Daily Studio Special – Thomas Scalco | Leda Lunghi

Sei artisti – Giulio Zanet (Torino, 1984), Thomas Scalco (Vicenza, 1987), Adi Haxhiaj (Tirana, 1989), Mattia Barbieri (Brescia, 1985), Barbara De Vivi (Venezia, 1992), Alan Stefanato (Trieste, 1992) – hanno dialogato con sei curatori – Andrea Lacarpia, Leda Lunghi, Elena Solito, Federica Mutti, Federica Fiumelli, Anna Casartelli – per dare forma a Daily Studio Special.

Il progetto è sviluppato in collaborazione con Superstudiolo Arte Contemporanea. Con la direzione artistica di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco, Superstudiolo nasce sul territorio di Bergamo come riflesso di esperienze curatoriali maturate negli anni. Un contenitore per la ricerca artistica contemporanea che, abbracciando un modello che intende coniugare pratiche di ricerca attivate da project space e non profit con pratiche espositive e di collezione da galleria d’arte, lavora con un’attenzione e uno sguardo rivolto alla pittura contemporanea.

Segue L’albore di un sogno testo di Leda Lunghi

Le opere di Thomas Scalco assumono l’estetica della purezza nelle forme. Esse sono un inconscio che si rivela sulle soglie dei sogni, quei sogni che divengono ispirazioni per la sua arte. Un’arte iconica e rivelatrice, capace di aprire varchi nelle profonde essenze del sublime, emozioni, fessure, sulle note dell’ouverture della natura; esse appaiono nell’ombra del divenire, in un luogo di unione, nel silenzio armonioso ed enigmatico tra forme e informe quale realtà altra. Pavel Florenskij la definiva sogno mistico, che si rivela soprattutto all’albore della mattina, quando l’anima è più trasparente e limpida.
Le opere di quest’artista sono specchi che si guardano, riflettendo immagini interiori, riverbero di raggi che che si intersecano e sfumano nel sogno, sul suo confine recondito.
La loro essenza rifulge in una gemma, i cui lati irradiano di una luce profonda e al contempo velata, archetipo del simbolo, del disvelamento dell’arte. Compare nella poetica di Scalco un’idea percepita, non come eidos platonica, ma come lettura interiore. Un’epifania che riusciamo a intravedere anche nelle sue sculture di carta, che nella loro fisicità materiale tramandano un mistero legato all’antimateria. Una poetica antimonumentale, straniante, le sue opere invece che elevarsi apparentemente si eclissano, ma brillano come un diamante grezzo da cui riflette il chiarore quale illuminazione della verità.
Ed è in questo nulla evanescente che si rivela l’Io, nell’oblio di una nebbia cinerea traspare lo spettro della psiche, dello stato crepuscolare del sogno, quell’equivoco cercato, in cui si rivelano razionale e irrazionale, figurativo e astratto. È una soglia, un ponte, un frangente, l’arte di Thomas Scalco è la ricerca di un chiaroscuro, di una grazia, “dell’equilibrio tra spirito e corpo”, con quest’espressione Friedrich Wilhelm Joseph Schelling delinea la metafisica dello splendore.
Guardando i quadri e i disegni si intravede un cratere; Victor Hugo, nel delizioso libro il Promontorio del Sogno racconta di una sporgenza situata sulla luna che porta questo poetico nome; con sublimi parole, degne del poeta, Hugo descrive le ore trascorse all’Osservatorio di Parigi ad ammirare il satellite, quel mondo affascinante ed ignoto che ci sovrasta dalla sua solitudine. Questa narrazione ricorda la ricerca di Scalco, onirica, silenziosa; ritroviamo, vagando tra le parole del sommo poeta francese, lo smarrimento straniante dei suoi quadri, che ci descrive l’immenso fantasma con tutte le sue contraddizioni e noi, distinguiamo dentro questi lavori, i vari luoghi o non luoghi e attendiamo il momento in cui la luce illumina l’ombra della notte, permettendo la visione di questi mondi ignoti e di nuovo è l’intersecarsi del mistero notturno che giunge al chiarore radioso dell’alba. “Fu come vedere delle frontiere in un sogno”, Victor Hugo.



Thomas Scalco, Studio, 2020 - Courtesy l'artista


Leda Lunghi (Milano,1980) si è laureata in lettere indirizzo storia e critica dell’arte, ha vissuto e lavorato a Berlino, perfeziona le sue competenze curatoriali grazie all’internship presso Amdira di Enrica Viganò e all’esperienza in Galleria Carla Sozzani. È critica e curatrice indipendente, collabora con gallerie private, musei, spazi alternativi e no profit in Italia e all’estero. Ha scritto su diverse riviste di settore tra cui Domus, Segno e Juliet. Ha un blog: Muse Contemporanee

Thomas Scalco (Vicenza, 1989) vive e lavora a Vicenza dipingendo spazi solitari, remoti e occulti, sotterranei o siderali dove la materia informe – che richiama concrezioni rocciose e profondità ctonie o organismi primordiali – si organizza cercando una forma, procedendo dal disordine all’ordine in virtù di una logica costruttiva interna che, da una situazione di iniziale disgregazione, si struttura in aggregazioni inaspettate. Configurazioni in evoluzione discontinua percorse da fessure, improvvisi varchi, orifizi abissali che, come attrattori fatali, catturano lo sguardo e lo incanalano verso precipizi infiniti trascinati da eccentriche tensioni armoniche. Per Scalco l’arte non rappresenta ma manifesta: la superficie pittorica è dunque la soglia che segna il passaggio per accedere a un differente livello di realtà dove il dato contingente perde la sua individualità riconoscibile per liberarsi in una dimensione di pura contemplazione della bellezza e della sensualità del colore, della luce e della materia, metafore di una consapevolezza più profonda (Rossella Moratto). Tra i progetti di mostra personali, collettive e partecipazioni a residenze: SILERE, Villa Contemporanea, Monza (2020); Selvatico 14, L.Varoli Civic Museum, Cotignola, Ravenna (2019); Tales of light and shadows, Luisa Catucci Gallery, Berlino (2019); Setup Contemporary Art Fair 7th edition. Best artist Under 35, Palazzo Pallavicini, Bologna (2019) Art Verona 2018; Combat Prize 2018; Arteam Cup 2018; Ricognizioni. Dai Bocs Art i linguaggi del contemporaneao, Bocs Cosenza (2017).

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Thomas Scalco, Studio, 2020 – Courtesy l’artista