Nell’anno del trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, Eric Meier non aveva occasione migliore per riflettere sull’evoluzione dell’Europa dalla fine dei regimi comunisti a oggi. Per l’artista tedesco, nato nel 1989 a Berlino Est, l’implosione socio-politica simboleggiata da quell’evento rappresenta l’input iniziale della sua ricerca. Presentarne gli sviluppi presso Valletta Contemporary a Malta – dove la sua ultima mostra Diktat, curata da Markus Summerer, sarà fruibile fino al 27 ottobre – è una scelta non usuale.
Quando trent’anni fa veniva abbattuto il Muro l’isola nel Mediterraneo era ancora lontana dall’adesione all’Unione Europea, che da allora ha cercato di aprirsi sempre più a un’integrazione oltre confini. Malta ne entra a far parte solo nel 2004, quando è già chiaro che l’originario spirito cooperativo non reggerà a lungo.È sugli errori e le ‘rimozioni’ commesse negli ultimi decenni di vita del nostro continente che Meier concentra la sua indagine, convinto che il presente rappresenti spesso una ripetizione del recente passato. In tal senso, l’inasprimento in molti paesi di un sentimento di chiusura nazionalista non lascia presagire bene guardando alla nostra storia. Per comprendere questo fallimento l’artista riporta alla luce tracce della società dimenticate e tralasciate, equivoci dei decenni precedenti che ancora oggi sono politicamente attuali. Ad aprire la mostra c’è Vladi…the little poet, filmato estratto da YouTube di un discorso tenuto da Vladimir Putin in occasione delle celebrazioni per la vittoria sulla Germania nazista e la conseguente presa di Berlino. L’inserimento della traduzione automatica sulla piattaforma di video-sharing rende una trasposizione distorta e insensata del già confuso discorso del leader russo, ironizzando sull’acquisizione distratta di notizie dal web e su quanto la politica usi le parole solo per indirizzare il consenso. Viene così naturale domandarsi se siano più ‘fake’ certe informazioni provenienti dal caotico mondo di internet o dalla maggior parte dei discorsi istituzionali.
Al piano inferiore, un insieme di pietre è disposto a formare un quadrato, mentre di ciottoli più piccoli è composto il blocco in cemento che si trova a terra: frammento di muro non più eretto, indice di una separazione subdola e meno appariscente. Le bottiglie di vodka, ripiegate e ‘appassite’, indicano la stanchezza dovuta alla lunga fase di transizione prima dell’unificazione tedesca che, come mostrato da Meier, fu un processo lungo e faticoso. L’alternanza tra i segnali di cambiamento e quelli di una situazione immutata viene accentuata da stampe fotografiche di luoghi difficilmente catalogabili come Est o Ovest. L’immagine di un anonimo palazzo residenziale è affiancata a quella di una superficie con graffiti; se non sapessimo che si tratta di una parte del muro berlinese potrebbe provenire da qualsiasi altro Paese.
Nella sala seguente, l’idea di riunificazione continua a essere negata: due mani scolpite, che fuoriescono dalla parete in posizione prona, dichiarano anch’esse l’attesa estenuante di una reale unità, ingenerando un senso di sospensione ravvisabile anche nell’immagine di una pianta isolata su dei gradoni. Le pietre a terra indicherebbero un definitivo abbattimento del confine, se non fosse per la recinzione eretta simbolicamente alle loro spalle. Anche nella terza sala, insieme ad altre bottiglie di vodka e frammenti murari in terra, ci sono vedute fotografiche apparentemente tedesche ma realmente indistinguibili: vari lampioni stradali, una stanza malridotta, un mattonato sfaldato e, ancora, due mura con graffiti. Rispetto all’astensione delle stampe, le restanti sei mani in calco esprimono invece un messaggio perentorio, puntando il dito verso i presunti responsabili di questa situazione.
L’artista mette in discussione le condizioni socio-politiche dei luoghi che riproduce, non per farne dei documenti storici ma degli schermi in cui lo spettatore possa riflettere sulle esperienze e i ricordi della propria identità, così da svelare nuove percezioni riguardo la politica e la comunicazione attuali. Percezioni che, per Meier, possono emergere solo decostruendo fisicamente la nostra memoria degli ultimi trent’anni di storia, non per rimpiangerli, ma per intervenire sugli errori commessi. Proprio tramite la concreta frammentazione di elementi reali come ciottoli, rocce e mura l’osservatore può progressivamente scorgere luoghi e circostanze apparentemente familiari che, tuttavia, celano spunti autobiografici dell’artista.
Dopo aver così chiarito visivamente il fallimento e l’apparenza di un’effettiva unione internazionale, risultano più comprensibili realtà come la Brexit, l’irrigidimento dei confini intereuropei, i sempre più frequenti delitti razziali come quello che proprio a Malta ha visto coinvolto l’ivoriano Lassana Cisse. Diventa anche meno illogico che, in Germania, aumenti il consenso verso gruppi neo-nazisti, e, nel resto d’Europa, verso forze politiche che hanno come unica voce della loro agenda la chiusura di frontiere geografiche e mentali. Pensare che nemmeno l’abbattimento del confine più ingombrante del XX secolo abbia insegnato una maggior integrazione non lascia grandi speranze per il futuro.
Eppure, le lascia a Eric Meier, secondo cui da una decadenza simile non si può far altro che ripartire. Un modo per farlo è simbolicamente espresso nel video che chiude la mostra: un uomo nudo grida in segno d’accusa ma le sue parole non si sentono, così, nel silenzio, stringe parti del suo corpo per ‘indagarsi’. Studiare il passato autonomamente, riscoprendo il silenzio, la riflessività, le potenzialità del corpo e dello spirito può aiutarci a capire cosa è davvero reale, al di là del bombardamento mediatico e propagandistico. Un ripiegamento riflessivo sulla nostra storia che può metterci in guardia dai tanti ‘diktat’ che ci vengono imposti dall’alto; ordini che, pur se giustificati in nome della pace e dell’unità come in quel 1989, non giungono mai agli effetti sperati.
Mario Gatti
Eric Meier
Diktat
A cura di Markus Summerer
26 settembre – 27 ottobre 2019
Valletta Contemporary – Triq Lvant (East Street) 15, 16, 17 – Valletta (Malta)
Instagram: vallettacontemporary__malta
Caption
Eric Meier, Untitled, 2019 – Site specific installation, dimensions variable – Courtesy Valletta Contemporary Malta, ph. Eric Meier
Eric Meier, Auf Gute Nachbarschaft (Auf einer Linie), 2019 – Six concrete casts, 20 x 10 x 5 cm each – Courtesy Valletta Contemporary Malta, ph. Eric Meier
Eric Meier, Diktat, 2019 – Installation view at Valletta Contemporary – Courtesy Valletta Contemporary Malta, ph. Eric Meier
Eric Meier, Diktat, 2019 – Installation view at Valletta Contemporary – Courtesy Valletta Contemporary Malta, ph. Eric Meier