Andrea Martinucci nasce a Roma, nel 1991. Dopo aver concluso il suo percorso di studi presso l’
Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie, oggi vive e lavora fra Milano e la capitale. Attraverso una ricerca estetica che sviluppa un rapporto dialettico fra la tradizionale tecnica pittorica e i nuovi media digitali, l’artista propone opere colte, che analizzano le modalità attraverso cui le immagini vengono oggi generate e proposte. Immagini figurative salvate in extremis, le recenti realizzazioni di Martinucci si aprono ancora di più verso le dinamiche estetiche dei nostri giorni grazie all’utilizzo di grandi ghirigori in bilico fra il pennello e la gomma virtuale di Paint.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Essendo figlio d’arte, ho respirato fin dalla nascita la voglia di creare tutti i giorni qualcosa di nuovo. Ho sempre sentito un fuoco interno che all’inizio bruciava ancor più violento di quello che provo nel mio oggi. Quel fuoco che ho incontrato in giovane età e che è sempre rimasto mio compagno di viaggio. Ho iniziato a fare mostre da quando avevo 17 anni e da quando stupiva tanto la mia giovane età. Era tanto l’entusiasmo nei confronti di tutto quello che facevo. Oggi ho un po’ più di consapevolezza verso determinate dinamiche e a volte riesco a dare il giusto peso alle situazioni. Vedremo il futuro come mi modellerà.

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Amo la società, amo parlare con le persone e analizzare i pensieri degli altri. Amo vedere le trasformazioni e sentirmi parte del mondo contemporaneo. I miei lavori indagano l’evoluzione dell’essere umano. Capire cosa lasceremo ai postumi soprattutto dopo il nostro rapporto ossessivo con il digitale. Mi piace partire sempre da saggi di sociologia che trovo online per poi elaborare delle nuove chiavi di lettura. In questi ultimi mesi sto rielaborando la serie jpeg per capire che tipo di evoluzione può avere. Non riesco mai a sentirmi soddisfatto totalmente di tutto quello che faccio.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Ho una relazione con Milano da tre anni. All’inizio ci siamo odiati. Non ci capivamo. Eravamo troppo distanti ed io ero abituato a tutta la protezione dell’ambiente romano. Poi, piano piano, sono riuscito a trovare il mio contesto e a vivere bene con le strade, con il cielo grigio che immagino azzurro, stringendo rapporti con persone sane che alimentano la mia voglia di fare, fare, fare e fare.
Sicuramente è la città giusta al momento per me, con un leggero respiro internazionale e io sto sfruttando tutto quello che posso sfruttare.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
È un sistema estremamente veloce, a volte annoiato, che graffia e a volte delude. Soffre di distrazione e con molta facilità si dimentica di tante cose per cercare sempre la novità. Alla fine penso che rappresenti perfettamente la nostra società. Quanto può durare l’attenzione di un’opera su instagram?
Che domanda vorresti ti facessi?
A chi lo lascio il conto?
Intervista a cura di Marco Roberto Marelli per FormeUniche