In occasione delle mostra personale Impasse, fruibile fino al 22 dicembre presso gli spazi di Viasanterna, Alessandro Calabrese si racconta a FormeUniche. Nato a Trento nel 1984, ha iniziato il suo percorso artistico studiando Architettura del paesaggio allo IUAV di Venezia, per poi spostarsi a Milano, dove tutt’ora vive e lavora. La fotografia e l’immagine, nel suo più ampio significato, sono il cardine del suo fare. La riflessione sul concetto di autorialità rientra nelle sue opere accompagnata da un approccio diretto alla realtà, come si può ben vedere in uno dei suoi più recenti progetti: A Failed Entertainment, inserito fra i ventuno migliori talenti del 2015 da FOAM Magazine. Oggi lavora a qualcosa di nuovo: The Long Thing, un diverso approccio all’immagine.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi ed oggi?
Mi occupo prevalentemente di immagine dal 2012 anche se ogni anno, con l’aumentare della consapevolezza, sposto i miei esordi di uno. In questo momento ti direi dal 2014, quando ho pubblicato il mio primo photobook, Thoreau, con la casa editrice Skinnerboox.
Da un punto di vista personale è cambiato molto, soprattutto dall’anno scorso, dopo essere entrato a far parte degli artisti rappresentati dalla galleria Viasaterna, questo mi ha permesso di iniziare a dialogare anche con il mondo dell’arte contemporanea.
Per quanto riguarda la mia carriera, invece, mi sembra ancora molto giovane per fare bilanci di sistema.

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Finora le tematiche trattate sono state soprattutto legate all’immagine in sé. Mi interessa lavorare sul linguaggio, molto meno su un tema specifico altro dal visivo. Quindi nei miei progetti ho indagato questioni come l’autorialitá nell’essere umano e nella macchina, la sovrapproduzione di immagini nell’era dei social media, il rapporto tra figurativo e astratto in fotografia, etc… Nel mio ultimo progetto invece, The Long Thing, esposto in Viasaterna all’interno della mostra Impasse, mentre cerco di corrompere la struttura dell’immagine fotografica attraverso operazioni effettuate con l’uso dello scanner, parlo anche di noia e lavoro d’ufficio. Infine, nonostante il mio interesse metafotografico e il disinteresse per il cosiddetto story-telling, in ogni lavoro ci sono diversi riferimenti alla letteratura, che è ed è sempre stato il mio principale interesse.
Per quanto riguarda il futuro sto lavorando a diverse cose.
Un piccolo progetto per il Premio Graziadei, di cui sono stato il vincitore l’anno scorso e che sarà in mostra a Roma all’inizio del 2018 con me e il futuro vincitore. Tornerò a fare delle foto classiche, anche se motivato da riflessioni riguardanti il mondo del web, in particolare Google Street View.
Dopodiché continuerò a lavorare a un progetto cui tengo moltissimo, che non sarà per niente fotografico in senso tradizionale e che ha come tema gli eventi dell’11 Settembre 2001.
Infine, qualcosa di totalmente nuovo, sempre in collaborazione con Viasaterna. Inizierò nel nuovo anno e sarà qualcosa di diversissimo rispetto a quanto fatto finora, parola chiave: stand-up comedy.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Alti e bassi, dopo cinque anni che vivo a Milano non mi sono ancora del tutto ambientato, nasco provinciale, cresciuto a Trento e formato in quello strano brodo che è Venezia, quando sono arrivato qui mi sentivo davvero un alieno. Non credo mi abituerò mai alla varietà della metropoli. Normalmente non faccio moltissimo, sto spesso a casa a fare le mie cose, oppure mi trovo con gli amici a bere o mangiare in quei due o tre posti in cui mi sento comunque a casa. Però sto migliorando, cerco di andare agli opening (almeno di quelli che conosco), a qualche mostra, al cinema, mai ai concerti però, grossa pecca, perché ho una banalissima ansietta da folla. Detto questo, dopo aver viaggiato molto nell’ultimo paio di anni, mi sono reso conto che mi piace questa città, sono felice di starci, è una bella via di mezzo tra le varie “capitali” europee e ha molto da offrire in questo momento.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Come accennato prima, è un mondo in cui sono entrato di recente e di cui devo ancora scoprire molto, mi sembra vastissimo e un po’ spaventoso. Certe volte illuminante, altre invece poco concreto per i miei gusti da ex studente di architettura, inserito fino a poco tempo fa principalmente nella scena fotografica.
Che domanda vorresti ti facessi?
In generale sono un eterno indeciso, quindi non questa 🙂
Immagine di copertina: Ritratto di Alessandro Calabrese – courtesy l’artista
Intervista a cura di Sara Cusaro per FormeUniche