Se, nel repertorio massmediatico dell’epoca della post produzione digitale, una giornata perfetta non può che terminare con uno scenografico tramonto in sgargianti tonalità Pantone, i lavori di Daniela Comani e Fabio Torre, attualmente in mostra alla Galleria Studio G7, erodono questo cliché per esplorare, da punti di vista complementari, il potenziale contemporaneo dell’immagine mimetica in bianco e nero. Il dialogo tra i due artisti, le cui opere si schierano alle pareti opposte della galleria in una sorta di rispecchiamento differente, trova il minimo comune denominatore nella versatilità del mezzo fotografico che, come sottolinea il testo critico di Claudio Marra, “sin dagli esordi ha saputo dialogare con la pittura e con il concetto, smaterializzando l’una e reificando l’altro”.

Daniela Comani presenta il progetto Sunsets, costituito da scatti che ritraggono frontalmente una sequela di televisori spenti: la modalità OFF priva i congegni della loro originaria funzione facendone emergere le intrinseche qualità estetiche per comporre un’inusuale collezione di finestre sul mondo, accecate e variamente incorniciate. La finta inerzia dell’apparecchio neutralizzato lascia campo libero alla formazione di nuove visioni generate dal riflesso dell’ambiente circostante sullo schermo scuro, a cui si aggiungono l’impressione del flash utilizzato in fase di ripresa e le tracce di polvere che la repentina illuminazione artificiale trasfigura in impronte simili a pennellate. Il procedimento evidenzia l’ambivalente vocazione della fotografia a isolare e amplificare dettagli che solitamente sfuggono alla visione diretta e a trasfigurare il reale in una sorta di artificialità naturalizzata che dà corpo alle infinite possibilità d’esistenza che risiedono negli strati latenti dell’immagine. A questo modo, i ritratti di televisori sembrano voler competere con la più tradizionale pittura di paesaggio, evocando suggestivi tramonti in bianco e nero in cui il sole calante è sostituito dal riflesso del flash immortalato nello scatto; la rarefatta indeterminatezza di questa sintesi istiga il visitatore a proiettare sul monitor le proprie visioni interiori integrandole all’insieme. La riflessione semiotica sul medium diventa a questo punto estremamente intrigante: mentre lo scatto trasforma il tempo istantaneo del flash in un’eternità imperturbabile, la modalità off interrompe la riproduzione di immagini in movimento per rimpiazzarla con un flusso di pensieri e intuizioni non più riconducibili a un unico canale emittente. I televisori-soggetto sono inoltre trasformati in immagini bidimensionali che, montate su cartone, ritrovano una nuova straniante tridimensionalità come oggetti artistici che mettono in dubbio la serialità del medium fotografico approssimandosi all’unicità del quadro inteso come finestra interiore e rispecchiamento interattivo.

Quest’intreccio di rimandi e alterazioni si complica con la serie di ritratti intitolata The Perfect Friends in cui Fabio Torre effigia alcuni personaggi più o meno noti dell’ambiente artistico bolognese, tra cui la stessa Daniela Comani che appare ambiguamente androgina come negli scatti del progetto Un matrimonio felice. La pittura, in questo caso olio su carta, è utilizzata come terreno di ricerca e mediazione con altre modalità visive, ancora una volta la fotografia e il cinema. Il bianco e nero è strumento di sintesi e intende rappresentare l’essenza del “fotografico” come restituzione della visione di un occhio divenuto obiettivo. L’iperrealismo dell’immagine dipinta, a prima vista confondibile con gli esiti contrastati della fotografia analogica, a uno sguardo ravvicinato si rivela illusorio perché effetto della ricomposizione retinica di un nugolo di pennellate di tocco che funzionano come i pixel dell’animazione digitale. Anche qui si crea un irrisolvibile corto circuito visivo tra soggetto e linguaggio, al punto che risulta impossibile determinare con certezza quale dei due sia lo strumento o il pretesto per indagare l’altro.
Entrambi gli artisti giocano, con la messa in scena dei rispettivi mezzi espressivi, come se volessero sfidare l’osservatore a individuare un indizio di autenticità nella labile intersezione tra il tempo infinitesimale dello scatto e la durata incommensurabile della pittura, nella costante oscillazione tra l’automatismo del processo tecnologico e la manualità esecutiva. L’apparente tenzone tra le due opposte procedure di virtuosismo imitativo e manipolatorio nasconde in realtà l’ennesima simulazione e stratificazione cognitiva che protegge e svela, al tempo stesso, l’inesauribile mistero di un’immagine camaleontica che rifiuta di essere definita da una lettura univoca.
Emanuela Zanon
DANIELA COMANI – FABIO TORRE
PERFECT DAY
22 aprile – 10 giugno 2017
Testo critico di Claudio Marra
GALLERIA STUDIO G7 – via val D’Aposa, 4a – Bologna
Immagine di copertina: Daniela Comani | Fabio Torre – Perfect Day, 2017 – exhibition view – courtesy Galleria Studio G7