Five questions for Elia Cantori

Elia Cantori (Ancona, 1984) è un artista multimediale che incentra il suo lavoro sulla restituzione sintetica, simultanea e tridimensionale dei processi fisici, emozionali e spazio-temporali che concorrono alla realizzazione dell’opera. Assimilando la sperimentazione artistica ai procedimenti della ricerca scientifica che interagiscono con le proprietà chimiche, gravitazionali e volumetriche degli elementi che vengono sollecitati e scandagliati, utilizza la materia e la forma come campo d’azione di leggi fisiche e camera di registrazione dei loro effetti.


Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti tra i tuoi esordi e oggi?

Pur essendo sempre stato interessato all’arte, ho cominciato a realizzare le prime sculture nel 2008. Il lavoro iniziale è stato Navetta (2008), una ruota che seguendo il principio delle esercitazioni con cui gli astronauti si preparano alle missioni spaziali, dava al visitatore la possibilità di fare un viaggio out of gravity all’interno dello spazio espositivo. Era un modo diretto per attivare lo sguardo e cambiare le abitudini e le convenzioni percettive di fruizione dello spazio. Ancora oggi mi interessa lavorare sui meccanismi che stimolano la percezione visiva e per questo non credo che ci siano sostanziali differenze tra gli esordi e la mia attuale ricerca, forse solo più sicurezza. Negli anni di studio si cerca la propria strada senza riuscire sempre a trovarla, con il passare del tempo le cose appaiono più chiare e la sperimentazione, pur rimanendo aperta ai cambiamenti, riesce a perseguire una propria linea.

Elia Cantori
Untitled (1:1 Map) 2016 – aluminum cm 50 x 70 – courtesy CAR DRDE

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?

L’esperienza fisica ed emozionale dello spazio è una tematica ricorrente nel mio lavoro. Mi concentro sull’aspetto fenomenologico dell’architettura e della vita perché mi affascina il modo in cui lo spazio personale, dettato anche dalle emozioni e dagli stati d’animo, influenza e determina la percezione della realtà. Un esempio è quello del soldato e del turista che arrivando sulla stessa spiaggia faranno esperienze diverse del reale a causa dei diversi obbiettivi: il turista si troverà sul luogo per rilassarsi ed uscire, mentre il soldato per conquistare il territorio. C’è una piacevole inquietudine nell’idea che lo spazio fisico possa essere una sostanza modificabile e plasmabile a seconda della nostra psiche. Durante il periodo londinese feci un lavoro intitolato Bunker una tenda da campeggio trasformata in bunker militare. Fu un modo molto semplice per rendere visibili questi concetti. Era possibile intravedere contemporaneamente dalla stessa forma le due celle abitative. Oltre allo spazio un’altra costante della mia ricerca è il tempo. Attraverso il mio lavoro cerco di fermarlo e dilatarlo, di rallentare il suo normale processo: quando solidifico un’esplosione o la traiettoria di un proiettile o blocco l’immagine distorta del mio studio all’interno di un black hole cerco di rendere visibili azioni o forze che altrimenti si esaurirebbero e di “misurare” attraverso la scultura la dinamicità temporale degli eventi.

Come ti rapporti con la città in cui vivi?

Amo Camminare in città, è la condizione ottimale per chiunque abbia bisogno di riflettere o di creare. Dopo aver vissuto per un lungo periodo a Londra, ormai da un po’ di anni mi sono stabilito ad Ancona dove ho il mio studio, che rimane per me il luogo migliore dove produrre il mio lavoro e sentirmi a mio agio.

Elia Cantori
Untitled (Double Hemisphere Room) 2016 – photographic emulsion, resin and iron, about cm 205(h) x 110(d) – courtesy CAR DRDE

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?

Penso di non esserne condizionato più di tanto. Non mi sono mai interessato troppo al sistema, quanto piuttosto all’arte.

Che domanda vorresti che ti facessi?

Qual è l’aspetto formale dei tuoi lavori?

Personalmente credo che l’aspetto formale giochi un ruolo importante non solo nel mio lavoro, ma più in generale come strumento per giudicare se un’idea è valida o meno. Difficilmente parto dalla forma, spesso è il materiale che mi suggerisce un’idea che poi si traduce in forma, oppure è il processo che compio o l’esperienza che voglio far provare al visitatore a condurmi verso la forma e il materiale più adatto. La forma è la porta d’accesso all’opera e all’idea che la fa scaturire e per questo ogni concetto, anche il più complesso, dovrebbe materializzarsi in una forma semplice ed immediata, dettata dalla “funzionalità” dell’opera. Credo che non si debba avere paura della bellezza se articolata nella qualità di un materiale, nell’essenzialità di una forma e nella coerenza di un’idea. La bellezza ha la capacità di attrarre il visitatore e di farlo avvicinare alla sua dimensione più cupa fino a confrontarsi con la propria anima.

www.eliacantori.com

Intervista a cura di Emanuela Zanon per FormeUniche