle domande che mi tormentano hanno a che fare con il desiderio di comprendere come l’arte può contribuire a generare nuovi sistemi di realtà, nuovi immaginari, diversi da quello dominante.
Il sistema di realtà, che governa i nostri tempi, sembra guidato da una forma di potere nichilista che si afferma attraverso il massiccio sfruttamento di corpi – siano essi umani, o appartenenti al mondo della natura. I risvolti di un tale approccio sono molteplici, oltre alla disintegrazione sociale e alla psicosi, troviamo devastazione ambientale, colonialismo, etc.. Un atteggiamento che divora non solo l’essenza materiale della vita ma anche la sua dimensione immateriale – la nostra capacità di pensare, immaginare e percepire la “sostanza spirituale del mondo”.
La mia domanda è quindi, come, e quali strategie, attraverso l’arte, possiamo mettere in atto per contrastare questa tendenza?
A cura di Marco Roberto Marelli
Instagram: elisastrinna
Caption
The Limits of my Language, 2016 – Alluminio – Courtesy l’artista
Hadean Stories, 2019 – Porcellana cotta, porcellana cruda, rame, allume di rocca – Courtesy l’artista, ph Romy Finke, Jan Van Eyck Open Studio
Elisa Strinna – Courtesy l’artista