La Galleria Franco Noero di Torino presenta, fino al 9 ottobre 2019, Interlude, terza personale di Darren Bader (Bridgeport, 1978) realizzata, per la prima volta, nello spazio espositivo di piazza Carignano; le precedenti mostre – del 2015, Rocks and mirrors e del 2013, #I am just living to be dying by your side – erano state allestite rispettivamente in via Mottalciata e nella “Fetta di polenta” dell’architetto Alessandro Antonelli, in via Giulia di Barolo.
Bader propone ai visitatori gli ingredienti tipici della sua produzione: centinaia di oggetti dalla gamma svariata – si passa da libri a sacchetti di zucchero, rami con pigne, bambole, ritagli di riviste, insalate di ceci e mirtilli – che, come in una collezione di un accumulatore seriale dai gusti eterogenei, si dispongono a terra, appoggiati o sospesi alle pareti.
Nell’iniziale disorientamento si intuisce che le installazioni si inseriscono nel percorso espositivo con atteggiamento ironico, saturandone gli spazi (Substituitions #1-6; eBay sculpture) o, viceversa, lasciandoli vuoti (proposal for a fragrance), ma sempre creando una intensa, triplice dissonanza: prima di tutto interna agli oggetti stessi; poi fra quelli e le sale settecentesche, le cui volte decorate sembrano osservare con distacco la caotica profusione; e, infine, nel rapporto con il pubblico, che si trova inserito in una realtà fortemente caotica.
Tuttavia, gli accostamenti non sono privi di senso; o meglio: il loro senso non va ricercato in un ragionamento logico-razionale. Oggetti di realtà disparate – eppure pur sempre dell’unica e sola – si affiancano per solleticare nuove configurazioni di significato, secondo modalità sinestetiche e memoriali, oniriche e giocose.
Un testo nella prima sala, di pugno dell’artista, aiuta a comprendere la realtà dell’accozzaglia apparentemente insensata delle installazioni: egli è affascinato dalla possibilità, ma soprattutto frustrato dall’impossibilità, di creare un archivio che raccolga e organizzi ogni tipo di “oggetto nel mondo” (thing in the world), senza il quale le cose si affastellano in modo casuale.
In un discorso non solo individuale ma aperto alla pluralità, Bader svela la potenzialità infinita che riposa in questa realtà discordante: “Without the database I’m(/we’re) left to depend on my(our) mere brain(s)/mind(s) to approximate the perfect randomness I(/we) deside”.
Ecco che allora, in una sorta di smania enciclopedica, si intravede il tentativo di conoscere e organizzare il reale, ma non nei modi soliti; bensì prelevandone frammenti e tracce, porzioni di realtà curiose, come per un gabinetto cinquecentesco, una collezione scientifica seicentesca, ricchi di naturalia et mirabilia, attraverso le quali avere a disposizione un microcosmo personale.
Il discorso di Bader, tuttavia, si colloca fortemente nella contemporaneità: i suoi sono prelievi dalla società dei consumi, sono scarti di una realtà quotidiana, che raccolti e riconfigurati secondo forme (l’Italia, un orologio, una tavola degli elementi chimici) riacquistano un senso, se ne appropriano in virtù del modo in cui sono accostati. Quasi come i libri della biblioteca di Aby Warburg, ordinati secondo “rapporti di buon vicinato”: allo stesso modo gli oggetti in mostra cercano inedite connessioni, dialoghi segreti, suggestioni scherzose.
Il filo conduttore è proprio quella continua e inesauribile produzione di senso che scaturisce dall’oggettuale, ed è lo stesso artista a dirlo, ancora nel testo introduttivo (che è parte essenziale della mostra): “Substitutions is a way I’ve sought to cope with and honor the inexhaustibility of thing(nes)s”.
Il discorso si può applicare a tutte le sale con alcune correzioni e precisazioni, dal momento che, in alcune, Bader unisce lavori già esposti in passato con altri elementi, creando così nuove “Sculture”; gioca anche sull’immaterialità dell’oggetto artistico, la cui valenza risiede principalmente nel disegno concettuale a cui è fortemente vincolato, al pensiero filosofico che nutre e dà – paradossalmente – sostanza, nel suo non essere materico (velleities).
In un gioco di continue contrapposizioni, salti logici e cortocircuiti mentali, in una delle ultime sale l’artista cerca di dare consistenza al suono dell’aria, registrandone i diversi impasti sonori a seconda della composizione molecolare, e trasmettendo ognuno di essi in una delle 40 casse audio disposte su tre pareti (Molecules, starter kit 1 e starter kit 2).
Le “cose” di Bader conservano l’irriverenza e la sfrontatezza del ready-made duchampiano; meno la polemica. L’obiettivo principale sembra essere indurre lo spettatore in riflessioni giocose, fantasiosi voli pindarici, mostrando l’infinita generazione di significato degli oggetti, qualora siano riallestiti in una nuova dimensione. Un gioco attraverso cui si restituisce senso al banale, senza far mancare una strizzata d’occhio al mercato dell’arte (ormai avvezzo a procedure di questo tipo), a cui l’artista rivolge uno sguardo beffardo e divertito, nella consapevolezza di aver rimescolato ancora una volta le carte del gioco.
Giulia Perrucci
Darren Bader
Interlude
16 luglio – 09 ottobre 2019
Galleria Franco Noero – Piazza Carignano, 2 – Torino
Instagram: galleria.franconoero
Caption
Darren Baden, Interlude – Installation views, Galleria Franco Noero, Torino, 2019 – Courtesy Galleria Franco Noero, Torino.