Fino al 18 febbraio, negli spazi dell’Ex chiesa di San Mattia a Bologna, è in corso la mostra collettiva Kahuna. Curata da Leonardo Regano, presenta al pubblico i lavori di tredici artisti tra i quali Amandine Samyn (Bruxelles, 1978), Cosimo Terlizzi (Bitonto, 1973), Pinuccia Bernardoni (Bientina, 1973) e Giuseppe Penone (Garessio, 1947).
L’edificio sconsacrato appare costellato di piccoli atolli, barriere coralline e lagune che rievocano le lontane isole hawaiane dalle quali provengono i Kahuna, gli sciamani in contatto diretto con il divino. Regano naviga con destrezza queste acque, traghettandoci – moderno psicopompo – verso una dimensione altra. Il nostro sguardo oscilla lento tra le cappelle laterali che ora accolgono le vene al neon di Arthur Duff (Wiesbaden, Germania, 1973), ora racchiudono le stalagmiti pigmentate di Sophie Ko (Tiblisi, 1981), in una sintesi mistica tra elaborazione cognitiva e percezione sensoriale. Lungo la navata un’aerostatica meteora aleggia placida all’altezza dello sguardo, è l’opera del duo First Rose – firmato da Fabrizio Favale (Velletri, 1969) e Andrea Del Bianco (Cingoli, 1974) – che si erige a emblema del desiderio curatoriale: la ricerca di un incontro tra spiritualità e natura.

Una mostra che non pone interrogativi ma offre scorci, possibilità, che tende le mani verso chi guarda. Allo stesso modo si dipana da sopra l’altare il drappo illustrato di Claudia Losi (Piacenza, 1971) che scende delicato fino ai nostri piedi per farsi guardare con lo stesso sguardo di meraviglia dei primi uomini sulla Terra, rivelandoci orsi giganteschi, tartarughe fluttuanti e banchi di pesci. Kahuna è una narrazione senza tempo che non manca di sfiorare tutti i nostri sensi: ci offre racconti sonori, come quelli delle ipnotiche Orbite metafisiche di Gregorio Botta (Napoli, 1953) che muovendosi in una perfetta sintesi tra caos e leggi della fisica, fanno risuonare nell’ex chiesa cinque campane tibetane. E ancora, storie senza una fine ma fatte di contemplazione sinestetica come quelle che si vivono chiusi nel buio del diamante ligneo di Sabrina Muzi (San Benedetto del Tronto, 1964).

Un’esposizione lineare e aggraziata, che non teme il confronto con lo spazio che l’accoglie né con l’eterogeneità dei supporti e delle tecniche, talmente ben orchestrata da non far sentire la mancanza di un foglio di sala che ci accompagni al suo interno. Problematico invece l’allestimento extra espositivo: gli spazi della Cinquecentesca chiesa sono occupati da strutture ingombranti che vengono mal celate allo spettatore, creando alle volte un intralcio visivo non indifferente.
Il viaggio nell’arcipelago Kahuna è lento e contemplativo alla ricerca di una conoscenza che sembra essere sussurrata.
Martina Aiazzi Mancini
KAHUNA
a cura di Leonardo Regano
2 febbraio – 18 febbraio 2018
EX CHIESA DI SAN MATTIA – via Sant’Isaia, 14/A – Bologna
Immagine di copertina: Giuseppe Penone – 33 erbe, 1979 – litografia su carta – KAHUNA exhibition view, 2018, Ex Chiesa di San Mattia, Bologna – ph. Martina Aiazzi Mancini