Non so più da quanto tempo conosco e ammiro il lavoro di Bianco-Valente, saranno almeno 10 anni, credo. Il loro percorso è come lo schermo delle problematiche più corroboranti stabilite dal contemporaneo e, nel nostro caso, sempre e comunque dall’arte. Quello che mi lega alle loro tematiche è senza dubbio il rapporto col territorio, la memoria e l’emozione, che poi è la base del loro operato. Ogni lavoro del duo lucano/napoletano nasce dagli elementi inesprimibili e attinenti all’umanità, prima fra tutti l’emotività.
Giovanna Bianco e Pino Valente si sono legati a Napoli nel 1993 e da allora sono una coppia nell’arte e nella vita.
Finalmente, dopo Latronico, li ritrovo a Milano alla Galleria Davide Gallo dove, fino al 29 ottobre, saranno presenti con la personale Parola Seme.
Il leitmotiv della mostra è l’esito di un’indagine svolta negli ultimi anni dagli artisti sul rapporto tra parola, segno e il suo contenuto visivo.

Con Parola Seme si ripristina l’esperienza di persone che mai hanno conosciuto Bianco-Valente.
Il punto chiave: le vicende umane rappresentate in vecchie fotografie, piccoli pezzi di una vita, memorabilia di persone sconosciute.
Le abitudini degli artisti si con-fondono con quelle degli individui immortalati nelle immagini. Una ricerca nel tempo e nello spazio dove la fusione di esperienze si specchia nel viaggio e traccia mappe geografiche e esistenze misteriose. La parola come strumento di relazione tra i soggetti raccontati, l’artista, e il pubblico. Le immagini diverse germogliano dalle parole come dei semi e lo spettatore ha in affido il gesto della creazione e con tale primato da vita alla sua immagine; la sua percezione del mondo. L’arte, per sviscerare se stessa, si serve della forza della parola, uno strumento fondamentale per l’espressione, non l’unico ovviamente, ma in questo caso estremamente necessario e protagonista di quel valore arricchito che è l’immaginazione creativa.

Percezione e relazione sono i concetti chiave del nostro lavoro, due parole facili facili che però vengono sempre fuori quando cerchi di definire l’esistente, sia dal punto di vista biologico-evolutivo, sia attraverso l’analisi delle dinamiche complesse messe in atto dalle sovrastrutture sociali e culturali legate all’uomo: la politica, l’economia, i movimenti di opinione delle masse, etc. Già l’atto del percepire implica mettere in relazione ciò che stai esperendo con il bagaglio delle precedenti esperienze presenti nel cervello, o quantomeno essere in grado di valutare lo stesso fenomeno da due punti di vista differenti.
L’esperienza umana come mappatura emozionale diventa un percorso che scava nel sociale tracciando circuiti esistenziali che si espandono nei luoghi. La memoria del posto si rende veicolo possibile degli abitanti che attraverso l’arte indagano sul loro vissuto .
Constellation of Me, un’opera straordinaria, progettata per l’ISP 2014 del Whitney Museum, ha come protagonisti gli abitanti di Chelsea a New York. Tutti chiamati a descrivere il quartiere nel periodo precedente al boom come zona di lusso art and fashion. Un viaggio nel flashback, una costellazione come itinerario di una mutazione del luogo attraverso percorsi esistenziali scritti sulle pareti del museo.
La forza di Bianco-Valente è in ogni dove e si traccia attraverso la relazione e l’esperienza di tutti.
Michael Rotondi
BIANCO-VALENTE
PAROLA SEME
22 settembre – 29 ottobre 2016
GALLERIA DAVIDE GALLO – Via Farini 6 – Milano