Filippo Armellin porta un’avvolgente natura selvaggia nel cuore di Milano con le sue immagini fotografiche più vere del vero. Fino al 29 luglio, scendendo negli spazi della Galleria The Flat – Massimo Carasi, ci si potrà immergere in un ambiente in bilico fra reale e virtuale. Gli scatti fotografici, esposti nella mostra personale The Blank Interiors, fanno tutti parte di una serie creata con ambientazioni realizzate in studio, attraverso l’utilizzo di fondali e modelli prodotti con materiali quali carta e metallo dipinto con colori acrilici. Le immagini, realizzate in un identico formato verticale che ricorda l’iconografia sacra, corrono lungo tutte le pareti del candido ambiente che le ospita, integrandosi con un reale porta aperta che conduce l’occhio verso quella che appare una via di uscita verso una realtà che non sembra pienamente vera.

Filippo Armellin nasce a Montebelluna nel 1982 e conclude il suo percorso di studi nel 2010, diplomandosi in fotografia a Milano, dopo essere stato assistente a Roma di Joseph Kosuth, fondamentale artista concettuale statunitense. Il suo approccio al medium fotografico evidenza due caratteristiche fondamentali che riscontriamo negli operatori estetici apparteneti alla sua generazione: il ritorno al fare manuale, in un’accezione intimistica, e il confrontarsi con i simulacri che invadono le nostre giornate. Se gli anni novanta sono stati un periodo dove a farla da padrona è stato l’approccio neo-concettuale, con opere spesso appariscenti e provocatorie, negli Anni Zero si è visto un progressivo ritorno verso un fare manuale più vicino alla dimensione umana, quasi un ritorno verso un’artigianalità che sembrava perduta. In questa ottica si inserisce il lavoro dell’artista veneto che costruisce con pazienza modelli di foglioline, piante, pietre e li utilizza poi per realizzare set fotografici. Questa fase rimane un fare preliminare che non è ancora opera d’arte, ciò che conta non è il processo, come per un artista quale Thomas Demand, ma lo scatto finito ed esposto a parete. L’immagine prodotta crea una verità che può confondere il distratto fruitore ma che si presenta, in fine ultimo, come un simulacro, nell’accezione che al termine da il filosofo Jean Baudrillard, cioè come un realtà che non possiede il suo corrispondente nel mondo quotidiano e che quindi si basa su un modello ideale.
Guardando con attenzione le opere in mostra, si nota come i paesaggi rappresentati siano in realtà degli ambienti chiusi, di superficie, nature metaforiche che fanno uso dell’illusione del reale per aprirsi alla fruizione poetica, sono la foresta nella quale si perdono Hänsel und Gretel, il bosco che deve attraversare Le Petit Chaperon Rouge fino a divenire la “selva selvaggia e aspra e forte” che esiste tutta nell’animo del poeta toscano.

Le opere di Armellin presentano delle immagini perfette, dal grande fascino, che si trasformano in strumenti per riflettere su cosa sia oggi la natura, su una contemporaneità che illude i suoi abitanti e su tutti i limiti che il concetto di realtà possiede. Come sostenuto dall’artista stesso, la sua ricerca parte da una condizione di “esaurimento del fotografabile” che lo conduce a rappresentare il luoghi non per quello che sono ma per quello che significano.
Siamo oggi in un mondo dove la realtà è fuggita via e i cieli sono ormai finalmente vuoti, in un’epoca che non si riconoscerà più nei monumenti, trasformati in obiettivi dalla fede terroristica, ma nelle emozioni, in quelle grandi e piccole emozioni che ci faranno interrogare, ancora una volta, sul significato vero delle cose.
Marco Roberto Marelli
FILIPPO ARMELLIN
THE BLANK INTERIORS
12 maggio – 29 luglio 2016
THE FLAT – MASSIMO CARASI – Via Paolo Frisi 3 – Milano