I dipinti di Catherine Parsonage (Birkenhead, UK, 1989) stimolano immagini, pensieri reconditi di momenti quotidiani, tanto angusti quanto splendidi. Opere di piccolo e grande formato – esposte presso Clima Gallery, a Milano, fino al 21 marzo – fissano i particolari di una routine familiare: la specificità di un orecchio, uno spaccato cittadino, la fessura di una bocca disegnata sulla tela con la dolcezza, tutta femminile, di uno sfumato dalle tinte rosee. “Idillio” si dirà, eppure non è così. Quello che dovrebbe apparire come un «diario visivo», come scrive Rosanna Mclaughlin nel bel testo che accompagna la mostra, manifesta, in verità, un non so che di inquietante.
Un pensiero e un momento, l’intuizione veloce che si traduce, nelle parole della Mclaughling, in autentica riflessione. Il testo accompagna realmente la mostra. Non la completa, non la spiega, né tanto meno la sovrasta con discorsi che potrebbero essere presi per se stessi, senza bisogno di alcuna opera. Quel che vince è il quadro e le considerazioni che esso genera, il paragone tra il sé osservante e il sé del dipinto, ignoto, immaginifico, tanto personale da dispiegarsi in tutta la sua peculiarità. Cos’è, infatti, la quotidianità senza che in essa sussista un patimento, una tensione, o un dato sconosciuto che tanto attrae e tanto respinge? Espressioni emotive originate dall’azione, forse inconsapevole, di elementi mnemonici che insorgo inaspettati dalle circostanze più consuete. Un gioco di contraddizioni lampanti mediante il quale Catherine Parsonage regala apprensioni e turbamenti d’animo, nessi al limite dell’allegoria, esplicitati in opere come rams/rooms (2018), dove l’intera composizione, fatta di teste d’ariete dalle tenui e candide cromie, è sovrastata da un rettangolo di colore nero realizzato emulando il disegno veloce di uno strumento digitale. Una gabbia entro cui rinchiudere la scena, ma che, di fatto, non è altro che la traccia sintetica della pianta di una stanza da letto.
Culmine di una costante agitazione che non incontra pace è la scena di un dipinto senza titolo (Untitled, 2018) in cui la figura di una giovane donna si ritrova oppressa e schiacciata contro il finestrino di una macchina. Il volto rigato dalle smorfie, i piedi rugosi e irrigiditi da una smisurata pressione accentuano il valore dell’incognita, mostrano una situazione giornaliera invasa di elementi psichici e di preoccupazioni irrisolte. L’assillo per una nuova vita, per quella lieve potenzialità impercettibile, rimane nascosta tra le tonalità del colore e le sue gradazioni. Nella scelta totalmente pittorica di piccole “notazioni in verde”, «ambasciatrici di un FOMO (Fear Of Missing Out) esistenziale», la paura, in senso letterale, di essere tagliati fuori, la paura di perdersi qualcosa.
Nonostante il valore ipotetico del riconoscimento, la concretezza, l’opzione di un ritratto inquadrato all’altezza del diaframma (Stranger, 2018) o la struttura anomala di un delicatissimo viso femminile con quattro occhi (Untitled, 2018), indiscusso è l’elemento di estraneità che caratterizza i soggetti. Impassibili, quasi fossero fantasmi di un malessere, o di un desiderio, semplicemente. Comunque, come scrive Rosanna Mclaughlin, il ritratto di una condizione: «Quando ti guardi dall’alto in basso, o vedi il tuo riflesso nello specchio, e la tua pelle è diventata fredda e crudele. Quando il tuo corpo è un territorio in cui tu sei lo straniero».
Luca Maffeo
Catherine Parsonage
Notes in Green
Testo critico di Rosanna Mclaughlin
08 febbraio – 21 marzo 2019
Clima Gallery – Via Alessandro Stradella, 5 – Milano
Instagram: clima_gallery
Instagram: cathparsonage
Caption
Catherine Parsonage, Notes In Green, Clima Gallery, 2019 – Installation view – Courtesy Clima Gallery, ph Marco Davolio
Catherine Parsonage, Notes In Green, Clima Gallery, 2019 – Installation view – Courtesy Clima Gallery, ph Marco Davolio
Catherine Parsonage, Rams/Room, 2018 – Acrylic and puff paste on canvas, 180 x 120 cm – Courtesy Clima Gallery, ph Marco Davolio
Catherine Parsonage, Notes In Green, Clima Gallery, 2019 – Installation view – Courtesy Clima Gallery, ph Marco Davolio