Daniele Basso nasce nel 1975 a Moncalieri e si trasferisce poi, a vivere e lavorare, a Biella. Dopo un policentrico percorso di studi fonda, nel 2006, GlocalDesign e oggi le sue opere d’arte sono esposte in importati realtà culturali sparse in tutto il mondo. La sua poetica, legata alle superfici in acciaio lucidato a mano e all’utilizzo simbolico delle pieghe, esplode dalla dimesione privata a quella pubblica.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Difficile dirlo, artista ci si sente, formalmente ho iniziato a produrre pezzi d’arte circa 5 anni fà. La mia ricerca però è iniziata ben prima. È un processo di coscienza individuale, a tratti di dolore, a tratti di gioia, che mi spinge a condividere riflessioni che attraverso l’arte rendo universali. È un gioco di scale, dall’intimo al collettivo, alla ricerca di un senso. Le differenze ci sono sia come testimonianza del “Cambiamento”, unica, inevitabile e autentica costante della vita, sia come espressione di un’evoluzione consapevole, risultato delle esperienze e delle conoscenze maturate “sul campo”. La sensibilità alla forma si affina. Le metafore diventano più efficaci. Il lavoro successivo fonda le radici su quello precedente, traendone sicuramente energia e senso. A volte rivedo alcune opere con una certa tenerezza. Oggi penso di essere più maturo e “rotondo” nei contenuti ma rivedo i lavori anche con la consapevolezza della loro importanza nel mio percorso alla ricerca del significato delle cose. Sono tutti tasselli di un quadro che scrivo ogni giorno.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Mi piace credere che i miei lavori possano essere d’aiuto per riflettere sul senso della vita.
Sempre in acciaio lucidati a specchio a mano, sono delle riflessioni incomplete che ognuno di noi è portato a finire con il proprio senso. Spero possano essere un contributo allo sviluppo della coscienza individuale e, nel caso dei monumenti pubblici, anche collettiva. Entrambi fattori chiave per dare “significato” al nostro esistere. Avere coscienza di noi stessi, dei nostri sogni, dei nostri limiti e dei nostri pregi, non solo ci aiuta filosoficamente “a star bene con noi stessi”, ma anche concretamente a interagire meglio con gli altri. Diventiamo costruttivi e contribuiamo positivamente alla società. Spesso lavoro coi simboli, che attraverso l’arte diventano fatti sociali condivisi, e contribuiscono alla costituzione di un’identità sociale. Oggi stiamo perdendo la nostra identità per tante ragioni ma contribuire al recupero di una memoria collegiale attorno a luoghi metaforici ma anche fisici, simboli che in qualche modo rappresentano il territorio e la cultura in cui viviamo, è il mio contributo per la salvaguardia della varietà, della diversità e delle eccellenze, reali sostanze del benessere e radici del dialogo e dello scambio alla base del progresso dell’Umanità stessa. Tematiche profonde che racconto attraverso le pieghe, espressione fisica del “Cambiamento” e delle “Esperienze”, che ci rendono unici in senso assoluto. Purtroppo non posso ancora svelare i prossimi lavori che sono in via di definizione, d’altronde preferisco parlare esclusivamente di certezze, siamo troppo spesso in mano a “venditori di fumo” dai quali preferisco distinguermi ma posso dirvi che sono lavori sempre con un anima. Coerenti con il mio percorso e alla ricerca di un dialogo continuo con lo spazio, il tempo e la contemporaneità.

Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Biella è una città che amo profondamente. Dal territorio ricco di bellezze naturali ed architettoniche. Una terra di eccellenze industriali ed alimentari ma spesso raggomitolata in se stessa. Fortemente divisa tra chi viaggia e si confronta col mondo, che ne riconosce pregi, difetti e limiti, e chi invece è stanziale e non riesce a vederne le potenzialità. Così si lamenta e vive di piccole vicende locali. Il mio è un rapporto di amore e odio, a volte di delusioni ma spesso di gioia, comunque di limiti da abbattere, perchè, come sempre, si soffre solo per chi si ama davvero! Recentemente però, grazie all’azienda Alimentare MOSCA 1916, ho potuto vivere un’esperienza straordinaria! In occasione del centenario dalla fondazione, la famiglia Mosca ha donato alla città e ai cittadini un nuovo monumento che mi ha commissionato. Il primo di arte contemporanea in città. Un enorme privilegio accompagnato da altrettanta responsabilità. In un territorio molto concreto ho proposto un simbolo astratto! Una provocazione costruttiva e un invito a farsi domande! Aquamantio è ispirato all’acqua, reale elemento su cui si fonda il successo del territorio biellese. È una metafora dell’eccellenza vista non come fatto individuale ma come fatto collettivo, dove tutti contribuiscono, e di cui tutti devono avere coscienza ed essere orgogliosi! Un gesto nobile ed elegante, la donazione, che ha creato l’occasione di generare un simbolo d’identità in cui spero i biellesi vorranno riconoscersi mentre immaginano il futuro. Il mio atteggiamento verso il territorio è sempre costruttivo, carico d’entusiasmo e di voglia di fare e va contro l’immobilismo che è pura illusione priva d’immaginazione.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Penso che sia un sistema di business consolidato. Una macchina da guerra autonoma e solidissima. Sarebbe più interessante sapere cosa pensa il sistema di me! Io mi limito a parlare di arte, che vivo come comunicazione universale. L’opportunità per riflettere e immaginare il domani. Autentica avanguardia della società, in cui riconoscere i semi del pensiero e della sensibilità del futuro, filtrati dall’interpretazione profonda del presente e dell’io. Arte che, oggi come sempre, rappresenta l’apice dell’espressione dell’uomo libero, non estetica ma essenza dell’Umanità stessa. Sopraffatti dalla comunicazione e dalla velocità dell’informazione oggi i limiti tra le espressioni creative sono davvero labili. I confini cadono per crearne subito dei nuovi. Allora tutti ci rifugiamo confusi nelle definizioni che conosciamo. Per me invece questo è un mare di opportunità! E’ il nuovo che avanza senza ostacoli e che travolge chi non ha il coraggio di evolversi. Vorrei che potessimo abbandonare i pregiudizi delle performances per conquistare la libertà autentica dell’opinione personale. Superare l’idea di “schokkare” a tutti i costi, attraverso una nuova ricerca del bello, in senso democratico, che trasmetta emozioni anche a chi passa distratto! Ecco il vero nuovo confine dell’arte oggi, tornare a “parlare” a tutti! Tornare all’arte della bellezza per emozioni individuali ma anche collettive, che ci ricordino il senso e il significato di essere una comunità! Un’arte che non isola e allontana ognuno nel proprio insindacabile “io” ma che diventi dialogo, confronto, apertura, progetto per un domani non solo dei nostri figli, ma dei nostri nipoti.
Non so cosa resterà dell’arte contemporanea dopo la livella del tempo. Ma so che vorrei un’arte che emoziona e che ispira le persone perché la condivisione batte l’isolamento, sempre!

Che domanda vorresti ti facessi?
Forse l’aspetto più interessante da trattare è la relazione tra arte ed azienda, tra esigenza personale e commissione.
Noi, in passato, dobbiamo i migliori capolavori dell’Umanità alle commissioni di alcuni mecenate. Signori che volevano comunicare a tutti la forza del proprio rango. Oggi i nuovi mecenate possono essere le aziende, luoghi in cui viviamo la maggior parte della nostra vita ma anche entità dove realizziamo noi stessi, o dovremmo, col lavoro e dove dovremmo veder riconosciuto il nostro ruolo attivo nella società. Le aziende eccellenti allora diventano cultura ed espressione di un dato territorio e ricchezza condivisa della sua popolazione, elementi concreti della nostra identità sociale. Soggetti ideali su cui ragionare per immaginare simboli capaci emozionare e trascendere spazio e tempo per entrare nel cuore delle persone. In questo modo, a volte, esigenza personale di ragionare sul senso della vita e occasione per comunicare coincidono generando energie nuove alla ricerca di una diversa dimensione dell’opera pubblica, insieme antica e contemporanea, per un futuro più etico e consapevole con l’uomo nuovamente al centro dell’attenzione.
Intervista a cura di Marco Roberto Marelli